La sua prima tinta bionda la fece nel 2001. O meglio, non era una vera e propria tinta, ma sulla sua base naturale, una sorta di castano scuro, spento, le fecero risplendere quelle che allora si chiamavano mèches. Poi colpi di sole. Poi shatush. Poi il grande boh.
Con la piega liscia le davano un tocco di non so che. Con il suo mosso naturale, però, sembravano solo capellacci grigi. Dato il successo ottenuto al matrimonio del cugino, risolse di tenerseli lisci e mesciati. Purtroppo la ricrescita non perdona, quando tornò dal parrucco due mesi dopo per il ritocco, si sentì dire che il risultato sperato non sarebbe stato garantito, che quelle sei/sette mèches degli inizi si sarebbero inevitabilmente moltiplicate, che andava ritoccato anche il colore, da scegliersi in una tonalità più dorata. Quando, dopo 3 ore di lavorio intenso, ne uscì, era bionda, inequivocabilmente bionda, cretina e bionda. Bionda e bionda. Oca e bionda. Risolse allora di essere oca del tutto, non solo per via del colore.
Scoprì che a essere oca, ci sono dei vantaggi. Non si deve dimostrare a nessuno di essere intelligente e saputa. Non occorre trattare nessuno dall’alto in basso. Non ci si ritrova iscritti al quiz TV a propria insaputa. Si può evitare di depilare le ascelle, tanto nessuno le guarderà. Ci si ritrova sposate in un secondo.
La sua nuova vita da bionda iniziò così, con la serenità dei cretini, ma acquisita, perché aveva un cuore castano. Finalmente nei siti di dating che frequentava, iniziò ad essere contattata a scopo matrimoniale. Uomini di ogni età ed estrazione sociale le chiedevano la mano ancor prima del numero di telefono. L’inusitato cambiamento la fece sorridere, aveva l’imbarazzo della scelta.
Che cadde su un fanciullo quasi imberbe da tanta era bassa la sua età, avrebbe potuto essere benissimo suo figlio. Però cultura, arguzia e intelligenza la conquistarono. Era una donna di mondo, non badava alla differenza di natalità, ma alla sostanza. Iniziarono a frequentarsi, a scambiarsi emozioni cerebrali. Il fanciullo si dichiarava interessato a lei, per via delle rughe che adornavano la sua carne molliccia. In poche parole, un gerontofilo con il gusto dell’orrido. A lei, per contro, prendeva molto la tenera età del fanciullo, sia per benefici spirituali che fisici.
Su quella romanata del Ponte Milvio, testimone di tanti fidanzamenti lucchettati, compirono il loro rito personalizzato, piercinando il travertino del ponte stesso col lucchetto e buttandone le chiavi nel Tevere. Si ritennero così sposati per sempre dall’infinito passato per un futuro senza fine. Da castana qual era, aveva intuito che la cosa non avrebbe funzionato, ma volle crederci ugualmente. Ma dopo neanche due giorni, il gerontofilo fanciullo conobbe una sedicenne e. Punto.
La bionda acquisita rinunciò alla cretineria e tornò scura, neroblu, preferendo uno sforzo continuo e costante verso la saggezza che non aveva.