Ormai la scienza medica considera l’asportazione di un carcinoma mammario di piccole dimensioni come il suo una operazione di semplice routine, ma non sempre finisce così.
A gennaio 2015 le fu diagnosticato quello che la mentalità corrente definisce un “brutto male”, come se chiamandolo con il suo vero nome, si mancasse di rispetto o ci si spaventasse. Ma lei era una tipa che non sapeva mentire, nemmeno a se stessa. Preferiva il suo vero nome, che è carcinoma mammario. Sapeva che avrebbe dovuto accogliere la malattia, cui era preparata avendo avuto la nonna materna con lo stesso problema. Non ne era ossessionata, solo spaventata un po’, ma venne subito tranquillizzata dalle molteplici esperienze di guarigione delle amiche.
Ormai la scienza medica considera l’asportazione di un carcinoma mammario di piccole dimensioni come il suo una operazione di semplice routine, cui sarebbe seguita la chemioterapia solo in caso di linfonodo sentinella già colpito e un paio di mesi di radioterapia, abbinata a cinque anni di assunzione di un farmaco che blocca la produzione di ormoni femminili a scopo preventivo. L’équipe medica fu molto precisa e rassicurante, pur dicendole che prima si fosse fatto, meglio sarebbe stato. Quello stesso mese la sua promotrice culturale aveva già programmato un tour promozionale nelle Puglie, fatto di interviste TV, Radio e convegno letterario. Così se ne partì in attesa dell’intervento con una certa tranquillità, sapendo di essere in buone mani.
Venne poi operata, il linfonodo sentinella risultò intatto, quindi non dovette nemmeno subire la chemioterapia. La radioterapia invece sì, lo prevede il protocollo preventivo. Nel frattempo, fu anche sottoposta ad una serie di indagini diagnostiche per scongiurare la presenza di altre formazioni tumorali o pseudo tali, in quanto la terapia anti ormonale potrebbe produrne di nuovi nell’endometrio. Scovarono un polipo già annidato nell’utero e quindi glielo asportarono poco tempo dopo. Parlava con tutti, medici e pazienti, cercando di diffondere pace e benessere in quel luogo di sofferenza. Era tranquilla e rilassata, nonostante temesse l’ennesima anestesia locale.
Successivamente, sotto il macchinario della radioterapia si comportò alla stessa maniera con tutte le presenze ospedaliere, spargendo semi di compassione. Tutto ciò avvenne nei mesi compresi tra gennaio e giugno 2015. In autunno sottoposero il suo endometrio ad un ulteriore accertamento diagnostico, dove fu informata della presenza di un nuovo polipo. Se nella primavera successiva fosse risultato ingrossato, glielo avrebbero asportato.
Ormai sapeva di non avere niente da temere e scherzava dicendo agli amici: Gente, stavolta vi invito a cena, polipo in insalata con le patate per tutti. Non prendeva l’intervento con leggerezza, ma sdrammatizzava accettandolo, facendolo suo. Si concentrò su tutto il resto della sua vita, appassionata verso il prossimo sia per mestiere che per diletto. Al successivo controllo il polipo endometriale era sparito. I medici erano tanto sbalorditi da averla sottoposta ad esami e contro esami, ma nulla. Il polipo era svanito nel nulla, con smacco degli amici che già si aspettavano un bell’antipastino.