All’interno delle questioni di genere e della necessità di educare alle differenze nelle scuole, di cui ho già avuto modo di parlare, i recenti esecrabili avvenimenti di Rimini e relativi commenti, sono la prova che tale necessità non solo è presente, ma è anche urgente e va assolutamente presa in carico a livello globale. In primis nelle scuole, non lasciando il tema all’iniziativa del singolo istituto, ma affrontandolo a livello programmatico e sistematico (e magari invece che produrre follie come i licei di quattro anni….) e in secondo luogo mettendo in campo forze anche per gli adulti, come si è fallimentarmente tentato di fare con il Fertility Day che era sbagliato fin dal concetto stesso, ma che ha dimostrato che, quando vuole, lo Stato è disposto a utilizzare i soldi dei contribuenti per campagne a livello totale. E’ ora, quindi, che si ripeta la volontà, scegliendo il contrasto alla violenza di genere in tutte le sue forme (dallo stupro al femminicidio, dall’educazione sessuale alla lotta alle discriminazioni).
Uno dei nodi cruciali che incontra l’educazione sessuale nella scuola, è costituito dallo scontro con la realtà cattolica che non solo permea comunque ancora la realtà in cui viviamo, nonostante le chiese sempre più deserte, ma ha una sua “task force” capillare ed efficace che le permette di diffondere la propria idea di educazione sessuale senza incontrare gli ostacoli che, invece, una educazione sessuale laica incontra suscitando timori ed ansie in primis nei genitori. Prima di capire quali siano i timori e le ansie dei genitori, mi piacerebbe dare uno sguardo ai valori che l’educazione sessuale cattolica promulga. Una delle “frange” culturali più potenti in questo senso è Comunione e Liberazione, che fa della cultura, dello studio, del “sapere”, del “reale” uno dei propri cavalli di battaglia. Vincente, evidentemente.
Copio qui un brano preso dal sito ciellino www.culturacattolica.it
Il linguaggio della sessualità
La sessualità, avendo in sé inscritta la domanda originale ed unica di ogni uomo: “Chi sono?, Qual è la felicità a cui tendo?”, è da considerarsi comunicazione, linguaggio di ogni persona. Il linguaggio della sessualità ha come principale caratteristica che l’uomo nel suo essere personale è strutturalmente fatto per una comunione interpersonale fino alla donazione totale di sé: la conoscenza dell’altro si esprime e si comunica attraverso l’essere corporeo e relazionale, l’atto coniugale è espressione dell’amore e dell’unità tra i coniugi. Questa struttura profonda può dirsi il significato, anche se a volte solo intuito nell’esperienza, dell’essere umano ed indica il destino a cui ciascuno è chiamato e di cui si può avere tanto maggiore consapevolezza quanto più la persona coglie la propria identità in questo “ritrovarsi attraverso il dono totale di sé” e si assume il compito di realizzarlo. La sessualità non è quindi un essere “con qualcuno”, ma un essere “per l’altro” nella sua alterità e diversità, e l’uomo e la donna sono fatti uno per l’altra. Il prendere coscienza del significato dell’ “esistere per l’altro” e non in funzione dell’altro, determina che l’Io possa concepirsi solo attraverso il criterio, l’etica del donarsi.
In caso contrario dominerà la ricerca dell’ impossessarsi, del consumare l’altro per acquistare o confermare l’illusorio valore di sé.
Questo essere per l’altro, che nella relazione coniugale è manifestazione della donazione reciproca, è condizione perché la coppia diventi capace di generatività nei confronti di se stessa e dei figli cui daranno la vita. Quindi, nella dimensione ontologica del linguaggio del corpo è naturalmente inscindibile il significato unitivo da quello procreativo dell’atto coniugale che rende l’unione tra un uomo e una donna che si amano destinata alla procreazione di cui il figlio diventa simbolo e segno.
Questo brano è, a livello comunicativo, di eccezionale livello. Sfido chiunque, nel leggerlo, a trovare un difetto nella logica, nel condurre il lettore alla conclusione desiderata, o anche un difetto concettuale. Si parla di amore, si parla di rispetto, di parla di non violenza, si parla di relazione privilegiata e imprescindibile nell’essere umano.
Per chi volesse leggerlo tutto, è anche presente una bellissima e cristallina ammissione che la sessualità umana, per quanto, come si vede dalla conclusione, sia naturalmente finalizzata alla procreazione, non è assolutamente paragonabile a quella animale che ha la stessa finalità.
La perfezione assoluta in termini di chiarezza, logica, rassicurazione. Il sesso tra persone è bellissimo, divino, connaturato, non da censurare, è addirittura esaltazione dell’umano, purchè se ne riconosca il fine donativo che, in ultimo, è quello procreativo.
E’ la dimostrazione del successo dell’educazione sessuale cattolica.
Perché? Quali sono le alternative? Ecco il nodo principale. Le alternative sino ad ora sperimentate, sono alternative fallimentari che generano ansie e timori nei genitori e che offrono il destro a critiche fondate da parte della task force cattolica che infatti detiene ancora il monopolio di una educazione sessuale di successo.
I temi dell’educazione sessuale laica di cui ho avuto conoscenza, sono semplicemente legati alla funzione “fisiologica” e “biologica” degli organi sessuali, a una questione igienica / sanitaria (malattie sessualmente trasmissibili) e di “normalità” del piacere fisico che si trae dall’atto sessuale. Qua e là un vago accenno alle forme di rapporti sessuali diverse dall’accoppiamento ai fini riproduttivi.
Questo quando chi promulga il corso di “educazione sessuale” è, diciamo, un moderato. Ma è facile trovare anche un tipo di educazione sessuale basato sull’unico concetto del “il corpo è mio e me lo gestisco io” trattandolo unicamente come strumento finalizzato al proprio piacere, senza nessun tipo di valore legato all’atto sessuale in sé.
Nessuna meraviglia che, dinanzi a questo sconfortante vuoto, i genitori si sentano in ansia davanti alla prospettiva di una educazione sessuale e abbia più peso l’educazione cattolica, così rassicurante, così completa, così ben strutturata.
Perché, diciamocelo chiaro, il sesso tra persone non può essere disgiunto da una dimensione emotiva, psicologica, di sistema di valori. Non può essere semplicemente un mezzo di piacere come un altro, perché contempla davvero la relazione tra due individui. Quando si entra in relazione con un’altra persona, o se ne riconosce il pieno valore, pari al proprio, o la relazione non è autentica. Manca, nell’educazione sessuale laica, questo aspetto legato al valore. Mettere il proprio corpo in relazione sessuale col corpo di un’altra persona significa mettere il proprio io, la propria totalità umana in relazione con un’altra totalità umana.
Ci troviamo quindi di fronte a due realtà contrapposte, a livello di educazione sessuale:
- quella cattolica, che concepisce il sesso come valore solo se ammantato della dimensione “progettuale” di un figlio, visto come fine ultimo dell’amore e del rispetto tra persone di sesso diverso
- quella laica, che concepisce il sesso solo come fatto fisico. Che condanna certamente gli abusi e le violenze, perché parla di consenso e di libertà, ma, slegandolo dal valore, lo relega a passatempo.
Nessuna di queste due realtà affronta il vero nodo che deve essere alla base di ogni relazione umana, perché sia davvero “umana”. E cioè l’uguaglianza. Tutti gli esseri umani sono uguali perché, a prescindere dalle differenze fisiche che li contraddistinguono, sono persone. L’educazione cattolica fa della diversità fisica il proprio cavallo di battaglia: se c’è differenza fisica tra maschio e femmina, è perché Dio ha voluto così e quindi i rapporti autentici possono essere solo quelli derivanti da questa differenza fisica. Ci aggiunge tutto un sistema di valori lodevolissimo e condivisibile, legato al rispetto e all’amore, ma si basa non sull’uguaglianza di maschi e femmine in quanto espressione dello stesso valore dell’umanità, dove quindi le differenze biologiche sono “incidentali”, bensì sulla differenza fisica. Escludendo in tal modo tutte le persone che in questa differenza fisica non si riconoscono, non si limitano, non si esprimono. Ponendovi, di conseguenza, un giudizio di valore che è semplicemente ingiusto.
Le attuali alternative laiche, poco presenti, poco convinte, non programmatiche, casuali e non incisive, hanno invece il pregio di disgiungere i rapporti sessuali tra persone dal mero fine procreativo, ma non contemplano assolutamente il concetto di valore della persona che, nel rapporto sessuale, mette in gioco se stessa nella propria totalità e non solo il proprio corpo. Questo tipo di educazione non è convincente, non può prendere piede, non è completo.
Serve quindi, e con urgenza, una piena presa di coscienza dell’uguaglianza di tutti gli esseri umani, che siano maschi o femmine, neri o bianchi, Europei o Africani, cittadini italiani o no, che passa dalla cultura, dalla conoscenza, dalla condivisione ed è l’unica vera base di qualsiasi discorso educativo, compresa l’educazione sessuale.
Ma un popolo ignorante si sfrutta meglio.