Chi la vuole cruda, chi la vuole cotta. Meglio competente.
Non siete contente? O non vi va mai bene niente?
Per carità, siamo abituate a doverlo essere, di tutto o quasi, delle briciole, pezzettini, crosta e mollica. E’ che ci piacerebbe il pane fresco di forno, profumato, con gli ingredienti giusti, necessari alla sua lievitazione. Perché sono quelli che dalla ricetta passano al buon risultato.
Ancora, come la vorresti questa ministra delle pari opportunità? Di mezza età? Una virago che battei pugni sul tavolo o una gentile signora che abbozzi davanti alle prepotenze? Oppure giovane, magari bella, rampante e potente? Forse ce l’abbiamo fatta! Possiamo azzardare che da sempre l’avremmo voluta competente, non assoggettata alle logiche della politica e dell’ appartenenza.
Certo che siamo contente, ma una riflessione in più al dato e alla notizia, può essere utile.
Nel dibattito interno alle aree più attive e sensibili del movimento delle donne qualcosa sta cambiando. Negli ultimi tempi infatti esse sono riuscite a riprendere forza grazie ad una presenza costante sul web, riuscendo a tramutarne la virtualità in una rete di contatti, amicizie e sostegno. Una vetrina, forse, ma che non ha ceduto al rischio di divenire esposizione mediatica, non fingendo di essere sul posto ma essendoci davvero. Sostituendo la tela di Penelope con la Rete, senza rimanerne intrappolate. Accettando lo strumento tecnologico come forma di comunicazione, rifiutando di divenirne dipendenti ma facenti parte, dimostrando l’abilità di essere capaci di essere uguali, nel mantenimento delle differenze che ne costituiscono la peculiarità di genere.
Al contrario di un cattivo stereotipo culturale che spesso ha definito il genere femminile “pettegolo” le donne del web non gradiscono i cinguetti. Li ascoltano ma non li usano, ne riconoscono il suono ma non si stordiscono. Perché tese più alla sostanza delle cose che ai rumori, più alla concretezza che alla futilità.
L’individuo donna, come l’individuo uomo, non è immune da difetti. Né streghe né sante.
Il genere femminile, che da sempre e più di altri si è confrontato con la maternità, l’accudimento, la straordinarietà familiare, sociale ed economica, la difesa identitaria per citarne alcuni, ha sviluppato metodologie con caratteristiche pratiche e combattive. Non vincenti ma non sconfitte, hanno sviluppato l’abitudine e l’attitudine al colloquio, all’osservazione, allo scambio e in essa si sono ritrovate, in forme diverse, nel corso degli ultimi decenni del ‘900 entrando nel nuovo millennio a testa alta e tantissima competenza.
Per tornare alla delega alle pari opportunità è forse un biscottino? Il Presidente del Consiglio è politico attento. Le alleanza si fanno con facilità, più difficile rispettarle. Ora, se la stanchezza non vince, non è che tutto si mette a posto. Per affrontare la questione delle pari opportunità non serve un moderatore del dibattito ma un traduttore dei linguaggi delle aree sociali che parlano. Sappiamo benissimo che non tutto si potrà avere, o almeno non subito, ma un’agenda degli interventi più urgenti sicuramente sarebbe legittimo aspettarsela.
Da quando, per una straordinaria fase della politica, in passato si sono scritte e realizzate una serie di procedure in favore delle donne, lavoro, maternità, ruoli, rappresentanza ecc, abbiamo assistito ad un’altalena d’incarichi derivanti più dall’appartenenza politica ai governi in carica che alla competenza-conoscenza. E non tutte le ministre che si sono succedute hanno compreso la necessità di studiare, comprendere, dialogare con le donne.
Nell’intento unanimemente dichiarato di appoggiare ancora una volta questo Ministero, sarà doveroso mettersi a disposizione. Le donne, tutte, potranno essere una buona squadra, un buon esercito, monolitico se pur trasversale. Altresì un ministero che per definizione dovrà governare le pari opportunità, avrà bisogno di autonomia progettuale, capacità di mediazione e sintesi politica.
La ministra Boschi è indiscutibilmente politica capace, intelligente e preparata. Ci piace anche che, come qualcuno ha detto, sia una “secchiona”. Perché vorrà dire che non vorrà trovarsi impreparata a governare questa materia. Avrà sicuramente, se non il tempo, uno staff che l’aggiornerà a recuperare la storia che non le appartiene, un vissuto lontano, le basi della cultura delle donne e della non cultura più in generale. Elaborazione e diplomazia sono doti che pare non le manchino.
Non un biscottino per donne affamate dunque ma un pasto da consumarsi insieme, in parti eque, senza strappi.
Certo che non solo la ministra dovrà creare un terreno di confronto e d’intenti. Ogni protagonista delle tematiche di genere avrà un ruolo da svolgere e, le donne, non dovranno cedere alla tentazione della spregiudicatezza, alla corsa per salire in sella, cercando di non rincorrere una, pur legittima, pacificazione alle frustrazioni di genere. Se le donne che sono già presenti, quelle che vorranno inserirsi, quelle che osservano in disparte ma partecipano, non useranno la saggezza dell’esperienza, la calma procedurale, se non vogliono porsi come una ciurma allo sbando, una merce scaduta su uno scaffale dimenticato, se non rinnegheranno la storia e la cultura che, malgrado tutto le ha rese diverse e speciali in un mondo omologato e sofferente riuscendo a dimostrare che la politica nobile ancora può esistere, ebbene si potrà ancora mirare ad un futuro di pari opportunità per tutti.