Per la ricorrenza del 25 Aprile, giornata della Liberazione e ricorrenza fortemente simbolica, è stato fatto un lavoro di ricerca di quante strade nel Veneto ricordino partigiane
di Nadia Cario
PARTE PRIMA
Per la ricorrenza del 25 Aprile, giornata della Liberazione e ricorrenza fortemente simbolica, è stato fatto un lavoro di ricerca di quante strade nel Veneto ricordino partigiane, staffette, resistenti o Giuste che hanno combattuto e agito a vario titolo per salvare e liberare persone e patria. Sono molte poche, anche se i dati raccolti e diffusi dall’Associazione Nazionale dei Partigiani e Partigiane (ndr) d’Italia ricordano che sono 35.000 le Partigiane, 20.000 le Patriote e 2.900 tra fucilate o cadute in combattimento. Il riconoscimento ufficiale da parte dello Stato si è concretizzato con l’assegnazione di 16 Medaglie d’oro e 17 Medaglie d’argento al Valor Militare.
Cecilia Deganutti. Oderzo (TV)
Cecilia Deganutti (Udine 26.10.1914 – Trieste 4.04.1945)
Insegnante elementare, venne insignita della Medaglia d’oro al Valor militare alla memoria e la Medaglia d’oro della Croce Rossa. Infermiera diplomata della Croce Rossa Italiana, dopo l’armistizio si dedica all’assistenza dei militari italiani internati in Germania. Rientrata in Italia, prende parte alla Resistenza, militando nelle Brigate “Osoppo-Friuli”. Per mesi assolve a rischiosi compiti informativi, operando a Udine e nella Bassa Friulana. Catturata dai tedeschi e tradotta a Trieste, dopo essere stata torturata, venne richiusa nella famigerata Risiera di San Sabba. Qui viene uccisa e bruciata nel forno crematorio.
Insegnate di francese, entra nella Resistenza come staffetta di raccordo tra i comitati provinciali di Venezia, Padova, Vicenza e Rovigo. Nel gennaio del 1945, cade nelle mani della polizia. Arrestata con altri membri del CLN, viene detenuta e torturata dalla banda Carità a Palazzo Giusti a Padova. Deportata a Campo Tures, presso Bolzano evita il trasferimento in Germania per l’avvenuta Liberazione. Scrive il libro La Croce sulla schiena raccontando l’esperienza vissuta. Nel dopoguerra entra in politica, organizzando nella regione il movimento femminile della Democrazia cristiana. Diventa deputata al Parlamento nel 1953. Lavora nelle commissioni Lavoro e Previdenza e collabora con Tina Anselmi al coordinamento delle giovani democristiane. Nel 1958, quando decide di lasciare la vita politica, si dedica prevalentemente ad attività di carattere assistenziale fondando, nel 1963, l’istituto laico “Missionarie della carità”, che ha come scopo il recupero delle prostitute e la tutela delle ragazze madri.
Medaglia d’oro al valor militare. Nel corso di un rastrellamento, un gruppo di partigiani, tra i quali c’era Livia, aveva trovato rifugio in una casa di Cima, a Porlezza. La casa venne circondata dai fascisti. Dopo un lungo scambio di colpi, i partigiani, esaurite le munizioni, dovettero arrendersi. I fascisti condussero subito i loro prigionieri verso un muro del locale cimitero per eliminarli, quando il comandante dei militi si rese conto che nel gruppo c’era anche una donna. Offrì quindi a Livia la possibilità di sottrarsi alla morte e di andarsene. Lei rifiutò e volle essere trattata come i suoi compagni di lotta.
Operaia, prende parte alla resistenza vicentina come staffetta di raccordo. Cade il 28.4.1945. Le viene intitolato il Battaglione della Brigata Stella.