Scalare le montagne, per una donna dell’Ottocento, era un’ impresa sconveniente, in un’epoca in cui il coraggio e la forza fisica erano attribuiti solo agli uomini. Nel XVIII secolo alcuni medici sostenevano che lo sforzo fisico, necessario per compiere una scalata, avrebbe potuto portare una sterilità.
Marie Paradis fu la prima donna a raggiungere la cima del Monte Bianco il 14 luglio del 1808, senza allenamento e senza attrezzatura idonea, coadiuvata soltanto da un gruppo di guide. Mentre ad Henriette d’Angeville fu conferita l’ufficialità di questo primato nel 1838.
Henriette era una contessa, una viaggiatrice del “turismo d’élite” di quei tempi, e compì l’impresa all’età di quarantaquattro anni. Raggiunse la vetta con indosso una gonna, con l’aiuto di un bastone e con dodici tra guide e portatori. Proprio perché donna, il suo primato fu commentato con toni sprezzanti. Al suo ritorno, una guida di Chamonix le disse: “Avete avuto il grande merito di andare sul Monte Bianco ma bisogna convenire che il Monte Bianco ne avrà molto meno ora che anche le signore possono scalarlo”. Invece Mary Isabella Stratton fu la prima a scalarlo nel periodo invernale, il 31 gennaio 1876.
fu la prima donna che scalò i monti Disgrazia, Piz Palù, Piz Sella e Piz Zupò in Engandina. Era la figlia unica di un baronetto inglese e agli agi preferì l’avventura. Scrisse: “L’entusiasmo della lotta è ciò che rende la vita degna di essere vissuta; e in nessun luogo come in montagna ci si trova subito nel più fitto della mischia dove, mente e corpo insieme, debbono esplicare le loro migliori energie per vincere le opposizioni della natura”. Fu anche fotografa e scrisse molti resoconti di viaggi e di escursioni su riviste inglesi ed americane. La prima donna a scalare il Monte Cervino, nel 1871, si chiamava Lucy Walker. Era nata a Liverpool nel 1835, Nel 1909 aderì al “Ladies’ Alpine Club”, un club alpino britannico per sole donne, diventandone in seguito presidente dal 1913 al 1916, anno della sua morte. Anche lei raggiunse la vetta con l’abbigliamento tipico del tempo: abito con gonna ampia, lunga sottoveste e cappello.
Era italiana e si chiamava Alessandra Boarelli la prima donna che il 16 agosto del 1864 riuscì a scalare il Monviso. Era nata a Torino nel 1838. Da sempre appassionata di alpinismo, nel 1863 tentò una prima scalata al Monviso ma non ci riuscì a causa delle avverse condizioni meteorologiche.
Una settimana dopo, Quintino Sella riuscì nell’impresa e dedicò ad Alessandra un pianoro chiamandolo “maita Boarelli”. Poco dopo ci riuscì anche lei con una spedizione in cui era presente un’altra donna: Cecilia Fillia di quattordici anni che era la sua damigella. Alessandra era sposata e madre di due figli, era una donna colta che sfidava i pregiudizi di genere di quei tempi. Viene considerata la madrina dell’alpinismo femminile. Morì a Verzuolo, in provincia di Cuneo. Nel 2014, in quel comune le è stata intitolata un’area verde.
Tre sorelle, Angela, Annina e Minetta Grassi, di Tolmezzo, costituirono nel 1879 la prima cordata femminile di scalatrici. Quando scalarono il Monte Sernio, provocarono reazioni indispettite dei membri del club alpinistico locale. Scalarono il Sernio il 21 Agosto 1879 e riuscirono nell’impresa che altri uomini avevano tentato senza successo.
Alison Jane Hargreaves, inglese, nata nel 1962, è stata la prima donna a scalare da sola tutti i versanti occidentali delle Alpi in una sola stagione. Una volta aveva affrontato una scalata in solitaria incinta di sei mesi, e a chi la criticava rispondeva: “Ero incinta non malata”. Ribelle sin dall’adolescenza lasciò gli studi, nonostante i brillanti risultati, per seguire la sua grande passione: l’alpinismo. Purtroppo è morta nel 1995, a soli trentatre anni, durante una scalata al K2. Invece è stata Wanda Rutkiewicz la prima al mondo a raggiungere la vetta del K2 senza ossigeno supplementare nel 1992. Nata in Lituania, classe 1943, ha conseguito laureata in Ingegneria Elettrica al Politecnico di Breslava.
Da “Le mille i primati delle donne” dell’Associazione Toponomastica femminile a cura di Ester Rizzo