Correre come matte tutto il giorno per… Rimanere sempre nello stesso posto! Lo Stagista inaspettato al Trailer Film Fest di Catania
di Alehina Musumeci
L’attrice Anne Hathaway, Mia, Cinder-Ella, Andy, Cosette e le altre piccole donne da lei interpretate crescono ed hanno fatto, al contrario dei signori uomini, un lungo cammino… Ma come Jules, in Lo stagista inaspettato, pur capaci, secondo un paradosso quantico, di correre come matte tutto il giorno per… Rimanere sempre nello stesso posto! Sono ancora orfane e in cerca di una Grande Madre…
Si è appena conclusa a Catania la XIII edizione del Trailers Film Fest ideato da Stefania Bianchi, sempre attenta alle tematiche di genere, che quest’anno ha proposto l’anteprima in lingua originale sottotitolata del film Lo Stagista Inaspettato di Nancy Meyers.
Sceneggiatrice di successo (come per il delizioso Baby Boom diretto nel 1987 dal marito Charles Shyer col quale collabora da sempre) e in seguito anche regista famosa per le sue “sophisticated comedies” (What women want 2000, Tutto può succedere 2003, E’ complicato 2010) ha imposto, dagli anni 80, un femminismo gentile ed ironico ma efficace che ha contribuito a ridisegnare i ruoli e la dignità delle donne nel cinema.
“The Intern”, questo il titolo originale, che già dirige, come vedremo in seguito, il “focus” dell’attenzione sul maschile, è un film sull’incontro-scontro fra differenti generazioni, culture e modi di essere e fare: quella degli over 60, col completo giacca e cravatta, il fazzoletto nel taschino, digiuna di tecnologia, e quella delle felpe e dei jeans strappati, degli smartphone, dei social; fra la tradizione, l’esperienza e la classe ed il nuovo, l’estemporaneo e la sciatteria; e logicamente anche fra donne e uomini, tra madri e padri… Un film che parla anche di persone che, non pienamente omologate o rassegnate nei loro ruoli, cercano di scegliere, a qualsiasi età, la propria vita e i propri sogni non delegandoli totalmente ad altri. Un film che quindi parla inoltre dei ribaltamenti di questi ruoli, tanto che una giovane donna diviene la datrice di lavoro di un anziano manager, ed in cui alla fine tutti imparano gli uni dagli altri….
Ben Wittaker, il mitico Robert De Niro, settantenne vedovo pensionato non arresosi all’età ed alla perdita di senso che ad essa si accompagna in questa società omologata su standard giovanilistici, si propone “improbabile” stagista in una Start Up di moda fondata e diretta da Jules, trentenne stacanovista, rigida ed apparentemente anaffettiva. Dopo averlo inizialmente rifiutato, però, Jules lentamente ne apprezzerà le molteplici doti, ammiccamenti oculari compresi! In quanto, ad un Ben che ritiene fondamenti della sua vita, l’Amore ed il Lavoro, Jules e le altre donne del film, gradualmente rispondono con quel profondo bisogno di Pane e Rose * che da millenni desiderano da governi, religioni, società, datori di lavoro e da tutti gli uomini, ma che raramente ricevono, se non a caro prezzo, come per Jules stessa, o scontando lo sfrontato ed irriguardoso desiderio con la morte!
La deliziosa Anne Hathaway, ritenuta il perfetto mix di Julia Roberts, Audrey Hepburn, e Judy Garland, ha davvero percorso una lunga “educazione” sentimentale, artistica, culturale e femminista tramite le sue “personagge” principali: da Mia imprevedibile principessa nipote della mitica Julie Andrews; a Cinder-Ella, la Cenerentola dentro ognuna di noi, docile e sottomessa ma… Se riscoperta anche ricca di inaspettate saggezze e risorse ancestrali ; a Andy, stagista goffa eppure smart, tiranneggiata dalla straordinaria Meryl Streep in Il Diavolo Veste Prada; a Jane (Austen) una delle più grandi scrittrici di tutti i tempi, inventrice di un nuovo canone letterario femminile; alla bella e amabile Regina Bianca di Alice in Wonderland che conosce bene, come il Cheshire Cat, il paradosso quantico e femminile del correre a perdifiato per rimanere sempre nello stesso posto!!!; alla timida ma risoluta Cosette del musical Les Miserables che le è valso l’Oscar; ed infine a Jules creativa, elegante, multitasking e stressata imprenditrice di successo ( che passata da stagista a business woman, si rifà per sempre di Meryl Streep!). Non dimenticando di certo tutte le altre con le quali si è sfidata in ruoli drammatici come in “I segreti di Brokeback Mountain” o nelle scene hot di “Havoc”. Un lungo percorso reale e simbolico, non concluso e perfettibile, che riassume quello fatto da molte donne in molti campi e nel quotidiano.
Però, la Meyers, in questo film di cui è anche sceneggiatrice e produttrice, non ha osato scavare più in fondo nei meandri del temuto e temibile rapporto madre-figlia che, nelle sue valenze simboliche e reali, è ancora tema di studi e seminari femministi. Quindi, l’inesistente ed irrisolto rapporto fra Jules e l’invisibile madre, di cui si sente solo la voce dal telefono e di cui Jules conosce, come d’altronde anche di se stessa, ben poco, dimostra proprio la perdita delle conoscenze sapienziali della sacralità del femminile, e del rapporto con la Dea Madre in cui potere finalmente rispecchiarsi, ritrovarsi e ricentrarsi saldamente per non smarrirsi tra i burrascosi flutti del monoteismo religioso, politico ed economico maschile.
Questo smarrimento aleggia come un’ombra sul film e ne determina le incongruenze e anche se, la Meyers, in una intervista sul film, ribadisce che le donne sono cresciute molto ed hanno compiuto una lunga strada, mentre gli uomini si sono persi nel cammino… Quindi, forse, questo il motivo del suo privilegiare, sebbene tramite alcune discutibili scelte nella trama, il maschile, facendo di Ben: il Deus (ex Machina) complementare e, si spera, non opposto ancora alla Dea, il Patriarca Buono, il Gentil Uomo per eccellenza, colui che guiderà i giovani uomini alla scoperta di un maschile sempre meno patriarcale, prevaricante ed escludente … E sempre più attento, e consenziente con cui una ragazza può sentirsi sicura…
Il risultato è una commedia gradevole e divertente, un pudding femminista agrodolce imbevuto di gentile paternalismo caring & old style, ed in cui, come recita il poster americano, “Experience never gets old” a patto di re-inventarla. Un film che, ammicca, accontenta, rasserena e diverte tutti: gli attori tutti bravi e i duetti fra la Hathaway e De Niro, perfetto anche imbolsito ed invecchiato, sono pura alchimia; i giovani stagisti crescono, ed imparano varie dritte dal navigato Ben ed anche a vestirsi in giacca e cravatta; Jules nei ritagli dal lavoro e dagli scontri telefonici con la madre, si riscopre gelosa del marito, e insicura nell’eterno patriarcale dilemma: l’amore o la carriera?!? Mentre suo marito, pur rammentatosi dei motivi del suo amore per Jules, non riesce ancora, più di tanto, a capacitarsi di avere abbandonata la sua carriera e di essere divenuto un casalingo disperato… Per concludere e tagliare la testa al toro “scatenato” (ops! lapsus freudiano) … Quale signora, con momentanea buona pace del femminismo e del patriarcato, non vorrebbe un compagno simpatico, generoso, premuroso, protettivo, ordinato, (guardate il suo closet!) e, sotto l’aria da nonno, ancora macio come De Niro???
* Pane e rose (bread and roses) è il nome con cui è diventato celebre uno sciopero di lavoratori, guarda caso, proprio dell’industria tessile nel 1912 a Lawrence. L’appellativo deriva dallo slogan che gli operai che protestavano, estrapolarono, da una frase del discorso che Rose (col destino nel nome) Schneiderman, leader femminista e socialista, tenne a Cleveland di fronte ad una platea di suffragette benestanti per richiedere il loro aiuto nella lotta per la rivendicazione del voto ed altri diritti primari alle donne.
«What the woman who labors wants is the right to live, not simply exist — the right to life as the rich woman has the right to life, and the sun and music and art. You have nothing that the humblest worker has not a right to have also. The worker must have bread, but she must have roses, too. Help, you women of privilege, give her the ballot to fight with» | «Ciò che la donna che lavora vuole è il diritto di vivere, non semplicemente di esistere – il diritto alla vita così come ce l’ha la donna ricca, al sole e alla musica e all’arte. Voi non avete niente che anche l’operaia più umile non abbia il diritto di avere. L’operaia deve avere il pane, ma deve avere anche le rose. Date una mano anche voi, donne privilegiate, a darle la scheda elettorale con cui combattere» |
A questo slogan, tra gli altri, si sono recentemente ispirati anche il regista Ken Loach in Pane e Rose, ed Alina Marazzi nel suo Docufilm Vogliamo anche le rose del 2007.
Alehina Musumeci
Originaria del Sud Italia, dopo gli studi alla Facoltà di Lingue, si specializza in Museologia e Comunicazione Visiva. Operatrice culturale, artista, ed imprenditrice si occupa di Turismo Culturale, Cultura di Genere e Spiritualità Femminile. E’ ecologista ed animalista.