di Caterina Della Torre
Un momento storico ideale per un passaggio epocale “progettato” e non “subito” . Lo dice Luciano Martinoli. Ma esprimiti anche tu…
Luciano Martinoli, nato a Salerno, più di mezzo secolo fa, plurisposato, pluripapà, oggi felice consorte e padre.
Ha la famiglia sparsa lungo l’asse Campania-Lombardia: la madre e i miei parenti a Salerno, il primo figlio Jacopo, oggi venticinquenne, a Roma, Marco e Lorenzo, 18 e 15, a Milano.
La sua è stata una vita variegata e intensa con riflessioni che l’hanno portato a riconsiderare tutto l’arco della storia recente, ma lasciamo parlare lui.
Che studi hai fatto?
Ho cercato, anche se inconsciamente, di “non farmi mancare niente”. Studi classici a Napoli e poi Università scientifica indirizzata a quella branca della Matematica che si occupava, allora, di computer. In questo settore sono rimasto per più di vent’anni, in varie posizioni e soprattutto all’interno di multinazionali americane.
Di cosa ti occupi ora?
Se dovessi ricalcare una nomenclatura classica, direi di consulenza, ma l’attività è diversa da quella consueta. Generalmente i consulenti tendono ad offrire le loro competenze sulla base delle loro esperienze per fornire ai loro clienti conoscenze che questi non hanno, nel caso migliore, o sostitutive, e da qui l’odio per questa categoria da parte di chi se li ritrova in azienda tra i piedi. Io invece ritengo che il consulente vero debba essere complementare alle competenze aziendali, offrire non contenuti, ma modi, linguaggi, metafora. Se Dante avesse conosciuto 10 parole d’Italiano sarebbe stato in grado di scrivere la Divina Commedia, pur avendone le capacità? Forse no e da qui il mestiere del consulente vero: fornire linguaggi che altri usano per scrivere i loro capolavori.
Come pensi che si possa uscire dall’impasse in cui si trova la società attuale? Non solo quella italiana
Viviamo la fine di un epoca, quella della società industriale ma non possiamo pensare che sia la società definitiva. Non c’è da meravigliarsi, sulla Terra, ma anche nell’Universo, ogni cosa ha un suo ciclo di vita: nasce, si sviluppa e poi muore. Perché la società industriale avrebbe dovuto avere un destino immortale e sfuggire a questa semplice regola di natura? Purtroppo la classe dirigente mondiale, ma non solo quella, invece di accettare le recenti ricorrenti crisi come segni incontrovertibili di questo fisiologico e naturale declino, cercano di perpetuarla con misure e azioni che hanno l’unico effetto di allungarne l’agonia, con grave danno per tutti. Oggi c’è bisogno di aprire un ampio dibattito sul futuro che vogliamo, salvaguardando ciò che abbiamo conquistato, se possibile, e immaginando nuovi assetti a tutti i livelli.
Un mondo nuovo? O un modo diverso di orientarsi?
Il mondo così come lo conosciamo oggi sta morendo. Qualsiasi tentativo di perpetuarlo peggiora la situazione. Va cambiato tutto: l’economia, le aziende, le organizzazioni, le istituzioni, il modo di far politica, riscoprendo e inventando nuove socialità. Abbiamo la forza, la vita delle persone si allunga, i mezzi, siamo più acculturati e con strumenti incredibilmente più potenti di solo vent’anni fa, e la voglia, nessuno accetta questo stato di cose, per farlo. Siamo in un momento storico ideale per un passaggio epocale “progettato” e non “subito” dalle ideologie che tanti disastri hanno generato in passato.
E come sarebbe possibile realizzarlo, senza fare troppa teoria?
Temo di deluderti, ma dietro ogni Pratica ci deve essere una Teoria. Mi affido a Leonardo da Vinci per chiarire il concetto “Studia prima la scienza, e poi seguita la pratica, nata da essa scienza.
Quelli che s’innamoran di pratica senza scienza son come ‘l nocchier ch’entra in navilio senza timone o bussola, che mai ha certezza dove si vada”. Parole sagge che trovano conferma proprio nello sbandamento delle classi dirigenti, e non solo, attuali. Con la parola “teoria” però non intendo tornare a proporre una qualche nuova ideologia totalizzante, come quelle che hanno creato danni immensi nel XX secolo. Intendo una Teoria che somigli molto ad una storia, un racconto, una narrazione che non cerca una sua giustificazione nella deduzione razionale, ma nella passione di coloro che hanno collaborato a scriverla e nella bellezza del suo risultato. Una Teoria che ispiri un intervento, non lo sancisca. Allora se le capacità di intervento umano sono determinate da un modello che l’uomo si fa nella sua mente e che guida il suo agire nel mondo, e se tale modello cognitivo non cambia , non saremo in grado di immaginare un mondo radicalmente nuovo. Il nostro, quello alla base della società industriale, è vecchio di 400 e passa anni, nasce dalle “sensate esperienze e certe dimostrazioni” di Galileo e ha alimentato una filosofia, un modo di fare scienza, tecnologia, ma anche politica, economia, insomma tutto l’assetto del mondo occidentale che conosciamo. Come già detto questo approccio sta mostrando i suoi limiti, che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Cambiare significa partire da una nuova cultura, che ci darà dei nuovi modelli, e questa è già presente in molti ambiti. Nelle “nuove” scienze, ad esempio, in quei formidabili risultati che hanno portato alla fisica quantistica, alle neuroscienze, alla sistemica che purtroppo sono ignoti al grande pubblico ma che potrebbero ispirare quella “nuova visione del mondo di cui abbiamo bisogno. Sorprendentemente queste discipline si avvicinano sempre di più a quello che le filosofie orientali già sapevano da millenni, o ai patrimoni “genetici e di esperienza di vita di alcune categorie di persone, ad esempio le donne. Tutti questi mondi possono dare i loro contributi se si accettasse di partire da esse, dall’ “expo’ della conoscenza che proponiamo con forza, pietra angolare del nuovo mondo il quale non può nascere dal progetto di una parte, ma dalla collaborazione di tutti. Non deve essere “costruito” deve “emergere”. Ecco perché oggi, più che di una pratica c’è bisogno di teoria.
E le donne che ruolo potrebbero avere? Attivo o passivo come nel passato?
C’è bisogno di tutti, soprattutto delle donne che hanno molto da dire e da insegnare a tutti sull’importanza delle relazioni, della socialità, sull’abbassamneto della conflittualità e della competizione. A patto però che abbiano il coraggio della sfida, cambiare il mondo e non cercare uno spazietto migliore in quello che c’è, e della proposta, la semplice affermazione della diversità o superiorità di genere non porta a niente se non esplicitata a fondo. Come c’è bisogno delle donne così c’è anche bisogno degli anziani che, come le neuroscienze dimostrano, dispongono di capacità cognitive che non vi sono nei giovani. Soprattutto, la capacità di guardare al collettivo, al complessivo che è assolutamente complementare con la capacità dei giovani di innovare ed approfondire i dettagli.
E i giovani? Cosa possiamo insegnare loro che non c’è già o non c’è più?
Ma davvero pensiamo che la vita si esaurisca in un tetto, il pasto pronto, la possibilità di comunicare con un cellulare o un computer, di spostarsi a piacimento con un mezzo e la disponibilità di risorse per divertirsi? I giovani, delle cose che contano davvero, oggi hanno meno di quello che avevamo noi. Sono stati depauperati della speranza, della voglia e della progettualità per cambiare il mondo perché gli è stato presentato come immutabile. Le giovani generazioni sono l’assicurazione dell’umanità per il futuro, se così è la nostra assicurazione l’abbiamo dilapidata. Anche la tua domanda ottenebra l’orizzonte, lo chiude se parte dal presupposto che “c’è già tutto”. Forse, se abbiamo ridotto il mondo così come appare a loro e a noi, non abbiamo nulla da insegnargli anzi, per il loro bene, è meglio non insegnargli nulla! Ma a loro deve andare la parte principale del “progetto” affinchè si costruiscano un mondo migliore di quello che hanno trovato.
Che domande vorresti fare alle lettrici di dol’s?
Tutte le nuove conoscenze (modelli e metafore) che stanno nascendo in mille scienze sono, in pratica, i nuovi linguaggi per costruire le nuove storie che costruiranno un nuovo mondo. Ma vi sono conoscenze anche in altri ambiti: le filosofie orientali ad esempio, o le “culture” di altri popoli o di parti della società occidentale (ad esempio le donne).
Allora la mia prima domanda è: Una di queste culture è sicuramente quella che esprime, nella sua pratica millenaria, l’universo femminile. Ma di che cosa si tratta davvero? Quale è il pensiero che c’è dietro?
1 commento
:Ufff…mi scusi ma sono le SOLITE argomentazioni frtite e rifrtite da anni dai tifosi del “double dip”, tra l’altro farcite di errori grammaticali, anacoluti linguistici e frasi in alcuni casi incomprensibili (“le banche europee hanno bisogno di ridurre la quantite0 di prestiti sui loro libri di circa 7 miliardi di dollari al fine di scendere a livelli di sicurezza ….Le banche europee sono di fronte ad una contrazione pari a 7.000 miliardi dollari di prestito,” non mi sembra molto coerente).Infine non sono un tecnico finanziario ma un professionista della pubblicite0 e comunicazione e trovo infantile anche il “condimento” del post…un euro in fiamme, una bomba e un bel “default” sparato rosso e spesso…per non notare come questo sia l’ennesimo, instacabile, continuo POST SPANDI-PANICO dei tifosi del “double dip” che ormai monitoro dal lontano 2009 quano, pieni di acquolina in bocca per il lauto antipasto e primo piatto di short ingurgitato cominciarono a mostrare appetito per il secondo di carne.Sei libero di pensarla come vuoi QUI NON CI SONO TIFOSI non dobbiamo confondere l’essere tifosi con dati di fatto REALI se non te ne sei accorto siamo in crisi e a rischio ci siamo tutti scendi dal pero che e8 meglio questo articolo lo trovo interessante ed e8 stato preso da una fonte autorevole continua ad occuparti di pubblicite0 e smettila di infangare e di mettere parole in bocca ad altri che non ha detto nessuno la situazione e8 molto grave e sono io a dirtelo UNA LONGHISTA CONVINTA!!! se non ti piace quello che trovi qui o su altri blog non leggere e vai su altri lidi Buon fine settimana caro pubblicitario