Abbiamo perso: il ministero per le Pari Opportunità, la Commissione per la Parità, i Comitati vivono per autorigenerazione, le consigliere di parità sono sulla carta, la rappresentanza del 50/50 o delle quote viene inespressa e appaiono inesistenti quasi tutti organismi di elaborazione politica per la realizzazione di pari opportunità.
Quando mi sento smarrita davanti un concetto o una parola, ricorro sempre al vocabolario della nostra lingua madre: l’italiano. Con la stessa certezza con cui, per altre questioni, mi affido alle tabelline.
Sulla parola e sul significato di “cambiamento” credevo di non avere dubbi, come riporta il dizionario: sostituzione o avvicendamento che riguarda in tutto o in parte la sostanza o l’aspetto di qualcosa o di qualcuno; mutamento, trasformazione, variazione ( di clima, di vita, d’umore; di proprietà, di scena).
Già dalla nascita ci confrontiamo con i nostri cambiamenti personali, fisici, intellettuali, generazionali, poi quelli ambientali, sociali, economici, tecnologici.
Il “cambiamento” è la storia della persona, di quella percorsa dai Paesi, un susseguirsi di periodi di sviluppo e del suo contrario, tempi luminosi e tempi bui e la storia di questi secoli è stata un susseguirsi di trasformazioni epocali.
Anche l’oggi ne prospetta un’ altra, che cambierà gli stili di vita, le economie e questo millennio: è l’epoca delle nuove tecnologie, della digitalizzazione del pensiero, del conoscersi virtualmente. Ciò che appariva fantascienza sta diventando realtà, impossibile sottrarsi, necessario assumere regole.
Nel ripensare a ciò, una parte rilevante dei cambiamenti intervenuti nel secolo scorso è dovuta anche all’impegno che le donne hanno profuso per sostenere e partecipare alla crescita del proprio paese, in Italia come altrove.
E’ doveroso ricordarlo e non per riproporre una sorta di “cahier de doléances” fatto di nostalgiche date, di conquiste e fallimenti che viene percepito dalle donne di nuova ed ultima generazione come muffa stantia, quanto per dovere storico.
Tra quelle che pensano non si sia fatto abbastanza e rivendicano una risposta “al sangue versato in un passato recente” e le altre che ritengono ovvi i diritti conquistati, esiste una diversa consapevolezza.
Il nostro Paese, ha attraversato molte peripezie nella cosa pubblica ai più alti livelli istituzionali ed è uscito dall’ultima tornata elettorale profondamente modificato.
Nell’odierno quadro di cambiamento, vero, presunto, effimero, probabile, viene da chiedersi come debbano porsi i talenti e le intelligenze femminili.
Nessun cambiamento può avvenire senza volontà politica ed ora non si può dare un giudizio solo sullo scarso numero di donne presenti nel governo né sulla possibilità di un dialogo con esse ed è bene fare una riflessione.
Non è la prima volta che Il movimento delle donne esasperi le differenze di appartenenza politica, si nutra di autoreferenzialità femminile, impedendo di fatto il necessario scambio di idee per arrivare ad un accordo progettuale, di tutte per tutte, fruendo contemporaneamente di precedenti esperienze e nuove proposte. Il mix può avvenire in modo quasi perfetto se il progetto è lo stesso.
Correggendo ciò che è avvenuto spesso nei passati decenni nei quali è sembrato che una valesse una; col prevalere di momenti di piazza a volte, altre di regolamenti nei quali le voci e la sapienza complessiva delle donne si sono disperse.
Viene da ricercare quante donne ci sono oggi nel governo, se mai abbiano qualcosa nella loro formazione in cui riconoscersi. Un tentativo inutile quanto dannoso.
Per vincere, dopo una dura battaglia (come quella delle donne), spesso c’è bisogno di una tregua, a volte di armistizio, infine di alleanza. E niente può premiare le donne come quest’ultima e qui sta il nodo.
Abbiamo perso: il ministero per le Pari Opportunità, la Commissione per la Parità, i Comitati vivono per autorigenerazione, le consigliere di parità sono sulla carta, la rappresentanza del 50/50 o delle quote viene inespressa e appaiono inesistenti quasi tutti organismi di elaborazione politica per la realizzazione di pari opportunità.
In cambio abbiamo il ministero per la Famiglia che non da spazio a politiche che mettano in condizione la donna di integrarsi all’esterno di essa. Poco d’altronde, si offre alla donna in tutto il programma politico presentato.
Verrebbe da chiedersi perché ostinarci a chiedere cose ritenute desuete. Perché continuare ad essere divise tra chi si sente forza storica immarcescibile e nuove generazioni che vanno accompagnate ma anche ascoltate, perché non studiare un progetto comune, che accorpi ciò che è rimasto in sospeso e il nuovo diverso su cui confrontarsi.
Nessun appello generalista può rispondere a queste necessità.
Necessario è rompere gli schemi, varcare le porte e questo lo potrà fare solo una forza compatta e numerosa.
Può apparire una visione velleitaria ma il rimettere tutto in discussione, cambiare pelle ma per non per cambiare identità, sia l’unico modo per non rendere la forza delle donne evanescente.