Samia Yusuf Omar nasce a Mogadiscio nella primavera del 1991.
di Ina Macina
La sua vocazione per la corsa emerge sin dall’infanzia; dal gioco, che col tempo si trasforma in ambizione volta verso un vero e proprio progetto di vita, la sua passione la porta a vincere tutte le gare dilettantistiche fino al 2008, anno in cui l’atleta partecipa alle Olimpiadi di Pechino. Samia si presenta ai blocchi di partenza con una tenuta semplice, senza un allenamento adeguato, sorprendendo le colleghe per la sua magrezza e temerarietà. ‘Deve amare correre’, dice qualcuna.
Mentre sfila ultima, con uno stacco cospiscuo rispetto alle altre, il pubblico nello stadio si alza in piedi e l’accompagna fino al traguardo con una pioggia d’applausi.
L’esperienza di Pechino segna Samia. Da un lato, entra in contatto con una realtà completamente diversa dalla sua, dall’altro, si rende conto che un allenamento adeguato è una priorità per i livelli cui aspira, per i suoi sogni.
Samia, assieme a chi l’ha accompagnata nel suo percorso agonistico, ha ricevuto pesanti minacce dagli estremisti, soprattutto in quanto donna.
Tornata da Pechino, la ragazza intende scavalcare ogni tipo di impedimento frapposto tra le sue potenzialità e il diventare una vera professionista. Persegue quanto ogni persona ha il diritto per nascita di perseguire: la realizzazione di sé.
Raccoglie il necessario per affrontare il viaggio verso l’Europa, alla ricerca di una struttura e di un allenatore. Non riescono a trattenerla la famiglia e le amicizie, scettiche nei confronti di un viaggio noto per essere pericoloso e dell’esito incerto.
Dunque l’atleta parte, si ammala, riesce a ripartire, salpa.
Il Mediterraneo si chiude su di lei nell’aprile del 2012.
Nel bel libro che Giuseppe Catozzella le ha dedicato, Non dirmi che hai paura, Samia viene descritta come una piccola guerriera, un giorno guida per tutte le donne somale.
Oggi, Samia Yusuf Omar è un esempio per ogni donna e per ogni uomo in corsa per la propria libertà.
Mi piacerebbe che le venisse dedicata una strada in Italia, magari a Lampedusa, per farla arrivare simbolicamente dove lei avrebbe voluto. Un lungomare, che la saluti ogni giorno e ricordi sempre a noi la sua storia di coraggio. Che il suo nome svetti sul mare, che il suo ricordo corra per le strade del mondo.
Per approfondire la storia di Samia:
http://sports.yahoo.com/news/somalias-runners-inspiration-165300025–oly.html
https://lultimoposto.wordpress
Ina Macina – Umanista. Basata a Barcellona, si occupa di letteratura e studi di genere. Osservatrice dei fenomeni afferenti al femminismo digitale e comunicazione. Blogger ed entusiasta della fotografia, ha scritto da indipendente per diverse riviste online. Attivista (non affiliata) per i diritti umani, ambiente e animali. Appassionata di sport, ha maturato esperienza professionale in vari settori.
1 commento
Pingback: Un lungomare dedicato a Samia | L'ultimo posto