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Dr. Marozzi perché ha deciso di scrivere “questo” libro?
Ho degli amici con la SM. Mi hanno parlato di un tam tam fra i malati sul professor Zamboni di Ferrara. Hanno insistito perchè andassi a vedere cosa faceva. Io sono stato a lungo scettico, credo che l’approccio per ogni giornalista debba essere all’inizio il dubbio. Non avere risposte in tasca. Poi, a forza di insistenze, ho chiesto a Zamboni di incontrarlo. Di incontrare Fabrizio Salvi. Non sono stato fulminato sulla via di Damasco, mi sono sembrate due persone serie, che credono in quello che fanno. I dubbi però non sono scomparsi, il miracolo incombe su argomenti così dolorosi e delicati. A farmi riflettere è stato un incontro di malati a Civitanova, agli inizi dell’estate 2009. Allora mi sono messo a studiare, a cercare in giro per l’Italia e il mondo. Ho navigato e viaggiato. Solo dopo molti e molti mesi ho detto a Zamboni che volevo fare un libro su di lui. E due scetticismi si sono incontrati. Con qualche sana diffidenza reciproca. Solo allora, quando ero convinto che l’argomento era serio, mi sono accorto che Paolo Zamboni e sua moglie Elena avevano, spero alle spalle, una storia di coraggio, di aiuto e rischio reciproco. Di amore e alleanza contro il male che rischiava di distruggere le loro vite e la loro famiglia. Ho dovuto tirare fuori da loro la storia con grande fatica.
Lei descrive la storia di un uomo, di una famiglia, del dolore e di una meravigliosa scoperta. E la scoperta è il tema centrale e trainante di tutto il libro che descrive minuziosamente, dall’illuminazione fino alla messa in pratica, dall’intuizione di poter studiare la sclerosi multipla da un altro punto di vista, quello vascolare, alla terapia chirurgica. Servirà a fare chiarezza e a sensibilizzare il governo nel riconoscere la CCSVI come patologia da curare mediante SSN?
Tante gocce possono formare un mare. Credo che il metodo Zamboni stia già conquistando spazi grazie ai suoi risultati. In una situazione molto accidentata, sempre in salita, sempre con ostacoli reali e costruiti da chi lo osteggia. Spero che il libro renda chiaro e insieme popolare, che riesca a raggiungere i potenti e la gente comune, lo sforzo di scienziati che non credono di essere dei taumaturghi, ma chiedono solo di essere ascoltati con serietà. Per il bene non loro – si sono cercati solo dei guai – ma dei malati. Da questo discendono tutte le conquiste successive.
E’ raccapricciante la descrizione del business che irrimediabilmente s’accoppia ad una patologia e ai malati, dai viaggi della speranza ai farmaci. Quali sono le forze che contrastato il riconoscimento della terapia del Prof. Zamboni?
Non è raccapricciante. E’ terribilmente quasi normale, visti gli interessi in ballo. Il monopolio dell’industria farmaceutica, il potere dei neurologi, le lobby, l’insipienza dei politici, il tran tran della burocrazia… Non faccio però di ogni erba un fascio. Ci sono avversari che ritengono siano più efficaci altre strade, con loro è necessario il confronto. Nella reciproca umiltà di scienziati attenti non al proprio alloro ma alla sofferenza. Poi ci sono le forze immense che solo un incontro di scienziati, politici, cittadini possono costringere ad arretrare.
Nel suo libro ci sono molte testimonianze di liberati, tutti molto soddisfatti e nessuna lamentela. Non ci sono storie di miracolati, ma di persone che hanno ritrovato una vita meno faticosa da vivere. Perchè, secondo lei, non bastano queste prove soggettive a considerare percorribile un approccio differente alla malattia?
La scienza e la medicina hanno bisogno di prove per dichiarare che una strada è corretta, non dannosa, utile. Prove e ancora prove. Però esiste anche la pietas. Peccato che i malati di Sm non abbiano tempo e le loro voci e le voci di chi ha visto, grazie all’operazione, la malattia fermarsi non vengano prese in considerazione da una scienza, da una medicina, da una burocrazia che possono parere disumane. Almeno a un profano
A chi consiglia di leggere “Sogni Coraggiosi”?
A chi crede nella tolleranza, nel rispetto, nel reciproco aiuto, nella comprensione. A chi crede nella scienza ma anche nella banale umanità, nella pietas appunto.
Qual’è il suo sogno?
Di non aver bisogno di sogni. Credo che la frase non sia mia…