Cupido si fa intraprendente
“Vorrei mostrarti una cosa, vieni con me”. Potrei dirle di no, secondo voi?
Il nostro è diventato ormai un appuntamento quotidiano. Ogni giorno ci troviamo davanti al Molo.
Non ho dimenticato il motivo per cui mi trovo qua, ma vorrei che il tempo non passasse mai. E chissà perché quando sono con lei il tempo vola.
Oggi Denise è vestita in modo semplice e sexy nello stesso tempo.
Indossa un paio di jeans attillati ed una maglietta celeste con il collo a v che fa intravedere un decoltè da dieci e lode.
Voi ora penserete che come Cupido dovrei occuparmi della freccia e basta. Lo so ma non mi sono spostato tanto dal mio obiettivo dal momento che il cuore è vicino al seno. La traiettoria è la medesima.
Diciamo che mi ci è caduto l’occhio clinico. Così va meglio?
Denise mi prende per mano e per un attimo ho provato gelosia verso chi solitamente le cammina accanto. Le persone che incrociamo per strada potrebbero scambiarci benissimo per una coppia di fidanzati.
Lei sorride, come sempre. Se conoscesse i miei pensieri penserebbe che sono uno di quelli che approfitterebbe volentieri della situazione.
Ma non è così.
Siamo di fronte ad un palazzo d’epoca in Piazza Unità d’Italia.
“Io lavoro qua. Volevo fare un esperimento con te”, mi dice.
Ve l’ho già detto che ha un sorriso stupendo?. Sì, forse sì.
“Va bene, come vuoi”. Non ho bevuto lo spritz eppure avverto una certa euforia ed una improvvisa sensazione di leggerezza.
Entriamo nel portone. Ci avviciniamo all’ascensore la cui cabina si trova già al pian terreno.
“Prego, entra”. Sono dentro. Entra anche lei.
“Ora premo fino all’attico, dodicesimo piano”, mi dice.
Me lo dirà cosa ha in mente di fare? Incomincio ad agitarmi.
“Cosa mi rispondi se ti dico che ora premo il tasto Alt e rimani solo con me per un tempo indefinito?”, mi chiede con occhi maliziosi.
“Rispondo che è un bel gioco e sarei felice di rimanere con te per un tempo indefinito”. Quando le parole escono da sole non hai neanche il tempo di renderti conto di quello che hai detto.
“Grazie, ora possiamo scendere di nuovo”. Si rattrista.
“No, Denise. Non si scende affatto”. Premo io Alt e l’ascensore si ferma sul serio.
“Ma che fai?”. Mi domanda.
“Non scendiamo fino a che non mi avrai spiegato tutta questa sceneggiata”.
Confesso che l’idea di essere sospeso a metà tra il quarto e il quinto piano con lei in uno spazio così limitato mi rende piacevolmente confuso. Ma sono deciso a sapere che cosa può averla turbata. Perché sono certo che qualcosa le sarà capitato di sicuro.
“Va bene. L’altra sera ero in ascensore con Fausto e, per fare una battuta, gli ho detto che avrei premuto Alt”.
“…e?”.
“Lui mi ha risposto che non si sarebbe scomposto. Qualsiasi cosa avessi avuto in mente, e ti giuro che non avevo in mente proprio niente, lui ha detto che sarebbe diventato un pezzo di ghiaccio, nessuna reazione, insomma. Nessun sconvolgimento fisico”.
Nel caso ci fossero altri dubbi. Cosa mi tocca sentire.
“Non è piacevole, certo, per una donna ricevere una risposta di questo tipo. Capisco come ti devi essere sentita. Anche se lo pensava, era meglio se stava zitto. Doveva capire che era solo una battuta”, faccio per consolarla.
“Non salterei mai addosso a nessuno. Non l’ho mai fatto e mai lo farò”.
“Lo so, Denise. Non ci pensare più ora”. Finalmente la vedo sorridere di nuovo.
“Sai cosa penso? Forse certe risposte me le vado proprio a cercare per poter dire finalmente basta a questo tormento”.
“È probabile”, le rispondo, mentre inavvertitamente per consolarla le ho preso entrambe le mani. Sono imbarazzato per il gesto anche se spontaneo. Lei se ne accorge.
“Qualcuno potrebbe aver bisogno dell’ascensore. Forse è meglio lasciarlo libero”.
“Vuoi già andare via, Denise? Mi fai vedere l’ultimo piano?”.
“Va bene”.
Ci troviamo di colpo al dodicesimo piano. L’attico ricorda un enorme loft pieno di uffici.
Li oltrepassiamo e Denise mi fa strada fino a raggiungere una grande terrazza.
“Guarda, da qui si vede il mare che è azzurro come i tuoi occhi”.
“Grazie, Denise. Penso che anche qui potresti scrivere le tue poesie, non ci hai mai pensato? Guarda che bel panorama”.
“Sì, è vero ma preferisco il Molo Audace, altrimenti non ti avrei mai incontrato. Dimmi, a chi altri avrei potuto legare le mani?”.
“Questo è vero. Comunque se proprio ci tieni, legami pure”. Continuo a parlare a sproposito.
Lei mi guarda dritta negli occhi. Lo conosco quello sguardo. Di colpo sono come pietrificato. Mi sento come se improvvisamente fossi legato di nuovo. Sono nelle sue mani e so che potrebbe fare di me quello che vuole, se solo prendesse coraggio. Si avvicina. Mi prende il viso tra le sue mani ed avvicina la sua bocca alla mia. Non riesco a descrivere quello che sto provando. Come se avessi mille farfalle nello stomaco e una dolce sinfonia, stile sirene di Ulisse, mi incatena a lei. Non capisco più niente. Improvvisamente ho troppo ossigeno. La attiro a me e lei si lascia prendere. La bacio con passione ed il suo sapore mi annebbia la mente. Era nell’aria e non si lo si poteva evitare. Il silenzio parla per noi che abbiamo di meglio da fare che sprecare tempo in parole. Sento che una forza si sta impadronendo di me, anzi di noi e di colpo siamo soli, sopra una nuvola. Cerco il suo contatto avidamente ed ogni cosa di lei mi cattura. Non so se sono il cacciatore o la preda, so solo che vorrei rimanere qui per sempre.
Lei con generosità mi restituisce tenerezza, chiamandomi amore.
“Ma dov’eri tutto questo tempo?”, mi domanda.
“Ti cercavo”, le rispondo. Ed è vero.
Deborah Voliani 49 anni. Assistente sociale. Mi occupo di prevenzione solitudine e promozione socialita a favore degli anziani a Trieste presso Televita s.p.a. Sposata. Vivo a Monfalcone. Sono livornese d.o.c. .Toscanaccia nel sangue. Ho un gatto persiano che si chiama Nemo. Scrivo racconti e poesie. Ho scritto con mio marito un romanzo giallo Male minore ambientato a Livorno e pubblicato da Manidistrega nel 2010. Amo la vita e la fede in Dio