Patrizia Rautiis, magistrata per scelta, vive la sua professione come un servizio pubblico…anche se la strada a volte non è facile né breve.
Solo dal 1965 sono state ammesse per la prima volta al concorso di magistratura ma fin d’allora nessuna è mai stata presidente della Corte di Cassazione. Eppure siamo al 52% del numero globale dei magistrati e le donne vincono i concorsi nel 63%. Tre magistrati su quattro, tra coloro che esercitano funzioni direttive, sono uomini e poco meno di due terzi di quelli che esercitano funzioni semidirettive. Infine tra i membri del Csm solo tre sono donne e una sola espressione dei giudici togati. Ma Patrizia Rautiis ci è riuscita e parla del suo lavoro e di come lo vive.
Ci parli un po’ di te? E visto che è la prima volta che ti intervistano ti lasciamo spazio e tempo, ma non ti puoi avvalere della “facoltà di non rispondere” (quella spettante per legge agli imputati, per intenderci come da tue parole.:)
Non sono abituata a parlare del mio privato in pubblico. E’ in assoluto la prima volta che accetto di rispondere ad un’intervista, ma per Dol’s (e per te) ho accettato volenteri, perché so qual è lo spirito e il senso di questo spazio giornalistico: un modo di scambiarsi esperienze di donne tra donne.
Sono nata a Potenza in Basilicata e ho vissuto fino a 14 anni in un piccolo paese della Lucania che si chiama Tramutola, che è al confine tra Basilicata e Campania immerso tra i boschi di castagni.
Ho fatto il liceo e l’Università a Bari, in casa di una mia zia (sorella di mia madre) e della sua famiglia, perché all’epoca, i licei della mia zona erano di nuova istituzione e il mio papà volle darmi la possibilità di frequentarne uno “buono”.
Stiamo parlando della metà degli anni ’70. Infatti sono ormai anzianotta, ma non ti dico l’età precisa perché mi fa male solo a scriverlo!
Sono sposata e ho due figli, una femmina e un maschio, ormai ultraventenni e laureati.
Ho frequentato il liceo classico all’Istituto Margherita di Bari, che all’epoca era una buona scuola privata retta da religiose; e soprattutto, dal punto di vista dei miei genitori, impermeabile ai movimenti studenteschi post-sessantottini che ancora infiammavano la maggior parte delle Scuole.
Subito dopo mi sono iscritta alla facoltà di Giurisprudenza (oggi denominata Dipartimento di Scienze Giuridiche). Ho lavorato prima un pò per ricerche in ambito universitario, poi presso la Banca d’Italia a Bolzano. Avevo partecipato ad una serie di concorsi pubblici; quindi, avendo superato il concorso in magistratura, ho cominciato a fare questo lavoro, prima a Busto Arsizio, poi a Taranto ed infine sono riuscita a ritornare Bari, che è diventata comunque la mia città di adozione; benché il mio paesello natio mi sia sempre nel cuore e ci torni appena mi è possibile con estremo piacere. Però sai Caterina… avere vissuto e lavorato in tanti luoghi è comunque un’esperienza di vita particolare: direi che ti apre tante finestre su mondi, ambienti, persone…e alla fine è un grandissimo arricchimento! Ma non perdiamoci dall’argomento!
Per molti anni ho fatto il giudice penale. Poi sono passata a fare il Pubblico Ministero che – spiego per i non addetti ai lavori – è il magistrato che coordina le indagini e sostiene l’Accusa nella fase del giudizio (mentre i giudici sono quelli che alla fine del processo decidono ed emettono la sentenza).
Da diversi anni sono un sostituto procuratore della Procura della Repubblica di Bari, assegnata alla DDA (Direzione Distrettuale Antimafia).
Fare il magistrato è stata una scelta o un’opportunità?
Per me solo una scelta, anzi “la” scelta. Ricordo che sin dal giorno in cui ho varcato per la prima volta la soglia della Facoltà di giurisprudenza pensai che ero là perché volevo fare il magistrato. Ho impiegato tutte le mie risorse in questo… e poi ho avuto fortuna!
Non saprei spiegare le vere ragioni di questa scelta. Hanno giocato vari fattori: mio padre, che io amavo e stimavo molto era un magistrato: e troppo ingenuamente da ragazza avrò pensato che le sue qualità morali fossero proprie di quel mestiere! Poi ho sempre avvertito forte il senso della giustizia. Infine ho sempre tenuto molto alla mia libertà morale: ecco, questo lavoro ti consente di essere “libero” da ogni possibile condizionamento morale, politico, di prescindere da “convenienze” di ogni genere… perchè, come dice la nostra Carta Costituzionale, il magistrato è soggetto solo alla Legge.
E insomma so solo che non ho mai pensato davvero di voler fare un lavoro diverso da questo.
Cos’è fare il magistrato oggi? Come vedi la professione al giorno d’oggi?
Non è una domanda facile e non so se la interpreto bene.
Ti dico che per me è semplicemente un lavoro, cui è connesso l’esercizio di una funzione indefettibile dello Stato, che, detto in modo semplice, è quella di riaffermare la legalità violata e i diritti soggettivi negati; la iuris dictio, dicevano i latini: il potere di “pronunciare/restituire il diritto”.
Come per tutti coloro che, per lavoro, esercitano una funzione pubblica (cioè una funzione propria dello Stato), anche la giurisdizione va intesa come un “servizio” per la collettività. Non mi piace affatto sentir parlare di questo lavoro come una “missione”, perché questo termine fa pensare ad una sorta di investitura divina, oppure ad un compito svolto sull’onda di chissà quale “sacro furore interiore”! No, niente di tutto questo. Il mestiere del magistrato è semplicemente quello di rendere un servizio alla collettività, importante e delicato.
In uno Stato di diritto come il nostro nessun Potere Pubblico è conferito per fini diversi da questo. Chiunque esercita un Potere Pubblico per lavoro o per scelta politica, dovrebbe tenerlo sempre a mente. Lo dico fino alla noia ai giovani magistrati in tirocinio.
Capita, purtroppo, di vedere violato questo principio fondamentale dell’Etica Pubblica. Ma questo è un altro discorso!
Sei d’accordo sulla tendenza di molti magistrati a entrare in politica?
La possibilità di fare politica attiva, in una democrazia, è un diritto di ciascun cittadino, perciò anche del magistrato.
E’assolutamente necessario, però, regolamentare con legge l’ingresso del magistrato in politica ed anche la sua fuoriuscita. Lo si dice da qualche anno ormai, ma il legislatore è in ritardo su questo tema; a scapito del prestigio complessivo dell’Ordine Giudiziario.
Non credi che dovrebbero lasciare la professione?
Non so se debba prevedersi la dismissione definitiva della toga; sarebbe forse una conseguenza che finirebbe per scoraggiare di fatto quella che invece, deve ritenersi una scelta legittima. Forse si possono adottare altri modi per continuare a garantire la TERZIETA’ ed l’ INDIPENDENZA del magistrato, sia prima sia dopo l’esperienza politica. Ad esempio l’obbligo di candidarsi in distretti diversi e lontani da quelli in cui si è esercitata la giurisdizione e così pure per il rientro in magistratura, magari prevedendone anche un congruo periodo “cuscinetto”.
Il sistema giuridico italiano non aiuta i magistrati o sono loro che non aiutano l’Italia?
L’Ordinamento giuridico è l’insieme delle leggi e dei principi che le reggono. Negli ultimi anni abbiamo assistito numerose volte a leggi che hanno piuttosto peggiorato il funzionamento della Giustizia e dei processi, o che comunque non l’hanno resa più efficiente e veloce. Mi riferisco soprattutto alla giustizia penale, essendo io esperta solo di questo settore. Potrei fartene molti esempi, ma dovrei parlare di tecnicismi giuridici noiosi e non facilmente comprensibili ai più.
Se poi intendevi parlare proprio delle leggi che regolano le carriere dei magistrati, anche su questo fronte, occorre prendere atto che sono state emanate leggi che appaiono essere “contro” la magistratura, come fossero dettate da quel clima di generale sfiducia e delegittimazione dell’Ordine Giudiziario, che – è sotto gli occhi di tutti – è stato alimentato per anni, in un deprecabile scontro tra Politica e Giustizia, che ha ragioni non commendevoli.
Da Mani Pulite in poi la magistratura ha doverosamente cercato di indagare sul malaffare, la corruzione, le infliltrazioni mafiose nelle Istituzioni. Nello svolgimento di questo suo compito doveroso, a volte ha commesso errori, ha preso abbagli o ha finito per avvantaggiare o svantaggiare gioco-forza quella o questa parte parte politica. Questa dinamica ha acuito sempre di più, e pericolosamente, lo scontro tra i Poteri dello Stato.
L’errore è attribuirsene le responsabilità reciprocamente. Occorrerebbe ritrovare lucidità ed onestà mentale per risolvere molte questioni sulla Giustizia.
Ci sono molte donne magistrato. Come mai questa femminilizzazione?
Le donne sono forse più dedite alla studio rispetto agli uomini e quindi più adatte ad affrontare questo tipo di concorso. Poi negli ultimi anni il sistema di reclutamento è stato disciplinato in modo tale da spostare molto in avanti l’età in cui si entra in magistratura. Anche questo forse scoraggia i maschietti, più pressati dal dover trovare un lavoro in tempi meno biblici.
I pool antimafia hanno cambiato qualcosa nella nostra società? La mafia si può davvero distruggere o è un problema italiano irrisolto?
L’Antimafia in Italia ha fatto moltissimo. Lo dice la sua storia, da Falcone e Borsellino in giù, le centinaia di operazioni contro le diverse Mafie, gli innumerevoli processi celebrati.
Mai fare l’errore però di pensare che il Giudiziario possa risolvere, da solo e in via definitiva, il problema della Mafia! …e nemmeno della illegalità diffusa nel nostro Paese. Sarebbe semplicistico ed ingenuo.
Per semplificare il concetto dirò due cose: 1) gli arresti e i processi penali vengono DOPO che i reati sono stati compiuti. La giustizia penale è per definizione repressiva, non preventiva. Ha anche una funzione deterrente, ma essa è insufficiente. Occorre che altre forze sociali agiscano per prevenire la violazione della legge penale: penso alle agenzie educative, ai media, alla Politica in genere. 2) A questo si lega l’altra considerazione: esistono le Mafie e la Mafiosità. Con questo termine intendo riferirmi a quella subcultura diffusa purtroppo ancora oggi, specie in alcune zone del Paese, sulla quale le Mafie prosperano: omertà, connivenze silenziose con i sodalizi delinquenziali, negazione dello Stato e delle Istituzioni, scarsa coscienza dei propri diritti e dei propri doveri, ignoranza, paura, comoda indifferenza “perché non tocca me direttamente” … Ecco, questo è quello che permette alle Mafie di esistere. Per vincere su questo non basterà mai la sola azione azione giudiziaria! Occorre uno sforzo di tutte le Istituzioni, specie quelle educative e scolastiche.
L’ANM (associazione nazionale magistrati) promuove da sempre incontri e dibattiti nelle Scuole e in ogni altro consesso dove è utile parlare con i ragazzi per la promozione di una Cultura della legalità.
Spero di aver soddisfatto le tue curiosità senza esser troppo noiosa.
Un caro saluto a tutte le ragazze e le donne di Dol’s