Serena Marchi, giornalista ed autrice di ”Madri Comunque” ci parla del suo libro che contiene trenta storie vere di trenta modi di essere o non essere madri.
Serena ci ha gentilmente rilasciato una profonda intervista che parla del suo libro e del concetto stereotipato di maternità.
Perchè hai scritto ‘’Madri comunque’’, spinta da quale motivazione?
L’idea di “Madri, comunque” (Fandango Editore, febbraio 2015) nasce grazie a due amiche giornaliste. Mi avevano affidato una rubrica su un periodico femminile che si intitolata “La Verona”, un femminile che usciva a Verona appunto. Essendo l’unica giornalista con figli nella redazione, a me affidarono la rubrica “Donna e mamma” dove, per non fare il classico spazio in cui si dispensavano consigli sulla maternità (odio dare e ricevere consigli) ho deciso di raccontare storie di madri. Per rimanerne assolutamente fuori, ho deciso di ‘prestare la mia penna’ alle persone che mi raccontavano le loro storie. Quindi sono tutte scritte in prima persona, come se fosse direttamente la voce del protagonista. Da qui, come dicevo, è nata l’idea di raccogliere le storie in un libro, ampliando e inserendo le madri che mi mancavano. Nel ci sono 30 storie vere di 30 modi di essere o non essere madri. Madri di bambini in affido, madri adolescenti, donne che hanno abortito, donne che hanno tenuto bambini con gravi problemi, madri lesbiche, madri single, madri abbandonate, madri ferite a morte, madri maltrattate dai compagni, madri che hanno tentato di ammazzare le figlie, madri alle quali hanno ammazzato il figlio, madri trans, donne che hanno deciso di non avere mai figli, madri adottive, madri grazie all’eterologa, donne che affitano l’utero e coppie in attesa del figlio partorito da altre. Un caleidoscopio molto vario, per far capire che ognuna è una madre diversa dall’altra.
Dici che ‘’Niente contiene più stereotipi della maternità.’’ Ma non credi che lo stereotipo della maternità sia vecchio come il mondo?
Lo stereotipo della maternità è vecchio come il mondo, certo, ma non è morto. Anzi. E’ vivo e vegeto. La donna deve diventare madre, altrimenti non è una donna completa. La maternità può essere solo una cosa bella, meravigliosa, idilliaca. Se dici che è fatica, sacrificio, disagio, se ti senti inadatta beh, sei malata. La donna paga sulla sua pelle il fardello di dover essere perfetta, sempre, e di dover rispondere alle aspettative altrui. Non sei donna se non sei madre. Non puoi capire cosa significhi amare se non hai messo al mondo un figlio. Credo sia ora di smetterla con lo stereotipo della perfezione, contenuta solo nella maternità. Una donna si può realizzare anche al di fuori dell’ambito materno.
Cosa vuol dire secondo te essere mamma? Molte farebbero carte false per essere mamma ma anche molte non vorrebbero avere questo onere)?
Lo chiedi a Serena Marchi, madre di Ettore di 6 anni? Perchè credo io possa rispondere a questa domanda solo se ti dico cosa significhi per me essere madre. Non mi va di rispondere a nome di tutte le madri, appunto perchè credo che ognuna sia una madre a sè. Per me essere madre è prendermi cura di mio figlio. Il primo sorriso, la prima notte in bianco. E’ vederlo crescere, curarlo quando ha la febbre, insegnargli il rispetto delle persone, i compiti, il primo giorno di scuola, la cioccolata calda ora che fa freddo, sentirlo ragionare con la sua testa. E’ responsabilità, rinunce, delusioni, aspettative, sogni, futuro. Un figlio è l’unica cosa ‘per sempre’ nella vita di una persona. Credo sia lecito, giusto, legittimo, sacrosanto, che una donna decida di non diventare madre. Come credo sia lecito, legittimo e sacrosanto che una donna provi tutte le strade possibili per poter diventare la madre di una persona da crescere.
Chi sceglie un utero surrogato di solito? Coppie etero non fertili o coppie omo?
Le statistiche ma anche la mia esperienza giornalistica mi dicono che nel 75 per cento dei casi ricorrono ad una surrogata soprattutto coppie etero in cui la donna non può portare a termine la gravidanza. Donne che sono nate senza utero, donne alle quali è stato tolto per una grave malattia, donne che hanno subito cicli di chemioterapia, donne che hanno avuto parti drammatici in cui, oltre ad aver perso il bambino durante la nascita, hanno subito l’asportazione dell’utero, donne sieropositive che non vogliono rischiare di trasmettere il virus al nascituro, donne che non riescono per malformazioni genitali a portare avanti una gravidanza oltre il terzo mese.
Per cercare un figlio a tutti i costi se ce ne sono tanto che non aspettano altro che essere adottati? Atto del superego?
Il superego ci può essere anche in una coppia che naturalmente mette al mondo un figlio. Il voler a tutti i costi un figlio col mio DNA, nato da me partorito dalla donna della coppia con dolore. Qui non c’è superego? Nell’adozione, come ben sappiamo (e io in prima persona ne so qualcosa…) i tempi per adottare un bambino in Italia sono criminali. 6-7 anni per abbracciare un figlio sono una cosa inaudita. La tua domanda, per onestà intellettuale, dovrebbe essere rivolta anche a tutte le coppie che mettono al mondo un figlio ‘naturalmente’: perchè ne fai uno quando ce ne sono tanti altri che aspettano di essere adottati?
La mucca pazza, le pecora dolly e il pollo dell’aviaria non ci hanno insegnato che la natura va rispettata?
Mucca pazza, pecora Dolly e pollo dell’aviaria sono tre esempi che non c’entrano nulla l’uno con l’altro e richiamano casi diversi. L’uomo ha sempre cercato di andare oltre i propri limiti e di trarre il maggior beneficio possibile dalle situazioni. Come? Grazie alla scienza. Tutto ciò che conosciamo oggi deriva dalla curiosità dell’uomo, dal spingersi sempre oltre. Le sperimentazioni animali di fine ottocento, gli esperimenti sugli uomini.. La scienza non si può fermare. Sarebbe un insulto alla mente umana.
Se davvero vogliamo essere sempre “secondo natura” invece di andare in macchina o prendere l’aereo dovremmo andare a piedi o in groppa a un cavallo. E soprattutto, dovremmo spegnere il telefonino e la televisione.
Non credi che con l’utero surrogato ancora una volta si usi il corpo della donna?Ancora una volta rispetto a cosa?
L’utero surrogato è in prestito. A tempo. Cosa dovremmo dire allora della donazione del sangue o di quella degli organi? Non sono sottrazioni che sfruttano il corpo degli altri in modo ancora più egoistico? Poi Caterina non dimentichiamoci che ci sono donne, e io sto parlando con molte, che sono ben felici e contente di prestare il proprio utero. Ripeto, partendo dal presupposto che non stiamo discutendo della schiavitù, da condannare (non solo quella delle donne, ma anche quella dei bambini sfruttati dalle grandi case di moda per cucire vestiti, degli uomini venduti per lavorare nelle cave di marmo… eppure noi tutte bramiamo per una borsa di grande firma o per un bel pavimento di marmo nelle nostre case)
Dobbiamo prendere atto che ci sono donne che decidono orgogliosamente di mettere a disposizione il proprio corpo. Sia in forma gratuita sia a pagamento. E’ qui che io dico: chi sono io per impedire a una donna di fare soldi con il proprio corpo? Perchè la mia idea è migliore della sua? Perchè devo imporle la mia etica quando lei è felice della sua? Perchè mi sento autorizzata di condannare una pratica e di chiederne l’abolizione a nome di TUTTE?
Madre e figlio dentro la pancia vivono una vita simbiotica. Quando il cordone ombelicale viene rescisso non pensi che quanlcosa manchi nel rapporto naturale che si instaura tra i deu?
Per qualcuna sì per altre no. Parlo con madri che mi dicono di aver avuto subito un rifiuto per il figlio appena nato. Qualcuna mi dice che ha iniziato a sentire l’amore materno dopo il primo anno di nascita, prima si sentivano schiave. Altre mi dicono che l’amore materno deve ancora arrivare (e i figli sono ultra maggiorenni). E poi parlo anche con donne che si sono sentite madri fin da subito, appena visto il cuoricino nell’ecografo. Credo non esista, ripeto, un’unica visione della maternità nè un unico modo di di amare un figlio. Ci sono madri di figli adottivi o affidatari molto più legate al figlio di quanto lo siano le madri naturali. Credo ci sia bisogno di ripensare la maternità, urgentemente, di slegarla all’atto di nascita e di ampliarla al crescere una persona, seguirla, farla diventar grande. Ma credo anche si debba smettere di pensare la donna in virtù dell’utero e della sua capacità di mettere al mondo un figlio. Smettiamola di vedere le donne come delle procreatrici e iniziamo a dare loro il valore di donne che crescono dei figli. Le donne sono ben altro dal proprio utero. Hanno un cervello e dei sentimenti, prima dell’utero.
Gli uomini finalmente ottengono una cosa che hanno sempre invidiato alle donne: la maternità
Mio marito ha riso profondamente a questa domanda. “Quando mai io ho desiderato la maternità? Cioè nove mesi con un peso in pancia e un parto allucinante come il tuo?”. Vedi, si ricade nell’errore di parlare per tutti. Ci sono uomini che probabilmente la invidiano alle donne ma ci sono anche uomini che mai e poi mai vorrebbero la maternità. Amici maschi mi dicono “vorrei nascere una volta donna per capire quanto sia bello essere 99 volte uomo”. Credo ci sia un falso mito, di tutti gli uomini che invidiano la maternità alla donna. Nella mia raccolta di testimonianze, ci sono uomini molto più materni delle donne stesse. Ci sono padri molto più amorevoli delle madri. Dobbiamo iniziare a non generalizzare l’intimità e i sentimenti delle persone.
E poi, permettimi un’osservazione personale. Le prime a far del male alle donne sono alcune donne. Con questo mito della maternità come cosa più bella in assoluto, come rapporto speciale tra madre e figlio fin dalla pancia, con questo amore eterno sopra ad ogni altra cosa. Sappiamo benissimo che non è per tutte così. Sappiamo tutte che, mi ripeto, ci sono donne che farebbero carte false e chi invece mai e poi mai diventerebbe madre. Credo siano dignitose e meritino rispetto entrambe. Perchè, a mio parere, la donna vale molto più del suo utero o della sua capacità di essere madre. Ripartiamo da qui.
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