Paradossalmente, la propaganda jihadista sta seducendo anche l’altra metà del cielo. Specie in Indonesia.
Tradizionalmente relegate ai margini della società, le donne sembrano infatti aver individuato nella lotta al mondo infedele un incentivo di rivalsa e affermazione, tanto che il numero delle simpatizzanti è registrato ovunque in costante aumento. E se alcune decidono di abbracciare la causa califfale semplicentente per tentare di sfuggire alla monotonìa di un’esistenza priva di apparenti gratificazioni, altre – forse in preda a un delirio autodistruttivo- mirano essenzialmente alla gloria del sacrificio in nome di Allah.
Inevitabile che. per quanto proverbialmente misogini, gli oligarchi del Daesh ne approfittassero per incrementare la loro incessante opera di reclutamento. Un fenomeno che recentemente ha cominciato a investire anche il sudest asiatico. In particolare l’Indonesia, che con le sue 17.507 isole e i quasi 256 milioni di residenti a prevalenza musulmana è ritenuto il maggior arcipelago esistente nonché il quarto paese per densità abitativa dopo Cina, India e Usa.
Allaa genesi della radicalizzazione femminile, la nefasta influenza esercitata in rete dai vari movimenti. L’ampia diffusione del social media avrebbe insomma consentito alle potenziali adepte (circostanza inedita dal 2009) di accedere ai forum di ispirazione integralista, aderire a iniziative, partecipare a eventi internazionali e persino organizzare raccolte di fondi a sostegno dei guerriglieri impegnati sui diversi fronti-
“L’assenza di strutture gerarchiche sul web implica l’impossibilità di ostacolare la campagna proselitistica. Ciascuno è sostanzialmente libero di interagire con chi vuole, specialmente se utilizza un account personale” si evince da uno studio condotto dall’Institute for Policy Analysis of Conflicts, “E’ così che gli uomini hanno realizzato l’importanza dell’attivismo femminile nello sviluppo della comunità islamista virtuale“.
E sarebbe riconducibile proprio all’esordio della “prima kamikaze europea” sulla scena stragista parigina (13 novembre 2015) quella tendenza generalizzata a privilegiare le argomentazioni fondamentaliste rispetto alla tranquillità della consuetudine domestica: risale del resto allo scorso dicembre il provvidenziale arresto di due aspiranti martiri incaricate di colpire il palazzo presidenziale di Jakarta e un resort di Bali.
Da innocue casalinghe a insospettabili assassine, dunque. Un ruolo primario in tal senso andrebbe attribuito a Bahrum Naim, preposta, dalla sede siriana, a svolgere le procedure di arruolamento delle connazionali. “Sono soprattutto le lavoratrici immigrate a finire nel mirino dello Stato Islamico“, ha osservato Anis Hidayah, direttore esecutivo di MIgrant Care. “E’ un copione ampiamente collaudato anche a Hong Kong e Taiwan“.
Per molte indonesiane la prospettiva di poter conseguire un’autonomia finanziaria resta comunque un incentivo notevole al fine della fatidica scelta: il risultato è che almeno cento sono già confluite, insieme ai rispettivi figli, nel teatro bellico mediorientale.
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