Clarice Orsini, la moglie di Lorenzo il Magnifico: la storia la ricorderà soprattutto per questo.
di Livia Cruciani
precedente
A Monterotondo esiste un’associazione che porta il suo nome e che organizza in palazzo Orsini, ogni anno nel mese di ottobre, i “Fasti d’Autunno”, una rievocazione storica di fatti avvenuti nel XV e XVI secolo. Il tema dell’edizione di quest’anno è stato il matrimonio tra Clarice e Lorenzo de’Medici.
Clarice Orsini, la moglie di Lorenzo il Magnifico: la storia la ricorderà soprattutto per questo.
Con la consapevolezza che solo il tempo ci può dare, bisogna guardare alla sua persona con due diversi occhi: da una parte a lei come una Orsini, dall’altra come Clarice.
Che Lucrezia Tornabuoni, scegliendola come consorte dell’erede de’Medici, abbia dato una svolta fondamentale all’ascesa della famiglia fiorentina è fuori dubbio. La ragazza è la figlia del signore di Monterotondo, viene da una famiglia d’arme, ha un titolo nobiliare, una dote sostanziosa e, dulcis in fundo, i parenti sono molto vicini alla curia papale. I calcoli Lucrezia li ha fatti molto bene, il nome Orsini è un trampolino di lancio: suo nipote Giovanni salirà al soglio pontificio nel 1513 con il nome di Leone X.
Ma per Clarice, donna, moglie e madre, non possiamo dire che sia stato lo stesso.
Ha portato con sé una cospicua dote, 6000 fiorini romani che irrobustiscono le finanze dei Medici; loro, come contropartita, accettano di versare una somma molto inferiore, pari a un quarto della dote. Clarice sposa Lorenzo il 4 giugno 1469 e la famiglia che la accoglie celebra le nozze in modo imponente: si banchetta per tre giorni, sono uccisi 150 vitelli, 4.000 capponi e svuotate molte botti di vino toscano e non; gli sposi e gli invitati si deliziano con 17 quintali di dolciumi e confetti.
Le mense sono allestite nel giardino e nel cortile di palazzo Medici, dove sono collocate coppe di rame con vini di vario tipo intorno al piedistallo del David di Donatello. Sempre nel giardino si organizza la messinscena di una commedia mentre per le strade sfilano carri allegorici con drappi e fiori. Alla sposa è assegnato un posto in mezzo a cinquanta giovani dame sedute con lei al tavolo sistemato nella loggia del giardino; nella balconata superiore Lucrezia, seduta con dame più mature di età, sovraintende le celebrazioni. Chissà se la schiva Clarice, dal “capo non ardito” come l’aveva descritta la futura suocera, avrà apprezzato tanta magnificenza.
La sua è un’esistenza breve ‒ muore a soli 34 anni ‒ trascorsa nell’ombra, vicino a un marito e a una città che non vuole o non può comprendere. La sorte e le strategie politico-familiari l’hanno messa al fianco dell’uomo simbolo del Rinascimento: un politico, un mecenate, un poeta, un filosofo, l’allievo di Marsilio Ficino, l’amico di Pico della Mirandola. Lorenzo ama le arti tanto quanto Clarice non riesce a comprenderle e ad apprezzarle.
Lucrezia Tornabuoni, nelle lettere inviate al marito Piero durante la trattativa per il matrimonio, aveva scritto: “è di gran modestia, e faremo di ridurla presto ai nostri costumi”. Invece l’animo di Clarice non si adatta alla vivace vita toscana. “Straniera”, cresciuta negli ambienti di una Roma cristiana non ancora trasformata dalla fastosa corte papale, educata in una salda fede religiosa, rimane sempre estranea agli interessi che avevano animato le donne della casata prima di lei. Alcune lettere scritte nei mesi intercorsi tra il matrimonio per procura e il suo trasferimento a Firenze evidenziano una mano incerta, caratteri tremolanti, povertà di contenuti. Clarice non amerà mai la letteratura.
Riesce persino a ottenere l’allontanamento di Poliziano come precettore del figlio Giovanni: per lei quell’uomo minava la sua educazione e quella dei fratelli e delle sorelle, insegnava loro le lettere classiche, la grandezza dei greci e l’abilità dei romani, li riempiva di idee “pagane”. Cose di nessuna importanza per la pia Clarice che andavano a discapito della dottrina cristiana. Questo non lo può accettare e viene ai ferri corti con Poliziano. L’umanista scrive: “In quanto a Giovanni sua madre l’occupa a leggere il Salterio. Cosa che non posso in nessuna maniera lodare”, ma di fatto Lorenzo non sconfessa l’operato della moglie e Giovanni continua a studiare le sacre scritture fino a quando non otterrà la mitra.
Questa forse è stata la piccola ribellione di Clarice: rimanere fedele a se stessa. Perché è stata la moglie che ci si aspettava che fosse, pacata, non brillante ma prolifica che, pur restando per tutta la vita nel proprio posto in ombra, ha mantenuto saldi i propri valori e le proprie idee.
Scelta per dare una discendenza alla famiglia Medici, i suoi fianchi generosi portano alla casata ben nove eredi fra maschi e femmine: sette di loro arriveranno all’età adulta. Il buon nome dei Medici è salvo e la potenza della famiglia accresciuta.
Lorenzo la vorrà sempre al suo posto come legittima sposa pur non provando nei suoi confronti alcun affetto. Mentre Clarice con i figli e le figlie trascorre il tempo nella villa di Cafaggiolo, il marito si diletta con il pensiero neoplatonico nella casa di via Larga a Firenze: non ama la moglie né la vita in campagna e le attività che vi si svolgono. E mentre lei lo attende paziente, gli invia selvaggina e lettere, “Mandovi un fagiano et una lepre, perché mi pare vergogna a mangiarli qui fra noi e noi”. Lui discorre di questioni filosofiche e scrive poesie, più precisamente sonetti d’amore. Sono però versi dedicati a un’altra donna, colei che occupa il suo cuore e i suoi pensieri: Lucrezia Donati. Sono per lei i versi del canzoniere “Felice terra, ove colei dimora/la qual nelle sue mani il mio cor tiene,/onde a suo arbitrio io sento e male e bene,/e moro mille volte e vivo, l’ora”. Per Clarice ha solamente annotato, prime delle nozze, “Io Lorenzo tolsi donna Clarice, figliola del signor Jacobo Orsini, ovvero mi fu data”.
Trascurata dal marito, non è nemmeno amata dalla bella Firenze. La suocera Lucrezia era stata un sicuro aiuto per le persone povere e bisognose, si era creata la sua strada autonoma ricevendo in cambio rispetto per il suo intelletto e la sua abilità. Clarice non ama la mondanità, né le feste. Si limita a chiedere al marito favori per i fratelli e a intercedere per le congregazioni religiose a cui è legata.
Si concede un unico piacere: tornare a Roma, presso quel mondo che più si addice alla sua personalità. Lo fa la prima volta nel 1472 per assistere alle nozze del fratello Organtino Orsini; un secondo viaggio nel 1487 per il matrimonio della figlia Maddalena promessa sposa di Francesco Cybo nipote di Papa Innocenzo VIII. Questo sarà l’ultimo della sua vita. Malata di tisi da diversi anni, il clima più mite e soleggiato di Roma non le giova. Tornata a Firenze muore il 30 luglio del 1488. Lorenzo non si trova in città e non rientra dopo aver appreso la notizia; decide solamente di abolire il divieto di non poter compiere cerimonie pubbliche, norma entrata in vigore dopo la congiura dei Pazzi. Clarice viene seppellita con solenni funerali nella chiesa di San Lorenzo.
Livia Cruciani, da sempre appassionata di letteratura, in particolare di libri gialli, e di poesia, ha conseguito nel 2014 la laurea triennale in “Letteratura Musica e Spettacolo” e nel 2016 la laurea magistrale in “Filologia Moderna”. Pur cosciente delle difficoltà inevitabili che potrà incontrare sulla sua strada, avendo scelto studi universitari di ambito letterario, rimane determinata a continuare il suo percorso e a seguire le sue grandi passioni. Contemporaneamente agli studi ha lavorato come assistente vendite e animazione per bambini e bambine nella “Nuova Libreria all’Olimpico” di Roma e aiutato nello studio delle materie letterarie ragazze e ragazzi più giovani.
4 commenti
Troppe inesattezze e superficialità nel parlare di questa povera donna, tutto perché alcuni biografi misogini e forse volutamente ignoranti su alcuni aspetti del Rinascimento, nonché svogliati quando si tratta di analizzare il privato di un uomo come Lorenzo, hanno scritto supposizioni molte delle quali campate per aria.
Alcuni punti facilmente verificabili anche con una semplice ricerca su enciclopedia:
1) “Lorenzo non mostrò mai affetto per la moglie”: come si può fare un’affermazione del genere e sulla base di cosa? Le lettere fra loro denotano affetto e come dimenticare poi la lettera che lui scrisse al Papa dopo la morte di Clarice? Vi era tutto il suo dolore e disperazione: lo implorava di pregare per lui e non riusciva a rassegnarsi. Persino l’idea che la sposò senza mai vederla è una congettura contraddetta dalla lettera di sua madre in cui fa riferimento al fatto che il figlio l’aveva già vista e gli era pure piaciuta (ragion che portò Lucrezia a pensare di essere sulla buona strada scegliendo lei come candidata)
La storia che Lorenzo fu vittima di una scelta fatta per lui dalla madre, quindi una donna, regge solo fino ad un certo punto.
2) non scriveva sonetti per lei, ma perché avrebbe dovuto? Non ha alcun senso e non capisco perché molti tirano fuori questo esempio. L’amor cortese non contempla il matrimonio perché genericamente si riferisce ad un ideale platonico o all’adulterio (quale il suo rapporto con Clarice evidentemente non era) . Come poteva essere Clarice il sogno proibito di suo marito quando, per l’appunto, lei era sua moglie? Forse è troppo difficile per noi calarsi nei panni della gente dell’epoca, ma se avesse scritto quei versi per la moglie sarebbe stato sconveniente. Quasi volgare e persino una mancanza di rispetto. Ironicamente, la Orsini non avrebbe neanche apprezzato ma sicuramente apprezzò il fatto che, in un’epoca in cui era quasi ritenuto normale per un uomo avere delle amanti e figli illegittimi (il padre e nonno di Lorenzo ne avevano), Lorenzo rispettò la moglie e non ebbe altri figli al di fuori di quelli avuti con lei, né ebbe amanti ufficiali che invece altri uomini illustri avevano. Lui rispettava anche l’indole della moglie e le sue idee, appoggiandola in molti aspetti come per esempio l’educazione dei figli.
E poi è come dire che un uomo dei giorni nostri non ama la moglie perché non esprime per lei i pensieri che esprime per la sua attrice preferita. Non c’era internet, ma i ‘fan’ esistevano seppur manifestando in modi diversi e forse più sofisticati. Infatti, il rapporto fra Lorenzo e la Donati è molto romanzato dai più: di fatto era solo platonico di gioventù, un’ammirazione (che lui palesó anche per altre dame molto popolari del tempo) che probabilmente non si consumò mai in un rapporto amoroso come lo intendiamo noi. Tra l’altro, fu lui stesso a trovarle marito e la moglie tenne a battesimo uno dei figli di Lucrezia. Anche in questo aspetto, forse è difficile per noi comprendere un mondo troppo diverso dal nostro e dove l’ammirazione e l’amore stesso, in tutte le sue forme, aveva meccanismi e sfumature ben diversi dal nostro immaginario.
3) Clarice e i figli vivevano, per un certo periodo, lontano dal marito ma la ragione di ciò non è per niente meschina e non ha nulla che vedere con l’idea che non gradisse la compagnia della moglie e la loro numerosa prole (che, voglio dire, lui non aveva di certo concepito per corrispondenza! ). In realtà, Lorenzo fece delle scelte dettate dalla necessità di proteggere la sua famiglia da epidemie e minacce dai suoi nemici. Era risaputo infatti, specialmente dopo la congiura dei Pazzi, che la moglie e i figli erano stati minacciati. Come meglio colpire un uomo potente se non facendo del male ai suoi eredi?
Spesso si usa il fatto che lui non fosse presente alla morte della moglie, ne andò ai funerali, come prova che non gli importasse nulla di lei (cosa esplicitamente contraddetta dalle sue lettere disperate al Papa), ma si ignora che ciò avvenne perché era lui stesso malato. Non era a casa perché si stava curando alle terme (aveva la stessa malattia del padre) , e come alcuni amici dissero, nessuno immaginava che le condizioni di Clarice l’avrebbero portata alla morte cosi prematuramente. Spostarsi da un posto all’altro a quel tempo era una cosa che richiedeva giorni quindi probabilmente si ritenne inutile o comunque impossibile per Lorenzo tentare di arrivare in tempo per i funerali. Ma ripeto, la sua lettera al Papa parla chiaro: la perdita della moglie fu un bruttissimo colpo difficile da affrontare e ne sentiva la mancanza.
Concordo pienamente con quello che dice l altro commento. Trovo che l’articolo sia stato scritto con molta soggettività e superficialità.
Vi invito a leggere la lettera scritta al Papa da Lorenzo il Magnifico per la morte di Clarice Orsini. http://www.sulromanzo.it/blog/lorenzo-il-magnifico-e-la-commovente-lettera-per-la-morte-della-moglie
Vi pare che ami più Clarice o se stesso?
La donna bionda con il vestito verde è le perle rosse è Selvaggia Sassetti figlia di Francesco Sassetti e di Nera corsi.