Inutile dire alle nostre figlie, alle donne di domani, che per loro sarà facile affermarsi. Che i pregiudizi sono superati. Che la meritocrazia e le pari opportunità sono ormai assodate.
Non sarà facile per nulla. Non sarà facile per nessuno, figurarsi per le donne. Che continuano a essere più fragili fisicamente, dare più importanza agli affetti e far fatica nel gioco di squadra (in cui gli uomini sono invece molto più bravi).
Giornalista, scrittrice. Sta portando nelle scuole il suo ultimo romanzo Il sogno di Anna (Feltrinelli).
Utile invece dire alle nostre figlie, alle donne di domani, che tante conquiste sono state fatte nel corso degli anni. Grazie a donne coraggiose e uomini illuminati.
E cosa più delle storie (vere) è in grado di raccontare questi progressi e dare un’iniezione di fiducia?
Lo fa il libro Storie delle buonanotte per bambine ribelli, scritto da Elena Favilli e Francesca Cavallo. Due donne, due imprenditrici, due startupper, che hanno voluto rappresentare in due pagine (una di testo e un’illustrazione) 100 donne simbolo dell’emancipazione femminile. Un bestseller, grazie all’intraprendenza (e al crowdfunding).
E lo fa il film Il diritto di contare (Hidden figures), diretto da Theodore Melfi, con Taraji P. Henson, Octavia Spencer, Janelle Monáe e Kevin Costner.
Corrono gli anni Quaranta del secolo scorso, siamo negli Usa, in Virginia, stato ancora segregazionista. Le persone di colore non possono mescolarsi ai bianchi sugli autobus, vanno in bagni riservati. Le donne di colore, poi, hanno ancora più limitazioni e meno diritti. Eppure alcune di loro, menti matematiche brillanti, lavorano alla Nato. Peccato che non possano avere promozioni, firmare rapporti, partecipare a riunioni. Sulla storia vera di tre di loro è stato scritto il libro (di S. M. Lee, Harper Collins, 18 euro), omonimo al film uscito l’8 marzo.
Storia edificante di tre donne che riescono a conquistare dei diritti fondamentali, come quello di frequentare l’università e laurearsi in ingegneria, ottenere una sacrosanta promozione, veder riconosciuto ufficialmente il lavoro svolto. Queste tre donne afroamericane – a prezzo di umiliazioni, sacrifici, porte in faccia e delusioni – riuscirono a far emergere il proprio genio. E far compiere significativi passi in avanti per l’emancipazione.
Una di loro, Katherine G. Johnson, è ancora viva. A 97 anni
minimizza: «Io trovavo una soluzione ai problemi che andavano risolti. Ma volevo capire sempre meglio l’importanza di ciò che facevamo. Nel caso di un calcolo, volevo sapere a che cosa serviva e perché fosse vitale».
È anche grazie a lei, Dorothy Vaughan, Mary Jackson e tutte le donne di colore della Nasa se gli Stati Uniti all’epoca vinsero la corsa allo spazio ingaggiata con l’Unione Sovietica.
Dichiara l’autrice del libro: «Erano come sorelle, sapevano di doversi sostenere reciprocamente e di doversi spronare a rendere il 150%, perché sarebbero state misurate con un metro differente. Credo sapessero di avere la rara opportunità di aprire la strada ad altre donne di colore in un futuro che sarebbe stato diverso».
Ed ecco il consiglio che Katherine dà a chi oggi raccoglie le sfide nel mondo del lavoro o nella vita di tutti i giorni: «Attenetevi al problema. Qualunque esso sia, c’è sempre una soluzione. Una donna può risolverlo e anche un uomo può farlo… se gli concedete più tempo! Una donna surclassa sempre un uomo nel gestire contemporaneamente più attività».
Il diritto di contare è un film epico e bellissimo, da far vedere alle bambine, le donne di domani, perché capiscano che i loro diritti sono il frutto di tanti anni di lotte e sacrifici. E che le donne – quando vogliono e possono – hanno davvero una marcia in più.
Oltre a mostrare il lato professionale, il film illustra anche quello privato. E dimostra come a volte le maggiori resistenze si incontrino presso compagni e mariti, che possono anche far fatica a capire e accettare qualità e ambizioni delle partner.
Un film forse un pizzichino troppo “americano”. Ma un po’ di sogno e utopia vogliamo concederceli, almeno al cinema? Alzi la mano chi di noi non ha mai sognato che un uomo facesse per lei ciò che Kevin Costner fa nel film per una delle protagoniste.
In chiusura la frase clou del film: «O raggiungiamo l’obiettivo insieme o non ce la faremo mai». Che valga per tutte le donne, di oggi e di domani, perché imparino a lavorare con impegno e passione. Ma, soprattutto, unite e solidali.
Lucia Tilde Ingrosso
Giornalista, scrittrice. Sta portando nelle scuole il suo ultimo romanzo Il sogno di Anna (Feltrinelli).