Fra tantissimi tipi di yoga c’è sicuramente quello giusto per te.
Spesso le persone mi dicono “Ho provato a fare yoga ma… non fa per me!”. Io spero ogni volta che la porta non sia chiusa per sempre. Perché lo yoga è per tutti, ma proprio tutti. Il problema è che ci sono tantissimi tipi di yoga e orientarsi non è facile.
Lo yoga è un percorso, i primi passi servono a capire dove siamo e dove vogliamo andare. Onestamente non penso che esistano tipi di yoga “sbagliati”: ben vengano perfino i beer yoga e pet yoga, ovvero yoga e birra, yoga e gattini… c’è perfino yoga con le caprette.
Già mi immagino qualcuno scandalizzato davanti all’idea di fare yoga bevendo birra. Gattini sì, caprette ancora ancora, ma… birra??? Ebbene sì, ma ve ne parlerò un’altra volta. Ora concentriamoci sullo yoga che mediamente viene offerto in Italia.
Suddividerei le pratiche yoga in tre grandi famiglie: è una suddivisione pratica, non vado a toccare al momento tradizioni, lignaggi e scuole in senso lato. Sarò costretta a lasciare fuori tantissimi stili: voglio soprattutto farvi comprendere le tipologie, poi starà a voi fare l’esplorazione.
Chi ha letto l’articolo uscito a inizio maggio sa che abbiamo parlato della triade corpo-mente-spirito. Chi non l’ha letto lo trova nell’elenco dei link in fondo alla pagina e si può mettere in pari. Per me le macro aree coincidono con una di queste tre “porte d’ingresso”. Quando parlo di porta intendo che l’attivazione e i risultati avvengono prima di tutto per l’elemento “protagonista”, anche se ogni pratica ha un riflesso su tutti e tre.
Il corpo – Yoga dinamico
Lo yoga dinamico è adatto a chi “non sa stare fermo”, a chi sente la necessità di muoversi, a chi se-non-sudo-non-vale.
Non c’è niente di male, anzi: è già un grande passo verso la consapevolezza sapere che spenderemo soldi e tempo solo se all’illuminazione si accompagnerà un bel mucchio di canotte da lavare.
Partendo dal lato soft considererei una pratica estremamente antica chiamata hatha, che è la radice dello yoga contemporaneo, passerei poi al vinyasa (anche chiamato vinyasa flow) e all’ashtanga vinyasa (per gli amici solo ashtanga) per arrivare al power yoga, estremizzazione moderna per chi canta con Jovanotti “Voglio di più… non mi basta mai!”.
Sempre nell’area “sgobboni” troviamo Hot yoga (in particolare Bikram) che si fa in una sala riscaldata fra 32 e 40 gradi.
In questa sezione è da considerare anche lo yoga Iyengar tutto basato sul maniacale allineamento “anatomico” in modo da ottenere il massimo del beneficio. Non è uno yoga tanto dinamico, ma è profondamente fisico ed è a mio dire l’unico che merita la definizione di posturale.
La mente – Yoga meditativo
A torto o a ragione questo è considerato lo yoga per chi è già “più avanti”. Sicuramente è uno yoga adatto a chi per indole – o per conquista personale – è capace di fermarsi, di apprezzare l’immobilità e riesce a non approfittarne per passare in rassegna email da spedire, colleghi da corteggiare, figli da rimproverare…
In questa sezione inserisco prima di tutto il restorative, poi lo yin e per finire la meditazione vera e propria, che è poi ciò da cui è partito tutto… pensavate mica che lo yoga vecchio di 5.000 anni fosse quello che prevede pose plastiche in tutine dai colori fluo?
Lo spirito – Yoga devozionale
Voglio inserire qui due pratiche che sono rivolte soprattutto agli aspetti mistici dello yoga, anche se naturalmente può risultare riduttivo.
Prima di tutto il Kundalini, che ha grande seguito in tutto il mondo. Prende il nome dal serpente che si ritiene sia acciambellato alla base del nostro corpo e che può essere risvegliato per portare la sua energia attraverso tutti i chakra fino a congiungerci con l’energia universale. Che crediamo o meno di avere un serpente nelle pelvi (facili battute da caserma, lo so…) siamo tutti consapevoli che “là sotto” c’è un generatore di energia potentissimo e che il benessere spesso si accompagna a un senso di innalzamento che dal basso va verso l’alto.
Concludo con il Kirtan ovvero la pratica yoga basata sul canto dei mantra, canti devozionali per lo più in sanscrito. Non è necessario sapere il sanscrito per apprezzarli: una parte rilevante del canto è data dal suono e dalla vibrazione, a prescindere dal significato. Ovviamente possiamo leggerne la traduzione, ma non vi illudete: spesso si riferiscono al ricco corpus di tradizioni, leggende ed epica indiana, e la maggior parte di noi, incluso chi sa a memoria il film Mahabharata di Peter Brook, ne sa ben poco. Ma non è quello il punto: il suono lavora su aspetti molto più profondi della coscienza.
Certo, partire direttamente con il canto devozionale può essere difficile e farci guardare con sospetto da amici e parenti, comunque molti insegnanti includono questo aspetto nelle loro lezioni, ad esempio con il canto dell’Om, e questo è sempre un buon modo per avvicinarsi a una pratica che è sicuramente affascinante.
Ci sarebbe molto di più da dire, ovviamente, ma mi fermo qui. Fra due settimane vi darò qualche consiglio su come capire (con un po’ di pazienza) qual è lo stile di yoga che fa per voi.
Erica Pontalti
Insegnante certificata a livello internazionale Yoga Alliance 500 con oltre 1000 ore di training in vinyasa flow (dal gentle flow al power), yin yoga e restorative yoga. Dopo 6 anni a Bali (Indonesia) di preparazione e lavoro come insegnante e organizzatrice di training Yoga Alliance per l’abilitazione all’insegnamento è rientrata in Italia dove continua a insegnare con grande passione nello studio di Torino Yoga Union e in workshop e retreat in giro per l’Europa e non solo (prossime tappe: Formentera, Portogallo, Marrakech)
Trovate le review dei suoi allievi e i suoi eventi in programma su www.yogatrail.com
Photo credits: Ulrike Reinhold, Simo Cocco, amici e parenti.