di M.P.Ercolini
Per un’etica che abbia voce di donna. Un soggetto etico femminile non è né neutro, né universale, è differente dal soggetto maschile.
L’etica è una parte della filosofia che studia la condotta umana, i moventi che la determinano e le valutazioni morali (bene o male, giusto o sbagliato).
L’interrogarsi della donna su se stessa e la ricerca sull‘identità femminile in quanto tale comportano cambiamenti radicali e svelano questioni irrisolte. Nella cornice più generale del pensiero femminista si indaga sulla possibilità di individuare un’etica che abbia voce di donna.
La vita quotidiana, infatti, ci pone in maniera ineludibile e stringente di fronte a scelte e azioni etiche, in relazione alla fecondazione artificiale, agli interventi sugli embrioni, al dibattito su eutanasia e aborto, e così via. Tali problemi richiedono una rinnovata elaborazione etica.
L’etica femminista si propone di decostruire i valori di fatto esistenti e ricostruire criticamente nuovi valori condivisi, in cui la differenza di genere sia il punto di partenza. Vi è in essa una costante critica nei confronti dell’etica di stampo kantiano o utilitaristico perché entrambe propongono un soggetto astratto, né uomo, né donna, come pure nei confronti delle etiche individualistiche, che si rivolgono ai singoli e non considerano l’interpersonalità dell’agire etico.
Un soggetto etico femminile non è né neutro, né universale, è differente dal soggetto maschile.
Il modulo realizzato da Francesca De Propris nell’ambito del progetto Sui Generis propone a docenti e insegnanti di scuola superiore un percorso trasversale e diacronico su nozioni filosofiche nel campo dell’etica della politica, della scienza e dell’epistemologia inserite in una prospettiva di genere e analizza i contributi della riflessione femminista nei vari campi del sapere.
L’unità didattica offre un quadro d’insieme delle principali nozioni dell’etica, facendo riferimento ad autori classici quali Socrate, Platone, Aristotele e ad autori moderni come Hobbes, Locke e Kant.
Parallelamente, presenta le radici del pensiero della differenza affrontando autori moderni e contemporanei come Heidegger, Levinas, Derrida, Deleuze e Foucault, per poi approfondire le peculiarità di autrici come Irigaray, Cixous e Kristeva, che partirono dalla riflessione sul linguaggio per smascherare il predominio della cultura maschilista nascosto da una presunta neutralità ed universalità linguistica. Vi è una mancanza di un immaginario simbolico dell’universo femminile.
Il pensiero della differenza si afferma a partire dalla fine dalla fine degli anni ’60, caratterizzato da una specifica riflessione sulle tematiche della donna ad opera delle donne stesse. Esso non considera la differenza sessuale in termini puramente emancipazionisti, per rivendicare un’uguaglianza di genere, ma come una differenza da valorizzare per affermare la specificità e l’autonomia della donna.
Chiariti i presupposti del pensiero della differenza, vengono affrontati i Gender Studies, che fanno dell’irrinunciabile rivendicazione della scissione tra sesso e genere una caratteristica fondante.
Gli studi di genere nascono in Nord America a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 nell’ambito degli studi culturali. Si sviluppano a partire dalla riflessione femminista, gay e lesbica, e si nutrono di alcune fondamentali posizioni del poststrutturalismo di Derrida e Foucault.
Essi non focalizzano l’attenzione esclusivamente sulla storia delle donne, bensì trattano della costruzione sociale e culturale di entrambi i generi e delle relazioni che intercorrono tra loro.
La ricerca di genere è interdisciplinare, abbraccia vari campi del sapere e, trasversalmente, ha contaminato ed arricchito la riflessione contemporanea dall’etica alla politica, dalla scienza alla filosofia, dalla psicologia alla sociologia agli studi sul linguaggio.
Il contributo più importante è quello di aver posto l’attenzione sulla corporeità, non solo come dato biologico, ma come differenza di genere, carica, in modo cosciente e consapevole, di tutte le sue implicazioni dal punto di vista sociale, storico, scientifico, culturale ecc.
Gli studi di genere propongono infatti un’importante puntualizzazione su due diversi e separati aspetti dell’identità: il sesso e il genere.
Il primo riguarda tutto ciò che di un individuo è connesso alla biologia e al corredo genetico che manifesta le differenze anatomiche e fisiologiche tra uomo e donna; il secondo rappresenta una costruzione culturale, cioè il sesso calato nella società con tutto quello che ne consegue in termini di sovrastrutture e divisioni di ruolo.
Sesso e genere non costituiscono due posizioni contrapposte, ma interdipendenti: sul sesso si innesta il genere.
Il genere è un carattere appreso, il sesso è innato.
Maschi e femmine si nasce, uomini e donne si diventa.
Fatte salde le premesse teorico-filosofiche, l’unità didattica osserva i contributi del pensiero femminista alla riflessione etica e politica. In particolare, evidenzia le problematiche legate alla connessione tra “femminilità” ed etica della cura, riportando il dibattito tra Gilligan e Tronto.
La psicologa americana Carol Gilligan ha interpretato lo scarto tra uomo e donna, nello sviluppo del pensiero morale, come differenza e non come deficit. Questo termine è subito entrato a pieno titolo anche nel linguaggio del diritto, oltre che nelle discipline che si occupano della condizione femminile.
Gilligan introduce il concetto di etica della cura contrapposto a quello di etica dei diritti. L’etica della cura, dominante nel pensiero morale femminile, si differenzia dall’etica dei diritti, più tipicamente maschile, per il continuo riferimento al soggetto concreto, dando voce ai sentimenti, alle emozioni e alle relazioni affettive.
Joan Tronto si propone invece di liberare l’etica della cura dal suo tradizionale nesso con la moralità femminile, doppiamente controproducente sia perché induce a trattare natalità, mortalità e cura come questioni “da donne” (quindi secondarie), sia perché incatena le donne alla funzione materna.
Interessante è la posizione di Catharine MacKinnon per la quale il diritto è strumento di oppressione maschile sulle donne. Il femminismo deve spostare l’attenzione dalla differenza all’oppressione. La sessualità induce relazioni di potere e di subordinazione del femminile.
Susan Moller Okin fa un’analisi della giustizia a partire dal contributo del femminismo di avere reso “politico il privato”. La sua critica parte dalla considerazione che la famiglia non deve essere considerata come fatto “privato”; fino a che la famiglia sarà esclusa dalle trattazioni sulla giustizia permarrà una dicotomia tra pubblico e privato responsabile di una distribuzione dei ruoli non equa tra uomo e donna. Sul tema della giustizia vengono riportate anche le posizioni di importanti autori contemporanei come Rawls, Nozick e Sen.
Il percorso didattico affronta poi i contributi del pensiero femminista alla filosofia della scienza che, con le teorie del posizionamento e del punto di vista (Harding e Haraway), rendono coscienti le implicazioni di genere nel soggetto dell’indagine scientifica.
Infine vengono presentate le posizioni più recenti dei Gender Studies sulla corporeità e sul soggetto di Braidotti, Buttler ed Haraway e una riflessione sulla filosofia orientale, che vede il maschile e il femminile come due qualità della stessa essenza vitale: lo yin e lo yang dell’unico tao della vita.
L’autrice
Francesca De Propris, si è laureata in filosofia con una tesi dal titolo: L’ideologia di genere nelle teorie biologiche contemporanee. Ha conseguito la specializzazione per insegnare storia e filosofia, sostegno e italiano agli stranieri e attualmente esercita la professione di insegnante precaria all’I.i.s. Carlo Urbani di Roma.
1 commento
Molto interessante l’articolo, offre diversi spunti di riflessione.
Il concetto di etica del riconoscimento o morale della cura è stato introdotto da un filosofo Alex Honneth, come necessità di offrire una prospettiva morale che “obblighi” i soggetti a comportamenti diversi a seconda del tipo di relazione che intercorre.Sono i doveri di cura emotiva per esempio dei genitori verso i figli, o in un rapporto di amicizia, o comunque in tutti quei casi nei quali viene affermato il valore della natura vulnerabile della persona. Questo mi sembra sia quello cui fa riferimento la psicologa Gilligan che la mette però in relazione con il pensiero femminile, e questo lo trovo molto interessante. L’etica del riconoscimento però comprende anche altri doveri,in funzione del consolidamento dell’autonomia morale sorgono obblighi reciproci e universali e infine per rafforzare il valore delle capacità individuali sorgono doveri reciproci di simpatia solidale.
Quindi al di là delle grandi tradizioni filosofiche, che nessuno rinnega, è utile interrogarsi sempre sulla dimensione etica dell’esistenza da prospettive differenti compresa quella qui trattata, che tenga conto della differenza di genere e con un occhio alla filosofia orientale dalla quale abbiamo tanto da imparare.