Con Alessandra Callegari ho parlato della sua scelta, così coerente con quello che da anni insegna, seguire quello che la nostra dimensione interiore profonda ci detta e non avere mai paura di cambiare e di trasformarci. Altrimenti senza una natura plastica e spontanea come si farebbe a crescere?
Trasmettere la propria verità, nella certezza che tutto quello che diciamo, facciamo, siamo abbia un impatto politico, è l’impegno professionale e personale di Alessandra Callegari.
Counselor a indirizzo bioenergetico-gestaltico, Alessandra offre relazioni di aiuto in forme diverse, sotto forma di incontri individuali o di seminari di gruppo, che hanno come filo conduttore le tecniche e la filosofia di Bioenergetica, Gestalt e Enneagramma . Eclettica e aperta a tutto quello che espande conoscenza e coscienza, affianca inoltre diverse altre tecniche, dalla Meditazione alle Costellazioni gestaltiche.
Dal 2005 si occupa anche di formazione e una delle sue passioni é insegnare: a diventare counselor professionisti, o più in generale a acquisire competenze relazionali. La sua scuola si chiama Collage, a indicare la varietà delle esperienze, non solo di counseling, che propone. Di fondo c’é la convinzione che siamo un tutto, corpo-emozioni-mente-spirito, e che questo tutt’uno vada conosciuto, nutrito, sviluppato. E lei lo sa fare bene.
L’ho conosciuta anni fa, ci siamo incrociate a qualche convegno cui partecipavamo con le nostre rispettive competenze e ho subito provato molta simpatia per lei, così luminosa e forte, piena di vitalità, comunicativa e decisa. Come non continuare anche con lei la mia carrellata di Donne Eccellenti?.
Giornalista professionista, esperta di comunicazione, viaggi e discipline olistiche, ha lavorato per diverse testate e collaborato come traduttrice e curatrice di testi di psicologia e narrativa . Per lei la vita è una continua acquisizione di strumenti per raggiungere un miglior contatto con il nostro corpo e acquisire sempre più consapevolezza. Vivere è continuare ad imparare a conoscerci, accogliendo i nostri bisogni e accettando le nostre emozioni, crescere è migliorare sempre più la relazione con noi stessi e con gli altri. Le parole magiche per lei? Potenzialità, risorse, qualità, valori, giustizia, verità, amore. E quelle da trasformare? Ingiustizia, menzogna, odio, abuso di potere, discriminazione, pregiudizio, legalismo, burocrazia.
Capace di chiedersi senza autoindulgenze “se ho fatto danno a qualcuno, se ho omesso di dire qualcosa di importante, se non ho fatto un “movimento verso” che avrei dovuto fare, se ho guardato da un’altra parte, se ho respinto qualcuno o qualcosa, se ho ferito anche involontariamente, se non ho osservato o ascoltato con il rispetto e la comprensione dovuti, se non ho chiesto scusa”, Alessandra applica quotidianamente nella sua vita quello che da anni insegna ai suoi numerosi allievi.
Le componenti energetiche del Femminile che spiccano in lei sono la Intuizione, l’Accoglienza, l’Accudimento, l’Affettività.
Alessandra non ha esitato a seguire anche in amore quello che la sua dimensione interiore profonda le stava indicando: dopo due matrimoni con due uomini, nel 2017 si è unita civilmente con una donna, Alessandra anche lei, sua compagna da tre anni. Meravigliosa la lettera che ha scritto a chi la conosceva, significativa per chiunque abbia la capacità e il desiderio di guardarsi dentro e di capire davvero che cosa sia l’amore. Con lei ho parlato anche di questa sua scelta, così coerente con quello che da anni insegna, seguire quello che la nostra dimensione interiore profonda ci detta e non avere mai paura di cambiare e di trasformarci. Altrimenti senza una natura plastica e spontanea come si farebbe a crescere?
*Sei stata sposata con due uomini e ora con una donna. Questo per te ha significato cambiare o, semplicemente, diventare intera?
Non ho mai pensato di diventare “intera” così… forse nel senso che mi sono sempre sentita intera. Sono stata per 60 anni eterosessuale, ovvero attratta sessualmente solo dagli uomini. E non avrei mai immaginato, fino a quel momento, di poter avere una relazione di coppia con una donna. Tuttavia, quando mi sono resa conto di essermi innamorata di Alessandra – innamorata di una persona che, incidentalmente, era una donna –, ricambiando così il sentimento che mi aveva dichiarato lei, ho capito che questo non avrebbe modificato l’immagine che avevo di me, che non avrebbe inciso sulla mia “identità”. E infatti l’ho annunciato al mondo intero – a cominciare dagli amici più cari, ex mariti compresi – disponibile ad affrontare qualsiasi eventuale giudizio o commento in merito mi potesse arrivare. Il che, lo ammetto, è in linea con il mio carattere… Quindi, per rispondere alla tua domanda, questo ha significato per me cambiare qualcosa di importante, ma nello stesso tempo rimanere fedele a me stessa.
*Come donna che differenze trovi tra vivere con un’altra donna e vivere con un uomo?
Sono una donna che da un punto di vista cognitivo ha sempre pensato “come gli uomini”, nel senso che sono dotata di un pragmatismo e di una modalità di mentalizzare molto maschili, che infatti mi hanno permesso di convivere con gli uomini molto bene. Anzi, per certi aspetti posso dire di avere avuto, per anni, amicizie più facili con i maschi. Con una donna condivido invece altre cose, ma nel caso di Alessandra per esempio sento il grande valore della sua “lucidità mentale” che è, appunto, una caratteristica alla quale ho sempre dato molto valore e che spesso non ho trovato nelle donne… perché troppo preda delle emozioni.
Detto questo, la vera differenza tra la vita matrimoniale con i miei due mariti e quella con Ale è legata al fatto che ha due figli – due gemelli, un maschio e una femmina, nati nel 2007 – e quindi vivere con loro, con dei bambini, è stata la grande rivoluzione copernicana.
*E’ la tua prima esperienza da madre?
Nonostante due matrimoni alle spalle, non ho avuto figli biologici (per quanto li abbia in certi momenti desiderati) e l’esperienza di “genitorialità sociale” è stata tutt’altro che facile. Mi sono vista con tutti i miei limiti, le mie aspettative, le mie proiezioni. Si è rivelato molto meno facile rispetto allo stare con degli adulti. La mia capacità di empatia e comprensione, che metto in campo nel mio lavoro di counselor con i clienti e come docente con i miei allievi, mi è apparsa totalmente inadeguata. Poi in realtà forse non è così: Ale a volte dice che mi giudico severamente su questo punto…
Come sei stata accolta dai gemelli?
Meravigliosamente. Ai primi di febbraio del 2014 sono andata a vivere per un breve periodo a casa di Ale perché avevo degli operai in casa mia e non potevo stare lì. La cosa si è prolungata oltre il previsto e dopo circa tre settimane, una mattina a colazione, i gemelli mi hanno chiesto all’improvviso: “Ale, perché non rimani a vivere qui da noi?” E da lì è iniziato un viaggio che dura ancora. Loro sono splendidi, sono dei veri maestri. I maestri della mie terza età! J
* Hai avuto esitazioni di fronte all’idea di un altro matrimonio, questa volta con Alessandra?
Quando abbiamo saputo che avremmo potuto unirci civilmente, ovvero sposarci, non abbiamo avuto esitazioni. Non l’ho vissuto come un momento di difficoltà e direi che nessuno intorno a noi ha reagito in modo particolare. Anzi, è stata l’occasione per una celebrazione – la cerimonia è avvenuta sabato 4 marzo 2017, a Palazzo Reale – che ha riunito intorno a noi un sacco di gente, amici e parenti ma anche tanti allievi della scuola, che hanno colto il senso di quel gesto. Un gesto, per me, concreto e simbolico insieme, con una valenza anche civile, sociale e politica. Un modo, ancora una volta, di condividere e trasmettere. Condividere gioia, amore, consapevolezza. E trasmettere un messaggio a più livelli. Tra l’altro… che ci si può ancora innamorare a 60 anni, come la prima volta e persino di più.
* Ritieni che abbia senso parlare di eterosessualità e di omosessualità o che invece siano catalogazioni contingenti e siamo semplicemente tutti in potenza bisessuali?
Non so dire se siamo tutti potenzialmente bisessuali. Certo, siamo un mix di biologia e di cultura, e a volte queste componenti si intrecciano in modi diversi e sfaccettati. Quando mi viene chiesto se mi sento omosessuale mi viene da rispondere no… ma ovviamente a questo punto nemmeno eterosessuale. In verità, etichettare non mi interessa…
* Credi che l’identità sessuale in ognuno sia consapevole?
La consapevolezza non è la qualità umana che vedo più diffusa, purtroppo. Il processo di diventare consapevoli è lungo e difficile, e ritengo sia agevolato dal farlo accompagnati. In altre parole, ritengo fondamentale lavorare su di sé – con il counseling, con la psicoterapia, individualmente o in gruppo -, con qualcuno che fa da specchio e contenitore al processo. Quindi anche la consapevolezza sul tema della propria sessualità, la capacità di viverla liberamente e pienamente, il sentirsi radicati nella propria identità personale al di là di qualsiasi etichetta… direi che non sono diffusi. Purtroppo.
* Orientare le scelte sessuali della donna verso l’uomo può avere a che fare – a livello atavico – con la paura che il maschio ha della forza e della indipendenza della donna?
La prima motivazione in questo senso mi sembra piuttosto legata alla sopravvivenza della specie. L’eterosessualità la garantisce, questo è un fatto. Poi ci sono motivazioni socio-economiche che hanno portato al concetto di “famiglia” così come lo viviamo da noi, nella società occidentale globalizzata, ereditato in secoli e secoli di – per usare un’espressione di Naranjo – “ego patriarcale”. Un lungo discorso… Per arrivare a un vero riconoscimento reciproco dei propri valori i maschi e le femmine hanno ancora tanto cammino da fare.
*Cosa significa per te come terapeuta e per te come Alessandra “portare fuori la propria verità”?
Significa sviluppare sempre di più la capacità di “sentire” dentro di sé come stanno le cose e riuscire poi a verbalizzarle. Il che è tutt’altro che scontato! Osservare/ascoltare/sentire dentro di sé è un’operazione che richiede concentrazione: focalizzarsi su di sé come oggetto è di fatto quello che ci insegna da sempre, a un livello di base, la meditazione (e oggi la mindfulness). E occorre fare pratica, perché la concentrazione focalizzata, la presenza, non si raggiungono subito, tenuto conto che nessuno ci insegna a scuola a fare questo… e men che meno a portar fuori la nostra verità. Una volta entrati in contatto con la nostra verità, infatti, non è scontato nemmeno avere la capacità di verbalizzarla. Occorre una sorta di vocabolario emozionale che, appunto, andrebbe insegnato, in modi diversi, ai bambini, ai ragazzini e poi agli adolescenti. Purtroppo la scuola passa nozioni, non insegna a vivere e a stare in relazione, nonostante l’illusoria pretesa di essere “maturi” con il titolo che ci viene attribuito a 18 anni.
*Nelle scelte della tua vita di che cosa ti sei fatta testimone e continui a farti testimone?
Credo di aver cercato sempre, sia in ambito professionale sia in quello privato, di affermare l’importanza dell’onestà e della giustizia. Per me significa dire la verità, dare a ciascuno il suo, riconoscere i propri torti… e anche affermare le proprie ragioni.
*Hai creato una tua scuola che si chiama Collage. Ci racconti questa esperienza?
E’ un’esperienza bellissima, eredità dei tanti anni precedenti in cui ho già fatto formazione. Ma questa volta sento di poter dire che ho cercato di far tesoro anche degli errori del passato. Collage, che ho creato con Alessandra, anche lei counselor oltre che psicologa, é uno spazio per fare e proporre esperienze, di counseling ma non solo. Uno spazio in cui chi viene a formarsi trova accoglienza per un viaggio dentro di sé, mirato a sviluppare risorse personali e professionali e competenze relazionali variegate, con l’obiettivo non solo diventare, un domani, counselor, ma di applicarle in tutti gli ambiti della propria esistenza.
https://www.youtube.com/watch?v=E6z-8D6yuKQ&t=3s
* Qual é il tuo approccio nel lavoro?
È un approccio che integra Bioenergetica, Gestalt e Enneagramma, un approccio che sottolinea il valore del corpo come strumento per entrare in contatto con se stessi e con gli altri, per attivare l’energia, far affiorare le emozioni ed esprimerle in maniera intensa e completa; e poi l’importanza dell’esperienza vissuta e la necessità di operare soprattutto nel presente, ovvero nel qui e ora; il coinvolgimento attivo ed empatico del terapeuta, con la sua intuizione, creatività e congruenza messe a disposizione e al servizio dell’altro nella relazione d’aiuto. All’interno di questo approccio inoltre integro l’approccio rogersiano centrato sulla persona- che del resto é un approccio trasversale a tutte le scuole di counseling- e “le costellazioni gestaltiche”, strumento da me messo a punto per lavorare con i pupazzetti playmobil sulla capacità di rappresentare la propria realtà in modo dinamico. Per me inoltre é fondamentale il lavoro sul carattere: utilizzo in particolare una mappa di personalità, l’Enneagramma, che ormai é diffusa in tutto il mondo e che trovo molto efficace per conoscere se stessi e le proprie dinamiche relazionali.
*Parlaci di come può essere utile per affrontare scelte e cambiamenti nella propria vita..
L’Enneagramma é un formidabile strumento di crescita: una mappa che studio da anni, che ho imparato in particolare seguendo Naranjo e il suo percorso SAT e che ho continuato ad approfondire per conto mio leggendo anche altri auturi e cominciando anni fa insegnando io stessa. Ammetto che é diventato per me una vera e propria “lente d’ingrandimento”con cui osservo il mondo, me stessa e gli altri. Personalmente, l’Enneagramma é riuscito in poco tempo a farmi capire di me e del mio carattere- sono un 8 sociale, per la cronaca, più che dei 15 anni di lavoro su di me individuale e di gruppo. E oggi é una delle chiavi che cerco di condividere e trasmettere con chiunque voglia fare un lavoro di autoconoscenza, applicandolo anche nel mio lavoro di counselor, sia con i miei clienti individuali sia con le coppie. Ho elaborato un mio modo di insegnare l’Enneagramma- che tra l’altro sto proponendo anche nella versione on line-che integra questa mappa con la Bioenergetica, aggiungendo gli aspetti corporeo-energetici che di solito non vengono presi in esame. Anzi, dopo ormai tanti anni di studio di questa mappa, sto seriamente pensando di scrivere un libro mio sull’argomento con l’obiettivo di portare dei contenuti spero creativi e originali.
In che misura possiamo parlare della vita come di un continuo adattamento creativo?
La vita è sicuramente un continuo adattamento creativo, nel senso che vivere – e vivere il meglio che si può, cercando di stare il meglio che si può – significa fluire con quel che c’è. Non sto dicendo che è facile, anzi. Dico che è il mio obiettivo, che lo ho sperimento e che cerco di continuare a farlo, al massimo delle mie possibilità. E cerco di trasmetterlo e condividerlo… Credo di averlo ampiamente dimostrato anche nelle mie scelte private, nelle mie relazioni di coppia, nelle professioni che ho esercitato, nel mio partecipare alla vita pubblica con le associazioni che ho creato e organizzato…
*“Condividere e trasmettere”, il motto che hai inserito nel tuo sito, è anche un motto del tuo modo di vedere la vita?
Assolutamente sì, per me condividere é fare rete, è porre in comune, mettere al servizio, scambiarsi tutto: idee, valori, vissuti, esperienze, percorsi. Trasmettere vuol dire lasciare un segno, un’impronta, portare la propria verità esplicitamente, in modo che anche l’altro possa farsene qualcosa. Del resto, io sono un tipo “sociale”: secondo l’Enneagramma, questo ha a che fare con l’investire le proprie energie soprattutto nella relazione con gli altri. E per me questo è vero al 100%. Fare rete, far incontrare le persone, mettere insieme le energie per me è “nucleare”, è qualcosa che ha a che fare con il mio nucleo profondo.
* Parlaci dell’Enneagramma e di come può essere utile per affrontare scelte e cambiamenti nella propria vita.
L’Enneagramma è un formidabile strumento di crescita: una mappa di personalità ormai molto nota e diffusa in tutto il mondo, che studio da anni, che ho imparato in particolare seguendo Naranjo e il suo percorso SAT, e che ho continuato ad approfondire per conto mio, leggendo anche altri autori e cominciando anni fa a insegnarlo io stessa. Ammetto che è diventato per me una vera e propria “lente di ingrandimento” con cui osservo il mondo, me stessa e gli altri. Personalmente, l’Enneagramma è riuscito in poco tempo a farmi capire di me e del mio carattere – sono un 8 sociale, per la cronaca – più che nei 15 anni precedenti di lavoro su di me, individuale e di gruppo. E oggi è una delle chiavi che cerco di condividere e trasmettere con chiunque voglia fare un lavoro di autoconoscenza, applicandolo anche nel mio lavoro di counselor
* Ritieni di essere stata in grado di creare la tua realtà in relazione al contesto in cui ti sei mossa fino ad ora?
Direi proprio di sì. Di fatto, sono riuscita a fare fondamentalmente le cose che ho voluto e che mi piacevano. Quando ho fatto la giornalista, per circa 25 anni, mi è piaciuto, è stato interessante, mi sono divertita, ho imparato tante cose. E lo stesso sento di dire con il lavoro che faccio da altri 15. Occuparsi di relazione d’aiuto, come counselor e come formatrice, mi piace, è interessante, mi diverte, mi insegna tanto… Direi che il viaggio è un filo rosso da sempre: in giro per il mondo e dentro l’essere umano.
*Che cos’è la Bioenergetica ?
La bioenergetica, diceva Alexander Lowen (1910-2008) che l’ha proposta per primo, è un modo per comprendere l’essere umano partendo dai suoi processi energetici. È una disciplina psicocorporea, praticabile in gruppo con le cosiddette “classi di esercizi” settimanali che permettono di muovere il corpo e di lavorare efficacemente sulle tensioni muscolari e sullo stress (un po’ come andare a fare ginnastica… ma in modo più consapevole); praticabile in individuale in sede di analisi o psicoterapia, e in sede di counseling. Io ho incontrato la bioenergetica grazie alla lettura del libro “Il piacere” di Lowen, poi ho cominciato a praticarla e ho fatto una formazione di cinque anni che mi ha portato al diploma di counselor. Oggi la propongo ai miei clienti e ai miei allievi e anche alle persone non più giovani può offrire grandi benefici. L’importante è fare pratica in modo consapevole, guidati da un esperto, e per gradi.
*Ci può essere un primo approccio con la Bioenergetica anche in tarda età?
Lowen praticava i suoi esercizi anche a 90 anni e oltre. Io l’avevo conosciuto nel luglio 2002, ero a New York per lavoro ed ero andata a casa sua, nel Connecticut, dove avevo passato una giornata con lui. E l’ho intervistato. Aveva 92 anni ma dimostrava 25 anni di meno della sua età: aveva una carica vitale straordinaria, che si manifestava sia nel corpo, nel suo modo di fare, nella postura, sia soprattutto nell’espressione del viso, aperto verso il mondo, e negli occhi azzurri, brillanti e pieni di energia. Quell’incontro con lui mi ha confermato che coltivando un atteggiamento di conoscenza e di intimità con il proprio corpo si può effettivamente vivere e stare meglio (e forse più a lungo?).
* Quali sono stati i tuoi maestri?
Tanti, viventi e non. Sul mio sito ho dedicato una sezione ai “maestri e ricercatori”, proprio perché sentivo buono restituire loro qualcosa, avendo io tratto tanto da loro. Alcuni sono maestri che mi hanno ispirato con la loro vita e per quello che hanno scritto: penso a Reich, Osho, Gurdjieff, maestri nel senso più ampio del termine e diversissimi tra loro. Altri li ho anche incontrati e seguiti e ho avuto modo di imparare direttamente qualcosa da loro: da Faisal Muqaddam a Claudio Naranjo, per esempio. E altri, come Irvin Yalom, vorrei tanto fare in tempo a conoscerli personalmente…
*Hai fondato l’Associazione Punto Africa. Vuoi parlarcene?
Mi colpisce questa domanda, perché Punto Africa appartiene a un passato abbastanza lontano. E mi fa tornare indietro agli anni Novanta, quando mi occupavo soprattutto di viaggi. Ho fondato l’associazione Punto Africa con alcuni amici tour operator, con l’obiettivo di promuovere il turismo nei paesi africani, ma non solo. Per alcuni anni ho organizzato eventi, serate culturali al Centro San Fedele di Milano, scritto articoli, organizzato viaggi, accompagnato colleghi giornalisti, cercando di “fare rete” intorno ai 53 Paesi africani. E tutto questo senza Internet, senza mail, senza facebook, solo con i fax!
*Perché proprio l’Africa, come si lega al tuo modo di essere e di dare un senso alla vita?
L’Africa, allora ma ancora oggi, è il continente più misconosciuto, sul quale ci sono più pregiudizi, più proiezioni, più paranoie. Forse perché è quello più collegato al nostro istinto, quello più carnale, più “primitivo”… quello che fa più paura. Nell’immaginario collettivo è il “luogo” in cui ci sono soprattutto animali feroci e persino i cannibali. Per me l’Africa è il paradiso perduto, tanto più affascinante proprio perché istintivo e primordiale. E il Sahara – nove milioni di kmq di deserto, di spazio, di silenzio – che meraviglia! Mi struggo di nostalgia se penso a quando ci andavo due o tre volte all’anno…
*Cosa significa per te l’età che avanza? Cosa ti sta regalando di nuovo?
Sono nata il 18 agosto del 1954. Sono consapevole del fatto che invecchio… ma direi che lo sono sempre stata. E via via che i decenni passavano, ho accolto ogni nuova decade con serenità. Invecchiando si acquistano cose tanto quanto se ne perdono altre… e accetto da sempre questa realtà. Qualche anno fa, per esempio, ho sofferto molto per una grave coxartrosi bilaterale che mi ha portato quasi a non camminare più se non con molta fatica, al punto che ho portato le stampelle per mesi e mesi, finché a giugno del 2015 sono stata operata e mi hanno inserito due protesi al femore, grazie alle quali ho ritrovato una piena mobilità articolare. L’ortopedico che mi ha operato aveva paventato, con molta chiarezza, che avrei potuto finire su una sedia a rotelle. E per una persona come me, abituata a camminare in montagna e a fare trekking in giro per il mondo non era una prospettiva facile. Ma ho fatto esperienza della grande capacità di resilienza che possiamo avere come esseri umani… E ho imparato tanto! Poi, certo, c’è la morte che si avvicina. Non so cosa accadrà e come ci arriverò. So, da sempre, che mi auguro di incontrarla da lucida, per poter vivere anche quell’esperienza – peraltro fondamentale, credo – in modo consapevole. Ma so benissimo che il desiderio di potermi spegnere piano, nel mio letto, senza troppi dolori fisici, non sarà necessariamente esaudito… Chi vivrà vedrà.
*Qual è il rapporto con i tuoi allievi?
Dal mio punto di vista meraviglioso… poi dovresti chiederlo a loro! Per me la Scuola di Counseling e tutto ciò che comporta è una sorta di famiglia, che di fatto ho creato, nel tempo, ancor prima di avere la famiglia che ho adesso grazie ad Ale e ai gemelli. Da 8 sociale, aver creato una buona rete di condivisione e co-creazione con i miei allievi è una sorta di fantastica “autorealizzazione” per me… e davvero mi sento fortunata per avere, a 60 anni e passa, queste due famiglie che per me sono fonte di nutrimento e gratificazione enorme.
*Tradurre, scrivere per vari giornali, dirigere una scuola di counseling, avere a che fare con i tuoi allievi, praticare quotidianamente quello che tu stessa insegni cosa hanno in comune tra loro?
Tutto, direi! Sono sempre io: come dicevo, sento di aver avuto la grande fortuna di fare sempre cose che mi sono piaciute tanto. Dedicandomi alle mie passioni ho potuto coniugare piacere e dovere, lavoro e tempo libero, curiosità e impegno Che cosa potrei desiderare di più?
*Descriviti usando solo le componenti energetiche del tuo Femminile..
Credo di essere una persona molto intuitiva, capace di ascoltare e dotata di una notevole capacità di sintesi oltre che di analisi (in realtà, ritengo la sintesi una caratteristica più maschile che femminile…). So essere accogliente, so accudire, so includere ed essere materna… anche se mi riconosco (e molti mi riconoscono) una buona dose di “senso paterno” che alle volte supera quello materno. Quanto al non giudizio, diciamo che è una qualità su cui ho lavorato e ancora lavoro molto, perché caratterialmente non è fra le mie priorità. In passato, prima di cominciare a lavorare su di me, ero molto giudicante, ahimè. Mi riconosco una buona dose di affettività, meno di emozionalità: nel senso che non vengo mai (o quasi mai) sopraffatta dalle emozioni, anzi le gestisco/tengo a bada piuttosto bene. Semmai sono più istintiva che emotiva: di nuovo, il mio enneatipo la dice lunga. Conosco bene la rabbia, talvolta la tristezza, pochissimo la paura.