Siamo arrivati alla fine di questo 2017, ed è più che lecito domandarsi cosa ci resta, quali obiettivi abbiamo raggiunto, se ne abbiamo raggiunti, e cosa dobbiamo aspettarci dal prossimo anno.
Data la quantità di argomenti, è difficile procedere con un ordine preciso.
Inizierei dalla violenza sulle donne: il 2017 riconferma i dati che già conoscevamo, secondo i quali, in Italia, ogni tre giorni una donna viene uccisa dal partner, dall’ex, da un conoscente o da un qualsiasi altro membro della famiglia (generalmente della cerchia più ristretta) e per quanto ci si possa aggrappare a quell’una, due unità di differenza rispetto agli anni precedenti il dato resta inconfutabile; con lo stupro non va meglio. Quest’ultima estate italiana ci ha presentato uno scenario drammatico: 11 stupri al giorno di media, con una percentuale di italiani denunciati del 61% (ovviamente, non si può escludere che molto dipenda dalle difficoltà di comunicazione delle donne straniere, che temono di non essere comprese e di non poter essere salvate da una situazione di violenza). Navighiamo, di fatto, in un oceano la cui grandezza ci è sconosciuta. Il sommerso resta alto e i dati non sono che parziali, per quanto attendibili e raccolti con cura dalle associazioni e dai centri antiviolenza impegnati in questa lotta quotidiana.
Proprio ai centri antiviolenza è stato promesso un lauto aiuto per il prossimo anno, con lo stanziamento di nuovi fondi che permettano loro di sopravvivere, annuncio reso noto durante il primo G7 delle Pari Opportunità presieduto da Maria Elena Boschi e tenutosi a Taormina. E resta viva, vivissima, la speranza di rivedere, nella prossima legislatura, un vero Ministero per le Pari Opportunità di cui si sente onestamente la mancanza… ma questa è un’altra storia.
Ha acceso, poi, i riflettori a livello internazionale il caso Weinstein: è nato il movimento #metoo, le celebrità hanno deciso di metterci la faccia, e persino qui in Italia c’è chi ha avuto il coraggio di mettersi contro un pezzo grosso del cinema, Fausto Brizzi, su cui ancora però non si può dire nulla di certo; persino il mito di Kevin Spacey è caduto nell’oblio, cancellato da House of Cards e dal cuore di molti cinefili per gli scandali sessuali che lo hanno coinvolto e da cui si è tristemente difeso adducendo come scusa la propria omosessualità. Non sorprende che abbia deciso di volatilizzarsi.
Altro tema sempre caldo è quello dell’interruzione volontaria di gravidanza: ormai le vette del 70% di obiezione sono state raggiunte e non c’è verso di bilanciare la tutela di entrambi i diritti. Neanche l’approvazione del testamento biologico sembra scalfire questa nostrana tendenza antiabortista. Emma Bonino, con le ultime dichiarazioni rese all’Espresso, è stata molto chiara: “In Italia si è ancora convinti che si debba partorire con dolore e abortire sotto tortura. La 194 ha bisogno di un tagliando. Lo si fa persino per le automobili, figurarsi per le leggi. Anche se bisogna riconoscerle, oltre agli elementi di compromesso, un tratto quasi visionario, nel senso di apertura al futuro. Si scrisse infatti – si era passati appena alla tecnica dell’aspirazione, e negli ospedali italiani si faceva ancora il raschiamento – che le strutture si sarebbero dovute aggiornare, perché eravamo convinti che la scienza evolve, e che avrebbe continuato a farlo”.
E la sua sembra l’unica voce politica a distinguersi in un mare di diffidenza e timore della vendetta divina.
Rileggendo queste poche righe è possibile essere colte da sconforto (e avremmo potuto continuare a parlare delle questioni più rilevanti riempiendo pagine su pagine…). Tuttavia, abbiamo assistito ad un meraviglioso sciopero nazionale delle donne tenutosi a Roma il 25 Novembre e l’ultima copertina del Time riassume perfettamente il clima di rinnovata fiducia in cui dobbiamo credere convintamente.
Ci sono elementi di speranza, come l’annuncio della Giunta Regionale del Lazio guidata da Zingaretti di uno stanziamento straordinario di 90 mila euro a sostegno della Casa Internazionale delle Donne di Roma che da anni si fa portavoce della lotta alla violenza di genere e della tutela dei diritti delle donne, a rischio chiusura per una comunicazione di sfratto.
Le lotte non scadono a Capodanno. Andranno avanti finché non avremo raggiunto ogni nostro obiettivo e qualsiasi buon proposito per l’anno nuovo.