Le “ ci penso io ” hanno un senso di autonomia e indipendenza scritto nel Dna
TRA SERIO E FACETO
Si riconoscono già da piccole, quelle che “ ci penso io ”, incominciano presto. A due tre anni tentano di vestirsi da sole senza l’aiuto della mamma, si infilano le magliette in qualche modo, spesso al rovescio, ma guai a chi cerca di intervenire in loro aiuto, è un’offesa! Infatti si mettono a strillare come iene LASSSSSIAMIIIIIIIIIIIIIII, e poi giù di broncio col lacrimone che scende sulle guanciotte diventate rosse per lo sforzo e per la rabbia dell’offesa subita.
I grandi non capiscono niente, pensano, io so fare da sola!
Le “ ci penso io ” hanno un senso di autonomia e indipendenza scritto nel Dna, aggiungiamo poi che fin da bimbe hanno respirato quell’aria del chi fa per sé fa per tre tanto in voga ai tempi delle mamme e nonne del XX° secolo. Sono orgogliose della loro intraprendenza, non neghiamolo, per questo le “ ci penso io ” man mano che crescono, oltre a far da sé senza chiedere aiuti, si rendono generosamente disponibili a fare anche quello che dovrebbero fare altri. Ed ecco che son cavoli. Verdi, amari, acidi supermega cavoli galattici.
Al liceo i compagni dei banchi vicini rischiano di beccarsi matematica ( oltre a inglese, lettere e qualcos’altro) a settembre? Le “ ci penso io ” si organizzavano con carta copiatrice e veline, producevano fino a 4 copie del loro compito in classe e cercando di finire gli esercizi più ostici entro la prima delle due ore totali a disposizione dedicavano la seconda a strane movenze di stretching tra i banchi, ad improvvise alzate di braccia con slanci di polso decontratturanti e a curiosi passaggi all’ala di kleenex …
Regolarmente, almeno una volta all’anno e di solito alla fine dell’ultimo quadrimestre, venivano cuccate in flagrante e spedite su dal Preside con la minaccia di venir rimandate pure loro anche se la media era più che sufficiente o alta.
Magari se la facevano sotto a quel punto, ma l’orgoglio da tentato eroe alla fin fine aveva il sopravvento, così reiteravano all’infinito fino alla maturità. Inclusa. Che adrenalina!
Inguaribili e imperterrite, le “ ci penso io ” crescono in tutto, ma non perdono il vizio. Così si ritrovano a fianco come mosche amiche che hanno sempre bisogno di aiuto e di supporto, uomini che pretendono di fare i pascià alle spalle loro, amici e parenti che “ guarda questo è un momento proprio no, mi spiace tanto cara ma siamo davvero troppo presi “, sempre. Il momento di chi tut per aver,nient per dar , dicono a Mantova, è eterno, si sa.
Quando si rendono conto di aver dato, dato, dato e che neppure una volta, una, hanno trovato il prossimo che ne ha tratto vantaggi disponibile a dire, come eccezione, ci penso io, allora si incazzano davvero. Brutalmente. Con o senza urla mandano a vaffa l’intero entourage di approfittatori e non c’è n’è più per nessuno. Insomma, fin che dura l’incazzo, poi si vedrà.
Così cambiano marito, cambiano amicizie, dan di lungo ai fratelli e ai colleghi piangini. Ma visto che “ ci penso io ” ce l’hanno proprio dentro, indelebile, si fanno solo un poco più guardinghe e caute e appena passata definitivamente la bufera e ritrovato un quieto vivere finiscono col distrarsi.. Dài amica non ti preoccupare, amore non fare sforzi che un anno fa ti hanno operato, collega io sono in arretrato col mio di una settimana ma capisco.. su passa qua ..
Morale, le “ci penso io” sono ingenue, altruiste, orgogliose, generose impenitenti e patentate. Loro si auto etichettano sceme, stupide, imbecilli. Più di ogni altro umano si auto mazziano pestandosi con violenza sugli attributi fisicamente mai cresciuti e a seguire ripetono come un mantra: basta, basta, bastaaaaa non ci casco più!
Ma in fondo sono delle Panda, se non ci fossero bisognerebbe inventarle. O no?