Italiana, ma pienamente iraniana, Farian Sabahi racconta come siano gli altri a farla sentire diversa.
Farian Sabahi (1967), giornalista professionista, nata in Italia da padre iraniano e madre italiana, si è laureata in Italia e ha conseguito il Ph.D. in Storia dell’Iran presso la School of Oriental and African Studies di Londra.
Collabora con giornali dal 1994 e scrive di mondo musulmano e Medio Oriente per il Corriere della Sera. Collabora anche ai settimanali Io donna, D di Repubblica e Diario, esclusivamente su temi riguardanti l’Islam e l’Iran. Insegna Storia dei Paesi islamici all’Università di Torino e Filologia, religione e storia dell’Iran all’Università di Roma La Sapienza. E autrice di diversi libri sull’Iran, tra cui: ”Storia dell’Iran ”( Bruno Mondadori) (aggiornato al 2008), ”Un’estate a Teheran” (Laterza). Come regista ha realizzato il reportage “Che ne facciamo di Teheran? E il documentario Out of Place (2008)
Sei una specialista di storia iraniana. In ”Un’estate a Teheran” sembri una turista in viaggio. Quanto ti senti iraniana e quanto taliana?
Mi sento pienamente italiana e pienamente iraniana, anche se gli altri ce la mettono tutta a farmi sentire diversa (e quindi straniera) ovunque..
Ci parli dei tuoi ultimi libri?
L’ultimo libro è una nuova edizione di ‘Storia dell’Iran”, mi sono sentita in dovere di aggiornarlo rispetto all’edizione 2006 perchè molte cose sono cambiate e tante informazioni sono ora disponibili, rispetto a tre anni fa, sul presidente Ahmadinejad. L’elezione di Barack Obama apre inoltre nuovi scenari. Il libro precedente, ”Un’estate a Teheran ”(Laterza 2007) ha invece l’obiettivo di far conoscere un volto diverso dell’Iran rispetto a quanto si legge (soprattutto di politico) sui quotidiani.
In “Un’estate a Teheran libro di racconti e di storia, pensi di essere riuscita ad essere obiettiva nella descrizione dei fatti e delle persone?
Ho fatto il possibile per essere obiettiva, soprattutto nelle valutazioni politiche. Ma credo che in Un’estate a Teheran sia evidente che tengo le parti della società civile, delle donne e dei giovani.
Ritieni che l’Iran di oggi stia imboccando la strada della modernità?
L’Iran è un paese grande 5 volte e mezza l’Italia e ha 70 milioni di abitanti. Di questi, 4 milioni sono ancora nomadi. Si può parlare di modernità per quanto riguarda le grandi città (soprattutto la Teheran alta e borghese) ma non per il resto del paese che, a mio parere, resta ancora tradizionale. Ma molto dipende, ovviamente, dalla definizione che si vuole dare di modernità: intendiamo telefonino e computer oppure di una mentalità più aperta?
Le donne cambieranno la società iraniana?
Possono cambiare la società, a ogni latitudine. Ma spesso sono proprio loro i baluardi della tradizione. Dipende dalle persone e dai contesti.
Quale differenza vedi tra la tua descrizione dell’Iran e quella di Lolita a Teheran? Pensi che i fuorisciti iraniani vedano con occhio malevolo la società che hanno lasciato e quindi non con obiettività?
Il romanzo di Azar Nafisi è ambientato durante la guerra Iran-Iraq e quindi negli anni Ottanta. Molto è cambiato da allora. La visione della diaspora, soprattutto di coloro che hanno deciso di non tornare in Iran, è ovviamente cristallizzata a determinati momenti e questo impedisce di cogliere i cambiamenti in atto nella società.
Mi è rimasto molto impresso il rituale del ‘Taarof’ (triplo diniego prima di accettare l’offerta). Pensi che la cultura iraniana sia portata alla gentilezza o all’ambiguità?
Gentilezza e ambiguità sono spesso i due versi della stessa medaglia ma nel caso degli iraniani penso che la gentilezza sia un tratto saliente del modo di essere e di vivere, prima ancora che delle regole di buona educazione.
L’Iran intellettuale riuscirà a trainare quello più conservatore? O sarà la fine del pretrolio a cambiare l’Iran?
Oltre agli intellettuali e ai conservatori vi sonoaltri elementi trainanti, soprattutto dal punto di vista politico. L’alleanza tradizionale è quella tra mercanti(bazari) e clero sciita (ulema) ma da qualche anno in questa alleanza si sono insinuati i pasdaran: sono le guardie della rivoluzione che si sono reciclate in politica e hanno priorità diverse rispetto agli altri gruppi di interesse. La fine del petrolio potrà cambiare lo scenario, ma è difficile fare previsioni. Sicuramente il crollo del prezzo del barile, al momento al di sotto dei 45 dollari, sta condizionando le scelte delle autorità.
Infine torneresti ad abitare in Iran?
Non ho mai vissuto in Iran ma ci ho passato lunghi periodi. E non escludo di andarci a vivere, un giorno. E’ un paese molto bello, mi piacerebbe conoscerlo meglio.