Superato l’ormai antico orientamento giurisprudenziale che legava la quantificazione dell’assegno di mantenimento in caso di divorzio al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
La Corte di Cassazione, I sezione Civile, con la n. 11504, in materia di assegno di divorzio, ha fissato nuovi parametri di riferimento per il riconoscimento dell’assegno di divorzio, superando l’ormai antico orientamento giurisprudenziale che legava la quantificazione dell’assegno di mantenimento in caso di divorzio al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
I giudici hanno ritenuto infatti che una volta sciolto il matrimonio, il rapporto matrimoniale si estingue definitivamente sia sul piano personale – e quindi i coniugi devono considerarsi da
allora in poi single – sia sul piano economico/patrimoniale, venendo meno il reciproco dovere di assistenza morale e materiale.
Sul piano personale, il divorzio è frutto di scelte individuali che riguardano la libertà della persona ed implicano l’accettazione da parte di ciascuno degli ex coniugi, delle relative
conseguenze anche economiche.
Per la Suprema Corte il discrimine tra solidarietà economica ed illegittimo arricchimento sta proprio nel giudizio sull’esistenza o meno, delle condizioni del diritto all’assegno. Di conseguenza, gli Ermellini hanno introdotto in materia il “principio di autoresponsabilità”, che è legato alla libertà delle scelte esistenziali della persona, principio – peraltro adottato nelle
legislazioni di molti Paesi dell’Unione Europea – attraverso il quale si è addirittura esclusa l’esistenza di un obbligo di mantenimento dei figli ultra maggiorenni non indipendenti
economicamente.
La Suprema Corte poi si è spinta oltre, elencando i principali indici per accertare la sussistenza o meno dell’indipendenza economica dell’ex coniuge richiedente l’assegno di divorzio e, quindi, l’adeguatezza o meno dei mezzi, nonché la possibilità o meno, per ragioni oggettive, dello stesso di procurarseli
E’ dunque evidente la portata innovativa della sentenza in esame, poiché la parte richiedente l’assegno divorzile dovrà fornire la prova delle concrete iniziative assunte per il
raggiungimento della indipendenza economica
E’ proprio in questa modifica che risiede il vero carattere innovativo della sentenza in commento. Infatti, dopo quasi 30 anni la Corte ha ritenuto non più attuale il parametro,
condizionante e determinante, del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, avendo ritenuto che il parametro di riferimento deve essere individuato nel raggiungimento d’ indipendenza economica del richiedente: se è accertato che quest’ultimo è economicamente indipendente o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto il relativo
diritto, in virtù della natura esclusivamente assistenziale dell’assegno di divorzio.
L’accertamento nella fase giudiziale del diritto all’assegno di mantenimento, attiene esclusivamente all’ex coniuge come singolo individuo. Vale a dire che non vi sarà alcun
riferimento al preesistente rapporto matrimoniale. Solo nella fase della determinazione dell’assegno, allorquando dovuto, sarà legittimo procedere ad un giudizio comparativo fra le
rispettive posizioni personali ed economiche-patrimoniali degli ex coniugi
Alla luce di questa sentenza, il Giudice del divorzio, dovrà preliminarmente verificare se la richiesta dell’assegno di divorzio soddisfa le condizioni di legge (mancanza di mezzi adeguati
o, comunque, impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive), con esclusivo riferimento all’indipendenza o autosufficienza economica del richiedente, al fine di stabilire l’esistenza o
meno del diritto all’assegno.
Laddove questa prima fase si sia conclusa con esito positivo per il richiedente, il Giudice del divorzio, dovrà procedere alla determinazione della misura dell’assegno valutando tutti gli
elementi indicati dall’art. 5, della legge n. 898 del 1970 (condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed
alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, reddito di entrambi), anche in rapporto alla durata del matrimonio, al fine di determinare in concreto la misura dell’assegno di
divorzio.
La Cassazione si è così adeguata ad una necessità di cambiamento dell’interpretazione normativa ormai ritenuta necessaria da anni, offrendo ai Tribunali, che già si stavano
muovendo in tal senso, un nuovo e più attuale strumento di interpretazione delle norme in materia di assegno di divorzio che potrà porre fine a situazioni di indebito arricchimento e che
costituisce un ulteriore passo avanti per la parità di genere, adeguandosi peraltro alle legislazioni di buona parte dei Paesi dell’Unione Europea
L’aver eliminato il parametro di riferimento costituito dal tenore di vita goduto durante il matrimonio, magari molti anni prima e per poco tempo e in una situazione di crisi come quella
attuale in cui il divorzio è una delle prime cause di impoverimento di entrambi i coniugi, potrà forse riportare equilibrio e giustizia nelle relative cause.