Sulla questione dell’assegno divorzile le donne italiane hanno lanciato un appello per sensibilizzare le Istituzioni, le Comunità e la Stampa per una riaffermazione del principio di equità nella regolamentazione dei rapporti post-coniugali.
Siamo in attesa che le Sezioni Unite della Corte di cassazione si esprimano sul parametro del «tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio», al quale da quasi trent’anni si è rapportata la giurisprudenza in relazione al diritto all’assegno divorzile, messo in crisi dalla Prima Sez. Civ. della Cassazione con la sentenza n. 11504 del 2017, la sentenza “ Grilli”che ha archiviato il tenore di vita.
Il criterio del tenore di vita goduto durante il matrimonio deve ancora essere preso a riferimento nelle cause di divorzio per valutare il diritto del coniuge più debole a ricevere l’assegno divorzile, lo ha chiesto il sostituto procuratore generale della Cassazione, Marcello Matera, alle sezioni unite della Suprema Corte.
«La premessa è che ogni singolo giudizio richiede necessariamente la valutazione delle peculiarità del caso concreto perché l’adozione di un unico principio di giudizio, come quello stabilito dalla sentenza ‘Grilli’ corre il rischio di favorire una sorta di giustizia di classe» cosi ha detto Matera nella sua requisitoria.
Si può anche convenire sul fatto che il criterio dell‘autosufficienza – ha sostenuto Matera – può essere preso come parametro di riferimento, ma non si può escludere di rapportarsi anche agli altri criteri stabiliti dalla legge quali la durata del matrimonio, l’apporto del coniuge al patrimonio familiare, il tenore di vita durante il matrimonio».
Noi donne temiamo che non si tenga conto del gender gap esistente in Italia.
Con il divorzio ciascuno va per la sua strada, ammonisce la Corte, con le risorse di cui dispone in quanto singolo/singola in base al principio dell’autosufficienza economica, non dovendosi dare alcun valore alla qualità e durata del tempo vissuto insieme, all’entità dell’apporto di ciascuno/a alla vita e al patrimonio comune.
Ma la rappresentazione delle relazioni personali proposta non considera però che in Italia l’esperienza femminile è ancora connotata da un forte squilibrio di potere sia nella dimensione privata delle relazioni familiari, sia nella dimensione pubblica, a partire da quella lavorativa.
Questo squilibrio si riflette sulla condizione reddituale delle donne ed è destinato ad accentuarsi con il divorzio laddove il giudice, in relazione alla richiesta di assegno, non riconoscesse anche il valore economico del lavoro riproduttivo e di cura che contribuisce a determinare la ricchezza familiare.
Isa Maggi
Stati Generali delle Donne
Testo e firmatarie