La poesia è, secondo la definizione canonica, parola scelta con cura per creare un ponte tra il mondo interiore e il mondo esteriore. E viceversa.
Che cos’è la poesia?
La poesia è, secondo la definizione canonica, parola scelta con cura per creare un ponte tra il mondo interiore e il mondo esteriore. E viceversa.
Eppure può essere poesia un tramonto, un abbraccio, un motivetto musicale, nascosto tra i ricordi, che ogni tanto riemerge con uno strascico di nostalgia.
È poesia l’incedere elegante di una donna malinconica oppure il saluto lanciato in aria, come un frisbee su una spiaggia al crepuscolo, per giungere, rimodulando la direzione, al cuore di chi aspetta.
Poesia è tutto ciò che entra nel cuore ed esce dagli occhi sotto forma di lacrime silenziose. È respiro che accarezza l’anima.
E il poeta è il messaggero delle emozioni distratte, armato di retino da farfalle per catturarle e portarle in dono a chi non saprebbe coglierle meglio.
Ieri sera Marta Mizzi, al Macondo casamassima, ha liberato le sue parole come farfalle variopinte,ma con la violenza inflitta a se stessa mettendo a nudo la propria anima e donando sensazioni ai convenuti sul limite fra il senso delle cose ed il non senso. Sensazioni che si discostano per un filo sottilissimo dalla duplice sensazione del rasserenamento.
Nelle poesie del libro “Il non senso” di Marta Mizzi (ed. Di Marsico) ognuno trova il senso od il non senso della morte, della nascita, dell’amore, dell’appagamento, della solitudine, di ogni attimo della propria felicità sfuggente.
Ad accompagnare magistralmente l’autrice in questo percorso interiore ha dialogato con l’autrice e letto alcune poesie Marcella Zaccheo, anfitriona della Caffetto-libreria Macondo.
Cerchiamo sempre “…qualcosa che dia senso alla nostra esistenza, che salvi la nostra vita dall’inutilità e dall’abisso !”
‘La mia vita si arrestò. Io potevo respirare, mangiare, bere, dormire, non bere, non dormire; ma la vita non c’era perché non c’erano desideri la cui soddisfazione mi sembrasse razionale. Se desideravo qualcosa, sapevo in anticipo che, soddisfacessi o no il mio desiderio, non ne sarebbe risultato niente. Se fosse venuta una fata e mi avesse proposto di esaudire i miei desideri io non avrei saputo cosa dire. Se nei momenti di ubriachezza avevo, non dico desideri, ma abitudini di antichi desideri, nei momenti di lucidità sapevo che era un inganno, che non c’era nulla da desiderare. La verità io non potevo neppure desiderare di conoscerla, giacché intuivo in che cosa consistesse. La verità era questa: che la vita è non-senso’.
Lev Nikolàevič Tolstòj