In questo momento sapreste elencare almeno cinque nomi di artiste, che siano figure di rilievo nelle arti figurative?
E nel design? Nel cinema o nella fotografia?
Speriamo di sì, ma non ci stupiremmo del contrario.
Quando lanciammo questa rubrica lo facemmo con qualche timidezza: stare dalla parte della artiste di tutti i campi e di tutte le discipline, ergersi a difesa dei loro diritti suona generico, persino pretenzioso, e certo deve essere giustificato e motivato. Il titolo, Artediparte, è proclamazione consapevolmente ironica che denuncia una realtà difficilmente negabile: nei mondi artistici le donne non hanno ancora conquistato parità di spazi e di ruoli ed eguali affermazioni.
In tutte le carriere artistiche si registrano ritardi tanto più gravi quanto meno riescono a destare attenzione nella pubblica opinione. Anche alcune note attrici di Hollywood hanno alzato la voce per denunciare un’evidente sperequazione nella distribuzione dei ruoli, nel finanziamento dei progetti e persino nella retribuzione delle prestazioni artistiche nel mondo del Cinema. Altre importanti iniziative ci incoraggiano a proseguire nel nostro impegno: il National Museum of Women in the Arts di Washington D.C. lancia la campagna #5WomenArtists. La sfida, nominare almeno cinque nomi di artiste, è finalizzata ad aumentare la consapevolezza della disparità di genere nelle arti e nelle raccolte dei musei o delle gallerie. Chiedendo infatti a cittadini e cittadine, ma soprattutto ai professionisti e alle professioniste che si occupano di arte, di nominare almeno cinque artiste, si chiede di riflettere e acquisire consapevolezza di quanto è ancora necessario lavorare perché le artiste stesse e i loro lavori siano supportati e promossi e perché siano presenti in maggior numero nelle collezioni permanenti dei musei.
All’iniziativa, nata lo scorso anno – come ci ricorda un articolo dell’Huffigton Post a firma di Katherine Brooks – hanno partecipato quasi 400 musei d’arte, biblioteche e gallerie provenienti da 20 paesi; la campagna sui social media, come si usa dire in questi casi, è stata virale. Ha avuto il merito di attirare l’attenzione del pubblico su molti interessanti lavori di artiste storiche, da Artemisia Gentileschi alla meno nota pittrice del Seicento Judith Leyster, da Dora Hitz, cofondatrice del movimento artistico della Secessione (ma è citata sui libri di Storia dell’arte?) fino alle molte. ma poco valorizzate, nostre contemporanee. Tante le istituzioni ma anche gli account di privati che hanno collaborato alla campagna del 2017, contribuendo a diffondere la sfida di #5WomenArtists a livello mondiale: 520 istituzioni culturali americane e internazionali provenienti da sette continenti e 30 Paesi (dati del sito del National Museum of Women in the Arts). Fino a 10 mila persone hanno partecipato alla promozione delle artiste con più di diciassettemila tweet e diecimila post su Instagram, oltre a numerosissimi contributi su Facebook.
In Italia la notizia è stata segnalata su La ventisettesima ora da Roberta Scorranese, che ci ricorda come anche in Italia sia in corso una campagna che invita a scrivere su Wikipedia le voci che riguardano pittrici, scultrici e performer, ed intensa in questo senso è l’attività svolta dall’associazione Toponomastica femminile.
Questo genere di iniziative è di solito promosso in occasione della celebrazione della Giornata internazionale della donna ovvero del mese di marzo inteso come periodo particolarmente dedicato alla riscoperta dell’arte femminile. Certo, bisognerebbe destagionalizzare – come si direbbe per le vendite del panettone – questo genere di azioni positive a contrasto delle discriminazioni nel campo dell’arte, che dovrebbero essere il punto di partenza di molte iniziative artistiche durante tutto l’anno, punto d’onore e faro ispiratore di tutte le istituzioni culturali internazionali: è un obiettivo su cui lavorare sempre e dovrebbe ispirare la politica culturale di tutti gli enti, le gallerie, i musei, i teatri, le rassegne di cinema e fotografia: il punto di vista femminile, il punto di vista di metà dell’umanità, non può essere affare di un giorno o di un mese.
Aspettiamo una presa di posizione da parte delle istituzioni culturali italiane. Che parlare di donne sia solo occuparsi di violenza e femminicidio, tratta e prostituzione, discriminazioni sul lavoro e difficoltà nella conciliazione di lavoro e famiglia non è più possibile.
Il sempre auspicato cambiamento culturale inizi proprio da qui: dalla cultura.
E chi non riesce a nominare almeno cinque artiste della storia e chi crede che in fondo la questione non sia importante, si chieda se in fondo in fondo sia davvero convinto o convinta che le donne siano dotate degli stessi identici talenti e delle stesse identiche capacità degli uomini.
Perché se lo è, ma ugualmente fatica a ricordare i nomi di alcune di loro, allora bisogna ammettere che qualcosa sta andando storto. Pensiamo a cosa fare. Adesso. Intanto, vi propongo una bella visita, almeno virtuale, al museo americano dedicato alle donne nelle arti.
Eccolo: NMWA
Loredana Metta
lartediparte[@]gmail.com