di Caterina Della Torre
Musicista, canottiere, venditore, pittore, scaricatore di porto, pubblicitario e poeta. Ecco il percorso ondivago del poeta del parco, Lorenzo Mullon.
Il mondo di oggi lascia poco tempo per le parole, per il tempo libero senza costrizioni di sorta. Come una passeggiata nel parco, per esempio, lontano dal pc, dalla Tv, dalla radio, dal cd player e soprattutto dai telefoni cellulari.
Poi magari nel parco incontri qualcuno che invece di parlare al cellulare, di agitarsi dietro a un pallone o di tendere i muscoli su una bicicletta, gira a piedi con una mano in tasca e l’altra sul suo zainetto di stoffa e quando ti incontra ti recita una poesia. Come è successo a me in un freddo ma nitido pomeriggio autunnale, in quella Milano di gente che corre o che aspetta che la facciano correre.
“Se fossero di legno le conchiglie sulla spiaggia sarebbero velieri, la piuma di un gabbiano l’albero maestro e il soffio delle nuvole la carezza di un sogno chiamato oceano.
Questa e’ la dedica che Lorenzo Mullon mi ha scritto su uno dei libricini di poesie autoprodotti (dai contenuti alla grafica) che vende in giro per i parchi. Ben vestito, di bell’aspetto, gli avrei dato 30 anni, ma poi ho scoperto che ne aveva 42.
Gli ho chiesto di fargli un intervista e ci siamo dati appuntamento, naturalmente al parco di Porta Venezia.
Arrivo in ritardo perche’ ho sbagliato il punto dell’appuntamento e temevo che non lo avrei piu trovato. Nella Milano che fugge, si fa cosi: un ritardo di 30 minuti e’ inimmaginabile. Invece Lorenzo e’ li’ vicino a un albero..
Lorenzo tu hai fatto un percorso diverso da quelli manageriali tanto in voga al giorno d’oggi. Come mai?
Non e’ proprio vero. Sono arrivato a Milano da Trieste dopo un turbolento percorso.
Quando e’ morta mia madre di origine Rom, dalla Slovenia siamo tornati in Italia a Trieste. A 16 anni sono andato via di casa e ho cominciato a girare per il mondo. Sono stato anche a lungo in Africa. Ogni tanto tornavo a casa da mia nonna, il mio punto fermo. I miei nonni erano entrambi musicisti: uno suonava al teatro Verdi, l’altro era un violinista tzigano ungherese. A Trieste avevo studiato al conservatorio. Mi sono anche iscritto a Gurisprudenza a Trieste e poi a Milano a Filosofia. Ho fatto anche canottaggio a livello professionale.
Per mantenermi ho fatto lo scaricatore di porto, il venditore, e infine mi sono trasferito a Milano. Nel frattempo leggevo e studiavo. Leggevo tanti libri di pubblicita’ ed ho incontrato poi casualmennte il presidente della Grey Advvertising, Ugo Gatti, che mi ha preso a lavorare con loro. Mi lasciava piena liberta’ di movimento e di creativita’. Poi ad un certo punto mi sono reso conto che la maggior parte del tempo lavorativo era speso in giochi di potere e in networking. Nel ‘90 mi ha chiamato anche Annamaria Testa. Poi pian piano il mio lavoro e’diminuito ed io ad un certo punto ho deciso di lasciare tutto, anche il mio ufficio su parco Sempione Io continuavo a dipingere. I soldi stavano finendo, ma fui fortunato perche’ conobbi una coppia americana che mi porto’ con se’ in California, dove producevo e vendevo quadri.
Poi la pacchia finita e la vita mi ha rimesso in gioco.
Senza soldi, senza fidanzata, che mi aveva appena lasciato. Cosi’ sono arrivato all’idea di scrivere delle poesie e venderle nei parchi. Le scrivevo da prima. Si pensa spesso che la poesia non possa dare da mangiare, ed invece no. Ho fatto questi due libricini e da 2 anni vivo cosi. La poesia deve essere vicina alla gente e io quindi la porto alla gente. Nei parchi vendo circa 2000 copie di libri all’anno. Non hanno un prezzo fisso i miei libricini, vanno dai 5 ai 10 euro.
Chi legge più le poesie: le donne forse?
All’inizio pensavo anche io che il mio pubblico fosse costituito da donne tra i 30 e 40 anni, invece il primo a cui ho venduto un libro e’stato una ragazzo di 19 anni senegalese, che mi ha dato 3 euro, tutto quello che aveva. Quindi la poesia è senza frontiere di eta’, nè di sesso, ne’ di paese…