di M.P.Ercolini
Il rapporto maschile con il denaro è molto diverso da quello femminile.
Si dice spesso che l’economia non sia “cosa da donne”. Però la storia, in ottica di genere, dimostra che le donne si sono sempre occupate di economia e che proprio da ragioni economiche è derivato il loro status subordinato e dipendente da quello maschile.
Qual è il ruolo della donna nell’analisi economica? Quali differenze di genere caratterizzano le cosiddette “economie sviluppate”?
Banche d’affari e finanziarie sono gestite da uomini.
Il rapporto maschile con il denaro è molto diverso da quello femminile. Ma in Islanda le donne sono state chiamate a rimettere in ordine le finanze dello stato andato in bancarotta per il fallimento delle banche, gestite da uomini.
I mezzi di comunicazione di massa danno ai giovani una formazione economica passiva. La scuola può offrirgli invece gli strumenti di analisi che permettano di andare al di là del mero aspetto descrittivo.
Carla Sabatini nell’ambito del progetto Sui Generis, confronta dati relativi all’occupazione femminile e maschile, suggerendo alcune ipotesi sull’origine delle differenze e indicando i possibili interventi per ridurre le disparità in campo economico/lavorativo.
Per favorire il coinvolgimento giovanile, un primo questionario ha posto gli interrogativi chiave sulle differenze di genere in ambito economico, rapportandoli al vissuto e all’esperienza personale di ogni singolo/a studente, con un percorso aperto al prossimo futuro: Quante e quali persone lavorano nella mia famiglia? Che lavoro svolgono? Quali retribuzioni percepiscono? Chi si occupa della casa, dei bambini e degli anziani? Cosa vorrei fare da grande? Dovrò scegliere tra lavoro e famiglia? Potrò essere economicamente indipendente?
Alla riflessione personale fa seguito l’analisi di alcuni dati sull’occupazione italiana ed europea nel 2008.
Tasso di occupazione in Italia: femminile 47,2% – maschile 69,8%
Nel 2007 il tasso di occupazione femminile in Italia era nettamente inferiore a quello di altri paesi europei del Mediterraneo (46,6%, contro il 60% della Francia e il 54,7% della Spagna, mentre i valori del Nord Europa sono decisamente più elevati).
Incidenza dell’occupazione femminile rispetto all’occupazione totale nel 2008:
Italia = 39,9% – Unione Europea = 44,8%.
E inoltre, le donne italiane guadagnano meno della metà degli uomini (46%).
Dai dati statistici emerge inoltre che le ragazze incontreranno maggiori difficoltà nel trovare un lavoro, avranno più probabilità di lavoro a tempo parziale o determinato e meno probabilità di ricoprire ruoli di elevata responsabilità e infine si scontreranno con maggiori difficoltà nell’accesso al credito, nel caso in cui vogliano avviare una propria azienda.
Secondo studi recenti, un aumento dell’occupazione femminile avrebbe
effetti benefici sulla nostra economia e sull’aumento del Pil; le imprese “al femminile” mostrano infatti un andamento più positivo di quelle gestite prevalentemente da uomini (rischiosità inferiore, migliori performance reddituali).
Le donne che lavorano possono essere una fonte fondamentale di reddito familiare, in particolare in periodi di crisi economica, nei quali la perdita dell’occupazione può colpire gli uomini più delle donne.
Ci si chiede allora se le difficoltà che le donne incontrano nel mondo del lavoro siano dovute alla loro scarsa preparazione, ma si scopre che i risultati scolastici e universitari delle donne sono mediamente migliori di quelli degli uomini.
Tuttavia, a parità di titolo di studio, le donne hanno minori probabilità di trovare un lavoro corrispondente alla loro preparazione culturale.
Donne preparate e potenzialmente efficienti, incontrano difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro e nel reperimento di un lavoro adeguato alle proprie capacità.
Quanto incidono i carichi familiari e quali problemi possono ostacolare la loro piena realizzazione sul lavoro?
Si stima che il tempo dedicato ai lavori domestici dalle donne italiane sia quasi otto volte superiore a quello degli uomini. Su di esse ricade quindi la maggiore difficoltà a conciliare lavoro in casa e fuori. In molti casi ciò coincide con la rinuncia da parte delle donne a un lavoro retribuito fuori casa, oppure con il ricorso a contratti di lavoro part-time.
L’accesso al lavoro delle donne in Italia diminuisce al crescere del numero dei figli, a differenza di altri paesi europei.
Viene proposta un’ulteriore riflessione sull’uso del linguaggio, che rivela spesso atteggiamenti discriminatori: tutte le figure professionali tratte dai testi dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro del settore Turismo, ad esempio, sono indicate al maschile, tranne governanti, guardarobiere, stenodattilografe, stiratrici, cucitrici, rammendatrici e cameriere. Restano di genere indefinito alcune figure quali estetista, massoterapista, centralinista ecc.
Le disparità di genere non sono inevitabili, ma per combatterle sono necessarie politiche mirate: educative (lotta agli stereotipi nelle istituzioni scolastiche e formazione in ottica di genere dei formatori), economiche (realizzazione di politiche attente al genere e consapevoli che le decisioni di spesa non sono neutre, ma possono amplificare o ridurre le disuguaglianze esistenti) e di pari opportunità (volte a combattere le disuguaglianze di opportunità per l’accesso all’istruzione e al mondo del lavoro e per la condivisione dei compiti di cura della famiglia).
L’autrice
Carla Sabatini
Insegna Discipline Economico-aziendali nel settore turistico dell’IPSSCT Giulio Verne di Roma dal 1986.
Dal 2002 collabora con la casa editrice Tramontana, specializzata nelle materie aziendali, economiche e giuridiche. E’ in possesso di una seconda abilitazione in Discipline giuridico-economiche e di alcuni titoli post-lauream (Corsi di Perfezionamento nell’ambito
delle Scienze della Formazione).