Per intere generazioni la pensione INPS è stata qualcosa su cui contare e che consentiva praticamente a tutti una terza età serena. Per molti di noi, oggi, si sta invece rivelando un miraggio.
Ogni volta che viene varata una riforma l’età minima si allontana e aumentano, per contro, gli anni di contribuzione. Da non sottovalutare nemmeno che il divario esistente oggi tra l’ultima retribuzione e la pensione si assesta intorno ad un 50-60% circa.
Molto presto si lavorerà fino ai 70 anni per poi doversi accontentare di poche briciole sulle quali dovremo ancora una volta pagare dei contributi.
Per quale motivo veniamo costretti a lavorare sempre di più, con prelievi che si fanno man mano sempre più crescenti per avere, alla fine, una pensione da fame?
La risposta più gettonata è che la generazione degli anziani di oggi (i famosi baby boomers) è numericamente superiore ai giovani che, per contro, sono costretti a pagare somme sempre più alte per bilanciare i conti dell’INPS.
Il sistema attuale non regge più, e lo sanno ormai anche i sassi, quindi, volenti o nolenti, siamo costretti a prendere in considerazione la previdenza integrativa (o complementare o privata che dir si voglia).
Dico purtroppo perché ancora troppa gente si affida con rassegnazione a questo genere di accantonamento senza istruirsi e, molto spesso, s’illude di essere al sicuro, una volta in pensione, per poi accorgersi che è vero esattamente il contrario.
La mancanza d’istruzione finanziaria, come sempre, crea problemi costosissimi: c’è chi si affida ingenuamente al primo che passa e chi, invece, pur riconoscendo il problema, non fa niente per risolverlo.
Oggi la previdenza integrativa in Italia è un vero affare ma molto spesso per chi la eroga, non per chi vi contribuisce!
Da qui la necessità di imparare a riconoscere, nel mare delle offerte presenti sul mercato, la validità di quanto ci viene proposto. Affidarsi al primo che capita senza realmente comprendere quanto stiamo sottoscrivendo può rivelarsi fatale per la nostra terza età e può significare la differenza tra una pensione agiata e una ai limiti dell’indigenza.
Ancora troppo spesso si tende a non dare importanza ai numeri, ai tassi d’interesse, alle commissioni, e alle imposte oppure si sceglie di non pensare ad un futuro che vediamo ancora per noi così lontano.
Forse, ai più, sfugge un piccolo particolare: con l’attuale aspettativa di vita, rischiamo di passare in pensione qualcosa come 20 o 30 anni, e passarli con pochi euro al mese potrebbe significare una lunga, lunghissima agonia.