La figura del medico esperto in nutrizione clinica non è solo dedicata a chi desidera perdere peso, anche se spesso il paziente tipo che si rivolge allo specialista è proprio questo, ma spazia anche in altri ambiti della medicina, condividendo con altri specialisti i problemi di chi ha bisogno di aiuto perché colpito da un disturbo che non riesce a debellare.
E’ il caso di Francesca, una giovane donna di 32 anni che viene nel mio studio dopo, come riporta, un pellegrinare dal medico di base, laboratorio di analisi e allergologo.
Francesca ha un fisico minuto, mi dice di esse re dimagrita 5 kg negli ultimi mesi a seguito di disturbi che si sono fatti sempre più insistenti. E’ molto agitata e concitata nel parlare, ha il viso scavato e occhiaie scure. La paziente mi racconta che fino da piccola ha sviluppato una sindrome allergica in particolare ai pollini di betulla e anche alle graminacee, con i classici disturbi stagionali che lentamente si sono cronicizzati, nonostante abbia percorso le consuetevie terapeutiche previste per questa patologia.
Da qualche tempo ha iniziato ad avere dei disturbi a carico dell’apparato gastrointestinale, con episodi di diarrea e a volte una sensazione di nausea insistente che non è riuscita a ricondurre ad un alimento specifico. Ha provato a sottoporsi a test per l’intolleranza alimentare ma questi non sono stati conclusivi anzi semmai ancora più confondenti. Ha allora provato un generico “fai da te” eliminando alimenti come latte e formaggi, uova e crostacei, ma senza miglioramenti della sintomatologia. Oltre a questi episodi che coinvolgevano l’apparato gastroenterico, ha iniziato anche ad avere manifestazioni cutanee simil orticarioidi con eruzioni e gonfiori fino a quando un giorno nel corso di un rinfresco di matrimonio, dopo aver gustato una fetta di torta alla frutta, ha avvertito una sensazione di gonfiore alla lingua che si irradiava al palato e anche esternamente sul viso. Questo ultimo episodio l’ha molto spaventata e quindi si è rivolta al proprio medico curante che le ha prescritto alcune analisi e a seguire allo specialista allergologo.
A Francesca è stata diagnosticata una allergia alla LTP, per cui le è stata data una lista con alcuni alimenti da non consumare e null’altro. Quando si è di nuovo rivolta al medico di fiducia per avere ulteriori ragguagli su quale dieta seguire, non ha avuto le risposte che cercava e quindi anche in considerazione del fatto che i sintomi fastidiosi continuavano, anche se non aveva avuto più episodi come quello occorsole alla festa di matrimonio, aveva deciso per un consulto nutrizionale.
Cosa è la LTP? E’ una sigla e sta a indicare la Lipid Transfer Protein, cioè una proteina particolare che ha la funzione di proteggere moltissime piante appartenenti alla famiglia delle Rosacee, come ad esempio la pesca, prugna, albicocca, ciliegia, ma anche la frutta secca come la mandorla, noce, nocciola, è presente nei semi, cereali e in generale nei vegetali. La sua funzione è quella di difesa del mondo vegetale dagli agenti infettivi ed è localizzata nel rivestimento esterno. Purtroppo questa proteina è molto resistente e non viene inattivata né dalle alte temperature, né dalle lavorazioni industriali né tantomeno dagli enzimi digestivi. A volte è sufficiente sbucciare con attenzione il frutto e la sintomatologia non si manifesta, ma il più delle volte questa manovra è inefficace. Oltre a quelli menzionati, alimenti che possono contenere la LTP sono aglio, asparago, broccoli, banana, castagna, fragola, kiwi, grano, lattuga, arancio, limone e agrumi in generale, mela, mais, mirtillo e frutti di bosco, orzo, farro, pomodoro, pera, soia, uva, legumi come il fagiolo e le lenticchie, bevande come la birra, ma la lista a seconda degli autori e delle osservazioni nei centri specializzati può allungarsi ulteriormente.
Nella letteratura scientifica viene descritta una sindrome allergica polline-alimenti, vale a dire una predisposizione in chi è allergico a sviluppare una reazione incrociata tra polline e alimenti vegetali, questo incrocio pare sia la causa di oltre il 50% delle allergie alimentari diagnosticate.
La diagnosi di allergia alimentare viene in genere eseguita con il test Skin Prick Test (STP), un test cutaneo dove l’allergene viene depositato sulla cute e viene considerato positivo se in 15 minuti circa provoca una reazione locale, i suoi limiti sono un elevato tasso di falsi positivi e la disponibilità nella sua esecuzione di alimenti freschi; il dosaggio nel sangue delle immunoglobuline IgE , anticorpi specifici presenti nel paziente, è un test assai utile che indica se è già presente una sensibilizzazione ad un determinato allergene, cioè alla sostanza che produce la reazione da parte dell’organismo , questa sensibilizzazione può essere già presente anche senza sintomi conclamati; anche per questo test il limite è rappresentato da falsi positivi a causa delle possibili reazioni crociate, ma anche da falsi negativi.
Nel caso di Francesca, la sua preesistente allergia alla betulla può renderla ipersensibile ad alimenti che contengono l’allergene maggiore della betulla, il Bet v1, che oltre che nella polpa dei frutti appartenenti alla famiglia delle Rosacee, pesca , mela, pera etc, è anche presente nel sedano, finocchio , carota, arachide e soia. Questa proteina , al contrario della LTP, è sensibile al calore e agli enzimi proteasi, quindi se cotti o processati industrialmente, possono essere consumati con moderazione.
L’allergia alla LTP è una patologia che viene sempre più diagnosticata e per la quale non esiste ancora oggi un valido rimedio dalla Medicina ufficiale, è in fase sperimentale un vaccino, ma in attesa di sviluppi l’unica possibilità è quella di alimentarsi nel modo migliore possibile senza scatenare fastidiosi e pericolosi disturbi.
Non esistono linee guida per la formulazione di una dieta, abbiamo solo a disposizione una lista di alimenti contenenti la LTP che restringono di molto le opzioni dietetiche.
A questo punto ho cercato di eseguire una anamnesi alimentare il più accurata possibile con Francesca e ho scoperto che già da tempo non gradiva la frutta estiva, guarda caso proprio quella inserita nella lista nera, come la pesca o le prugne ad esempio, ma che la mela sbucciata o la classica spremuta di agrumi non le generava problemi; la pizza con birra consumata almeno un paio di volte al mese con gli amici non le dava reazioni particolari. I legumi invece non li ha mai molto amati, perché soggetta a disturbi come meteorismo e scariche diarroiche. Anche alcuni tipi di insalata, come la lattuga, o vegetali come il pomodoro non sono tra i suoi favoriti, perché “le smuovono troppo l’intestino”.
I miei consigli dietetici sono quindi molto empirici, ho cercato di escludere alcuni alimenti per i quali Francesca aveva una particolare avversione o che erano probabile fonte di guai, quindi pesche, prugne, albicocche, ciliegie, frutti di bosco, fragole, lattuga e pomodoro, mentre per altri ho adottato un criterio di moderazione e rotazione, in modo da ritardare il più possibile una futura reazione allergica verso un nuovo nutriente. Ho consigliato di consumare la frutta staccandola dai pasti principali, per verificare se questa potesse sollecitare una qualsiasi reazione, quindi alternare la mela , pera, banana e agrumi non più di 2 volte alla settimana per ciascun frutto, ho eliminato la frutta secca e i legumi. Per quanto concerne i cereali, ho eliminato orzo e farro, ma ho lasciato il riso e il miglio, consigliando come sostitutivo della pasta di grano duro (quindi niente cous cous) il grano saraceno. Come verdura ho consigliato verdura cotta come spinaci, bietole, fagiolini; finocchio e carote con moderazione e rigorosamente cotti; radicchio e quinoa.
Dieta libera per carne, pesce, uova ; latticini invece con moderazione. Ho consigliato di non eccedere nelle serate a base di pizza e birra, riducendole a 1 volta al mese, visto che ad oggi non le avevano creato problemi, soprattutto ho cercato di tranquillizzare Francesca, incoraggiandola a liberarsi delle paure che l’avevano condotta anche presso il mio studio.
Da quando ha adottato questa dieta, ormai più di un anno fa, la mia paziente non ha più avuto episodi allergici acuti o eruzioni cutanee, ha imparato a “sentire” il proprio corpo e a non preoccuparsi eccessivamente di ogni disturbo, ma ha reagito a questo annotando ogni fastidio potenzialmente imputabile alla sua allergia comunicandomelo tempestivamente e quindi adottando un periodo di sspensione dell’alimento potenzialmente incriminato. Francesca vive oggi più serenamente e consapevolmente la sua allergia, ha imparato ad accettarla e a conviverci in modo flessibile.