Poppea e l’insano amore per Nerone
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ROMA, 58 d.c.
Atterraggio morbido.
Esco dal mio bolide super veloce. Mi accorgo subito che c’è qualcosa di diverso.
Il mio abbigliamento, tanto per cominciare.
Indosso infatti una tunica bianca che mi arriva fino ai piedi.
Sembro un fantasma e temo che non riuscirò a camminare con disinvoltura vestito così.
La stoffa, fresca e leggera, sarà sicuramente di lino, perché l’effetto sulla pelle è piacevole.
Ora che mi guardo meglio, non è poi così male questa veste, mi fa anche sembrare più alto.
Ai piedi calzo un paio di sandali di cuoio intrecciato che completano il mio look conferendomi una certa eleganza. Ma sì, pur di riprendermi la freccia, sono disposto anche a vestirmi così.
Cerco di orientarmi. Mi guardo attorno.
Mi trovo all’interno di un giardino rigoglioso e vastissimo, diviso in padiglioni, vigne e boschi.
Davanti a me vedo una grande costruzione in pietra. Rimango a bocca aperta ad osservare l’intera abitazione.
La facciata si presenta ricca di decorazioni con motivi geometrici in stucco. Per non parlare poi dei mosaici con colori accesi dove l’oro e l’avorio sono gli elementi predominanti.
Chi abita qua non avrà sicuramente problemi di spazio e nemmeno di soldi.
Non oso pensare a quanto ammonterebbe l’Imu e la tassa sulla Tarsu nel ventunesimo secolo, viste le dimensioni di tutto l’abitato.
Ma se sono qua è per un motivo preciso. Ho una vera e propria missione da compiere.
Cerco la mia freccia e non sarò contento fino a quando non l’avrò trovata.
Mi stupisce che non ci sia nessuno ad accogliermi.
Nessun cane messo a difesa del territorio. Ma penso che in fondo mi va bene così.
La macchina del tempo è l’unico mezzo di trasporto capace di attraversare i secoli, che mi permette di raggiungere qualsiasi epoca in pochissimi secondi. Ha un solo limite, se così si può dire. Il mio super bolide lo posso vedere solo io, che sono l’autista e l’unico proprietario.
Questo significa che le persone che incontrerò non potranno sapere da dove provengo, rischierei di finire ricoverato in qualche struttura riabilitativa per fuori di testa. Dirò che sono Cupido e che vengo da lontano.
Lascerò alla fortuna, che di solito aiuta gli audaci, il compito di assistermi in questo mio avventuroso viaggio.
Ora provate a mettervi nei miei panni. Dove mi trovo adesso, potrei essere benissimo scambiato per un ladro o un venditore ambulante di chissà quale mercanzia.
Cosa fareste voi?
Tutto vorrei meno che il proprietario di questa villa mi prendesse a fucilate o peggio inforcasse un arco mirando nella mia direzione.
Spero vivamente che non sia quello l’unico sistema per riprendermi la freccia.
Ottimista per natura, perché l’amore solitamente genera speranza, mi rincuoro nel veder avvicinarsi a me una ragazza di straordinaria bellezza. È alta. Porta lunghi capelli biondi ondulati che tiene raccolti in una coda.
La fanciulla è molto elegante. Indossa con garbo una tunica bianca priva di maniche che le arriva fino ai polpacci, e, mentre cammina, riesco ad intravedere un paio di stivaletti neri che le arrivano alla caviglia, stretti con dei lacci.
La veste bianca è impreziosita da una stola color oro che le stringe la vita, mettendo in risalto un fisico da top model, mentre una cintura di pietre preziose le incrocia i seni esaltandone il decoltè prosperoso.
Si avvicina senza togliermi gli occhi di dosso. È una donna attraente capace di sedurti con
il solo sguardo, a dir poco accattivante.
Ora che è ad un passo da me, non posso fare a meno di notare come la sua pelle sia color miele e gli occhi marroni, esaltati dalla matita nera, creano un delizioso contrasto con il biondo della sua chioma in un viso ovale dai lineamenti sottili.
Rimango senza parole (imbambolato sarebbe il termine giusto, ma sono un dio, quindi cerco di darmi anche un po’ di contegno).
Del resto sono sempre stato sensibile al fascino femminile. Non è un segreto.
Mi guarda sbattendo gli occhi. Non sembra affatto preoccupata della mia presenza.
“Ti manda Nerone?”. Mi chiede.
“Sì”, rispondo.
Scusate ma è l’unica risposta che mi è venuta in mente. Anche perché l’alternativa a questa risposta sarebbe stato un no e non avrebbe cambiato di molto la mia situazione. In entrambi i casi non ho modo di dare un seguito alla conversazione in atto.
“Mi chiamo Poppea e ti stavo aspettando”.
Nerone? Poppea?. Sono forse a Roma, nell’antica Roma?
Non sarà per caso l’imperatore Nerone, il pazzo, che fece uccidere sua madre Agrippina, perché si opponeva alla sua relazione con la bella Poppea?
Cosa c’entra la mia freccia con questa gente e perché questa donna mi stava aspettando?
Poi lo spirito di sopravvivenza prende il sopravvento. Mi faccio coraggio.
“Piacere Poppea, cosa devo fare?”, astuto direi. Lascio che sia lei a guidarmi.
“Seguimi . Ti abbiamo preparato un tavolo apposta. Puoi iniziare anche subito”.
La seguo fino a raggiungere un gazebo, fatto quasi interamente di marmo.
Mentre cammino provo ad elencare mentalmente le molteplici funzioni che può avere un tavolo per cercare di indovinare, con un po’ di fantasia, cosa ci si aspetti da me.
Poi di colpo i dubbi svaniscono. Ho capito il mio ruolo in questa casa.
Sono un indovino, un mago, uno stregone e la sfera di cristallo che vedo brillare davanti a me sarà il mio strumento di lavoro.
Ora dovete sapere che ho la presunzione di aver letto molti libri e questa mia passione per la lettura mi è sempre tornata utile anche per affrontare le più svariate situazioni.
Sono un appassionato di storia e letteratura e ricordo bene l’amore tra questi due amanti. Quello che posso fare è parlare con Poppea e cercare di farle cambiare idea su Nerone e così rinuncerà alla freccia ed io sarò libero di ritornarmene a casa.
Vediamo. Mi siedo al tavolo e lei prende posto sulla sedia di fronte alla mia.
È proprio una bella donna ma, nonostante la sua bellezza, la vedo insicura.
Cosa mai vorrà sentirsi dire da me?
Non mi lascia neanche il tempo di rivolgerle una domanda.
“Dimmi che sarà per sempre, ti prego”, ed assume un atteggiamento infantile da sembrare una bambina indifesa. Se non sbaglio, si è sempre parlato di questa donna, oltre che per la sua bellezza, anche per il suo carattere scaltro ed ambizioso.
Oggi, al contrario, ho davanti a me una creatura indifesa e piena di paure.
Poppea teme di essere abbandonata come se la sua vita perdesse valore senza Nerone. Sbaglia se la pensa così ed io ne ho la certezza matematica.
Non ho mai capito perché molte persone si ostinano a chiamare il proprio partner la mia metà.
Al contrario, io so che l’amore è l’incontro di due unità ben distinte.
Se ci si pensa bene, Nerone non potrà mai essere la metà di Poppea, fosse solo per la mole, (per quel che ne so io, lo hanno sempre descritto molto grasso), soprattutto perchè lui è già la metà di sua moglie ed un uomo non può avere tante metà. I conti non tornano.
Quindi Poppea, che è l’amante, parte svantaggiata dal momento che Nerone le darà la metà della sua metà, non potendole dare l’altra metà che ha già dato ad un’altra.
Questo è il motivo per cui spesso gli amanti hanno sempre la sensazione di dare tanto e di ricevere meno della metà di quel che danno. Da qui nascono paure ed insicurezze.
Semplice no come discorso? La matematica non è un opinione.
Se solo Poppea si rendesse conto del proprio valore, con o senza uomo, sarebbe comunque serena.
È possibile amare, senza per questo annientarsi o perdersi nell’altro.
Comunque non posso fare a meno di provare tenerezza per lei, e mi trovo a lottare contro la tentazione di stringerla forte a me ma mi prenderebbe per un maniaco.
Io sono Cupido e so che un mio abbraccio può scaldare anche i cuori più freddi.
Mi trattengo. Non mi capirebbe.
Guardo la sfera e fingo di concentrarmi. Ovviamente non vedo altro che la mia immagine distorta come quando al Luna Park si entra nella stanza degli specchi e ci si diverte a vederci ora più alti, ora più grassi, ma siamo sempre noi. Rido di me, dei miei pensieri. Sono proprio buffo, oggi, conciato così.
Cosa non si fa per una freccia. Ma torniamo a noi.
“Poppea, cosa ci fai a casa di Nerone?”. Scelgo di prendere il discorso alla larga ed anche se i giri di parole a volte non servono a niente, aiuteranno senz’altro lei a far chiarezza sulle sue scelte, anche le più banali, e capire dove queste scelte la stanno portando.
In che direzione sta andando la sua vita? Se lo sarà mai chiesta?
A volte si perdono di vista certi dettagli o semplicemente non si vogliono vedere.
“Sono la sua donna. Ho il permesso di stare a casa sua quando la moglie non c’e’”. Tiene gli occhi bassi nel pronunciare le ultime parole.
“Allora non sei la sua donna, sei arrivata seconda…”. Ma che spiritoso che sono. Lei non ride alla mia battuta e, francamente, nemmeno io.
“Sì”, risponde lei.
E mi risponde anche. Possibile che non abbia un briciolo di orgoglio, questa donna?
Ma reagisci per la miseria!
“Ti nasconderà da tutto e da tutti e vivrai all’ombra dell’altra donna”.
“Sì”.
Ma cambia repertorio, biondina. Così ti annienti e basta.
“… e poi se deciderai di fargli dei regali, o gli scriverai una poesia, lui nasconderà tutto nell’ultimo cassetto”.
Fingo di concentrarmi avvicinando gli occhi alla sfera di cristallo per dare maggior spessore alle mie parole ed aggiungo “il cassetto dei calzini”.
Annuisco soddisfatto.
“Il cassetto dei calzini?”. Mi guarda perplessa.
Che stupido che sono. Non sono nel ventunesimo secolo. Non sa cosa siano i calzini.
Dovrò fare maggiore attenzione a certi dettagli.
“Volevo dire che nasconderà tutto nel ripostiglio dove tiene i sandali”.
“Questa poi”, contrattacca la biondina “il ripostiglio dei sandali proprio no” ed aggiunge “ma poi cambierà, vero?”.
“O certo” rispondo io “avrai altre rinunce a cui pensare. Niente più trucco sul tuo bel visino perché potrebbe lasciare delle tracce visibili sui suoi vestiti. Niente profumi e… “ ma sono proprio un bastardo “niente lunghi bagni di latte”.
“Niente bagni di latte? E perché?”.
“Nerone ci tiene alla sua piscina e, anche se non te lo ha mai detto, potresti rovinargliela.
A lungo andare ti proibirà ogni capriccio”.
Mi sento soddisfatto. Penso di aver rotto l’incantesimo.
Be, ora non indugiare, biondina, restituiscimi la freccia che tolgo il disturbo.
“Quando gli dirai che è finita?”. Gli domando, ormai certo di aver vinto la sfida.
“Finita? Non ci penso nemmeno. Sì, mi è capitato di dire basta.
Proprio ieri gli ho detto: Basta aspettare un tuo segnale di vita, perché sei capace di sparire per giorni e giorni senza farti sentire”.
“…e?”. Sto sudando.
“Ma poi dico che in fondo mi va bene così. Mi è sempre piaciuto l’uomo rude. L’uomo che non deve chiedere mai e sento che Nerone mi renderà felice”. Sospira e mi sorride. Ed infine aggiunge, “grazie, era proprio quello che volevo sentirmi dire”.
Non ci posso credere. Ho ottenuto l’effetto contrario. Non è semplicemente innamorata, è pazza di lui da rendersi invisibile pur di stargli accanto.
“Auguri ad entrambi di felicità”, non mi resta che congedarmi da lei. So che non rinuncerà al suo Nerone, nemmeno se le raccontassi quanta tristezza provocherà la loro unione.
Mi alzo in piedi e lei fa lo stesso.
Voglio fare un tentativo e dare il mio contributo alla storia per ciò che concerne l’incendio che devastò Roma.
Forse è più facile scongiurare un incendio che domare il fuoco della passione.
Mi illudo almeno di poter salvare una città, per lo meno non avrò fatto un viaggio a vuoto.
“Saluta Nerone da parte mia. Mi raccomando, se potete, evitate di fare troppi barbecue in giardino. Il fuoco è pericoloso”.
Efficace direi. Lei ride. Ma non era una battuta.
Di colpo, mi ritrovo a bordo del mio bolide speciale, mentre il computer mi ripropone una serie innumerevole di vittime della feccia.
Chiudo gli occhi e premo su un punto a caso del monitor, seguendo sempre la traiettoria che mi era stata indicata all’inizio.
Ora che la guardo con più attentamente, la traiettoria sta prendendo la forma di uno stivale gigante.
Ma certo. Che sbadato che sono. La freccia si è sbizzarrita soprattutto in Italia, spinta chissà da quali correnti d’aria. Non solo. Sembra proprio che tutt’ora si trovi nel bel paese.
Voglio tuttavia tentare ancora con le vittime del passato.
Se riesco a convincerle a resistere all’amore posso scongiurare che la freccia continui a mietere altre vittime in futuro.
Ciò che vorrei fare è semplice. Intendo cambiare il destino di molte persone che, a causa dell’effetto domino passionale, possono aver commesso degli errori.
Allora non mi resta che allacciare le cinture di sicurezza.
Sono pronto. Si vola.
Deborah Voliani – 49 anni. Assistente sociale. Mi occupo di prevenzione solitudine e promozione socialità a favore degli anziani a Trieste presso Televita s.p.a. Sposata. Vivo a Monfalcone. Sono livornese d.o.c. .Toscanaccia nel sangue. Ho un gatto persiano che si chiama Nemo. Scrivo racconti e poesie. Ho scritto con mio marito un romanzo giallo Male minore ambientato a Livorno e pubblicato da Manidistrega nel 2010. Amo la vita e la fede in Dio