Il premio Calvino è andato a Emanuela Canepa, autrice del romanzo ”L’animale femmina”, che è stato considerato un romanzo compiuto, maturo, di esemplare nitidezza nella struttura e incisivo nella lingua, che mette in campo uno spiazzante gioco di seduzione senza sesso e che, pur attento alla psicologia maschile, dà in particolare voce, con stringente analitica, alla forza carsica del femminile.
Ieri al Circolo dei lettori a Torino si è tenuta la premiazione della XXX edizione del Premio Calvino, che viene attualmente considerato il più prestigioso premio italiano per narratrici e narratori esordienti e inediti.
Dei nove tra candidati e candidate, soltanto due le donne, ma entrambe premiate dalla giuria, che era composta quest’anno da Rossana Campo, Franca Cavagnoli, Mario Desiati, Marco Missiroli, Mirella Serri.
Il premio è infatti andato a Emanuela Canepa, autrice del romanzo L’animale femmina, che è stato considerato “un romanzo compiuto, maturo, di esemplare nitidezza nella struttura e incisivo nella lingua, che mette in campo uno spiazzante gioco di seduzione senza sesso e che, pur attento alla psicologia maschile, dà in particolare voce, con stringente analitica, alla forza carsica del femminile”
Ben tre le menzioni speciali della giuria, a sottolineare l’eccellenza dei testi della presente edizione: a Presunzione di Luca Mercadante, La fine dell’estate di Serena Patrignanelli, Jimmy Lamericano di Roberto Todisco. Questa la motivazione della menzione al romanzo di Serena Patrignanelli: “Nella ‘Fine dell’estate’, romanzo di ampio respiro e di grande potenziale, l’autrice crea − sul filo della memoria e di un alluso sfondo di borgata e di guerra − un proprio originale universo narrativo, in bilico tra realtà e fantasia, dominato dai ragazzini.”
Congratulazioni alla vincitrice, ai menzionati, a finaliste e finalisti. Ma ora, qualche osservazione è d’obbligo. Qualche dato, prima di tutto: come abbiamo verificato, i manoscritti che arrivano al Premio Calvino sono per il 60% di autori maschi, mentre il 40% è a firma femminile. Sarebbe interessante indagare sul motivo di tale presenza femminile minoritaria, ma ora vorrei ragionare su un altro fenomeno. Il numero delle finaliste è costantemente inferiore, e di molto, alla soglia del 40% – dato, pure questo, che ci pone qualche interrogativo – e ciò si è verificato anche in quest’ultima edizione (due donne su nove finalisti). Ma poi le vincitrici superano il 37%, avvicinandosi di molto alla soglia del 40%, risultato che pone il Premio Calvino in una luce quasi virtuosa, per così dire, soprattutto se si tiene conto del fatto che nello Strega, per esempio, le vincitrici sono solo il 14%.
Dunque le donne che scrivono (o che mandano i loro romanzi ai premi letterari, o perlomeno al Calvino) sono meno degli uomini, quelle che vengono selezionate come finaliste sono meno ancora, e di molto, ma alla fine queste vincono di più, in proporzione, rispetto agli uomini che vanno in finale. Bizzarro, eppure succede così da trent’anni. Un motivo ci sarà… Mi piace pensare che le donne che vogliono arrivare forse non sono ancora tantissime, ma siano in aumento. E che comunque siano ben consapevoli del fatto che per riuscirci debbono ricorrere a tutta la propria riserva di energia, perché la lotta è dura, e ciò ne fa delle temibili competitrici per i maschi. Questo, almeno, mi sembra di leggere nello sguardo diretto e determinato della vincitrice di quest’anno.
Leggeremo con particolare interesse ”L’animale femmina”, titolo certamente intrigante, se e quando arriverà in libreria, ma non dubitiamo che ciò avvenga.