Cina, seconda metà del XVIII. Ho subito pensato a questo romanzo come ad una copia, vissuta dall’altra parte del mondo, del recente “La colonna di fuoco” di Ken Follett.
In questo sfondo storico, la poetica di questa famosissima autrice cinese, disegna una storia d’amore dalla membrana ibrida, molto fantasy e futurista.
Colin e Bea si amano in una cornice di albicocchi in fiore, arrugginite polveri da sparo, guerriglie religiose.
La sorellastra di Colin è una strega con il dono di pontificare i cuori altrui, potere del mentalismo o della forza magica degli ideogrammi che con poco, una “yin” a volte, identifica con impareggiabile fluidità un ideale di armonia che il mondo occidentale non si figurava neppure.
Particolarissimi e assolutamente graditi a chi cerca di addentrarsi nella letteratura cinese post-classica i personaggi satellite: “l’albicocca”, “il cammello miope” e la “concubina croccante”, come i relativi ideogrammi li identificano.
Tirando le somme, se avrete la bontà e il prurito irresistibile di scoprire quanto la Cina non sia così letteralmente a noi vicina, vi imbatterete in una narrazione dai codici inusuali dove l’amore va davvero oltre la morte e dove la lotta è anima purificatrice.
Splendido e melodioso, secondo solo al genio della “Buona terra”.