1) “Oscuro materno” –
A quale distanza emotiva ci ritroviamo rispetto alle nostre madri?
C’è una impronta oscura, nel mio fondo maschile, legata a mia madre. Riconosco nel mio percorso questo senso di pericolo, che avvertivo fin da bambino, come un rischio di invischiamento e di fagocitazione. All’opposto, la mia salvezza era nella strada, era la necessità di prendere distanza, di uscire di casa, partire lontano e quasi sparire (io da lei, lei da me).
E poi c’è il lavoro di una vita, di elaborazione della posizione di figlio e il ritiro di certe proiezioni dalla madre. Questo può significare il recupero della relazione proprio con quella donna, come un accompagnamento, e così pure il ripensamento del suo calco in noi stessi. E’ in gioco il nostro spazio vitale, la nostra “giusta distanza” nelle relazioni.
2) “Ambivalenza” –
Nella ‘altalena’ della relazione di coppia, ci spingiamo di più nella zona della fiducia o della sfiducia?
Credo che nell’esperienza amorosa sia costitutiva l’ambivalenza, il sentimento del “né con te né senza di te”. Che rimanda alla costruzione della nostra fiducia.
C’è una polarità della sfiducia amorosa, che come uomo ho attraversato prima ancora di pensarci, già “in prima lettura” della mia vita. Era il senso di uno spossessamento, una espropriazione di me, forse legato ad una con-fusione dello stare insieme. Peraltro, ben nascosto nell’archivio delle mie immagini maschili e ben prima di riconoscerlo, ho trovato prefabbricato anche un certo senso di svalutazione delle donne a me più care.
Ma conosco anche il territorio della fiducia amorosa, legata al riconoscimento nella relazione, sia dell’altra che di me stesso. Qui non c’è perdita o svalutazione, ma al contrario la scommessa di darsi valore. Cosa ci può muovere a giocare questa scommessa della fiducia? Credo sia il desiderio e poi la capacità di confrontarci con le sue figure.
3) “Desiderio sessuale maschile vs potere” –
Viviamo la relazione sessuale più come una conquista, una ‘lotta’, o come un modo di ‘abbandonarci’?
Il desiderio sessuale maschile è storicamente segnato dalla dimensione del potere. Questi due campi del nostro sistema simbolico entrano però in forte contraddizione.
Da una parte la spinta erotica del piacere sessuale tende all’abbandono, come una forma di estasi, chiama a uscire da sé e trascendersi nell’altra. Vuol dire partecipare a un’altra vita, liberare qualcosa di sé e dell’altra che ancora non conosciamo. Io la vivo come nuotare in mare aperto.
Conosco però anche l’immaginario sessuale del potere, che funziona invece come una lotta, per la conquista del controllo dell’altra. E’ la pulsione a tenere, stringere, dominare. Qui subentra il principio violento di riduzione a sé dell’altra e, consapevole o meno, il pensiero fallico del pene e della penetrazione come arma. Forse questa necessità di controllo risponde alla grande paura maschile di perdersi, uccidendo però il desiderio sessuale, che ha a che fare con l’incontro libero. In questo contesto, potere e godere sono termini opposti: il potere dimostra qui una forma di impotenza a lasciarsi vivere in pienezza le relazioni.
4) “Intreccio maschile tra desiderio sessuale e cura” –
Come teniamo insieme la dimensione della cura e la nostra carica erotica, nella relazione di coppia?
C’è una mancanza ancora forte da parte degli uomini, rispetto alle donne, nell’ambito della cura in diversi contesti. Il punto che però voglio tenere è l’intreccio maschile tra desiderio sessuale e cura. Personalmente, ho pianto calde lacrime sulla canzone di Battiato La cura (che trovo ancora bellissima per come racconta la sua utopia), quando si è rotta la mia fantasia protettiva. Ma ho imparato qualcosa. Per esempio, che a volte la cura introduce nelle coppie una relazione sbilanciata, l’immagine di una figura forte che ne protegge una debole/filiale. Quando è così, con tutte le varianti della “protezione” al femminile-materno o al maschile-paterno, trovo una caduta della spinta erotica maschile.
Intrecciare questi ambiti, del desiderio sessuale e della cura, comporta forse qualcosa di diverso. Primo, riconoscere un legame di affidamento reciproco, che non solleva quei fantasmi genitoriali. Secondo, coltivare una capacità di autonomia e di distanza, nella relazione, che mantiene la temperatura del desiderio.
5) “Fuga o attraversamento maschile delle relazioni sessuali” –
Nello spostamento del nostro desiderio sessuale e nell’incontro di diverse donne, cambia la qualità delle nostre relazioni?
Posto che ciascuno avverte la sessualità degli altri, questo crea dei campi di forze, di attrazione o meno, che a volte diventano una leva di cambiamento. E’ il movimento stesso della vita. Mi interrogo però sulla natura relazionale di questo cambiamento, per noi uomini.
Nella mia esperienza, questa fortissima corrente del desiderio mi ha spinto in due direzioni molto diverse. C’è un desiderio sessuale centrifugo, che rimane tangente alle relazioni, quasi un riflesso condizionato che ci porta a cambiare partner, proprio per non superare una certa soglia di intimità. Altrimenti, viviamo quella forma del desiderio sessuale che attraversa le relazioni, che corre il rischio di farle e anche di disfarle ma sempre passando per il loro centro. Significa fare la misura di una relazione e viverne le qualità: di piacere e di conflitto, di presenza e di limite.
6) “Corpo maschile osceno” –
Nella relazione sessuale, viviamo il nostro corpo come desiderabile dall’altra? Il nostro corpo maschile mantiene un carattere “osceno” (da ob-scenus), ovvero qualcosa che è avverso, contrario al senso della scena. Tende cioè a non mettersi davvero a nudo, a non esporsi nella sua intimità al desiderio o rifiuto delle donne. Le palestre, la moda, le immagini maschili (e machiste) nel contesto attuale della società dello spettacolo sembrano non modificare questo profondo substrato: come il vissuto di un corpo non desiderato, che deve guadagnarsi/conquistare l’attenzione dell’altra. Credo ci sia qui una radice violatoria della sessualità maschile.
Il disvelamento del nostro corpo e dei vissuti che porta con sé è dunque una novità, una frontiera delle nostre relazioni sessuali. Implica però l’assunzione della nostra parzialità, del non ritenerci l’unico soggetto del desiderio.
7) “Il silenzio o le parole del desiderio” –
Sappiamo parlare del nostro desiderio sessuale?
Nella “seconda lettura” della mia vita, trovare le parole per dire di me nella tensione del desiderio è stata ed è tuttora una chiave di volta. Ho incontrato diversi contesti di parola e di relazioni, tra uomini e donne o solo maschili, poco visibili finché non li ho cercati davvero.
E’ richiesta però una mutazione del nostro linguaggio maschile corrente. E’ un parlare ovviamente diverso dal grande silenzio maschile sui propri sentimenti. E’ anche un parlare diverso da quello dell’ego che dice “io, io, mio…”. E’ infine diverso da quel neutro maschile che invece si nasconde nel proprio discorso, che parla in ogni campo del sapere, senza però dire niente di sé in rapporto al suo oggetto.
La disposizione che io ho conosciuto per dire il mio desiderio, per sentire vibrare dentro di me le mie parole, è invece quella di raccontarmi nella relazione, come parte di qualcosa.
8 “Desiderio sessuale maschile ‘mediato’ dalle donne alla generazione” –
Il nostro desiderio sessuale ha una spinta propria, interna, alla generazione?
Alla domanda se volessi avere figli, ho sempre risposto: “tutto dipende dalla mia relazione d’amore, non è un mio desiderio autonomo”. Concepisco questo desiderio, per me uomo, non come quello diretto di avere un figlio/a, ma come quello di essere a fianco di quella donna che direttamente genera. Tutto si gioca dunque nella relazione, nello spazio che noi creiamo tra questi desideri diversi, a partire dalla differenza costitutiva della generazione tra uomini e donne.
9) “Dominio sessuale vs senso della morte” –
Il controllo di una relazione sessuale ci dà la sensazione di non avere limiti?
Credo che l’accecante tensione al potere inteso come dominio, a partire dal dominio sessuale e poi in tutte le sue varianti – economico, politico, ecc -, sia infine un modo per esorcizzare la morte, come ogni altra “perdita” o trasformazione.
Quando “se ne è andato” mio padre, ho ripensato profondamente al senso del limite, a partire da quello estremo della morte. E ho trovato che proprio la cultura del limite, dell’impermanenza, ci restituisce al tempo presente e alle forme reali della vita e delle relazioni. Fuori controllo.
10) “Vivere i propri desideri o starne al di sotto” –
E infine, il nostro desiderio sessuale ci fa vivere le relazioni?
Mi sembra che questo tempo di grandi cambiamenti, a volte socialmente feroci, sia però denso di opportunità. Nelle relazioni sessuali, io sento una grande opportunità per noi uomini nel nuovo corso di libertà aperto da alcune donne. Abbiamo la scelta di essere vivi, essere in gioco per noi stessi e per altri/e, anziché restare al di sotto dei nostri desideri.