Simone Signoret intensa anche su carta.
Prima di leggere questo romanzo storico non pensavo l’attrice francese fosse intensa anche su carta. E schematica
E schematica. E che scrivesse come sto facendo io. Spezzando. E riprendendo dall’ultima frase. Come un copione. Né sapevo fosse la figlia del celebre inventore polacco della traduzione simultanea. Ma, d’altro canto, la cosa era intuibile visto lo stile.
Anni ’20, Parigi, un gruppo di ebrei polacchi cerca di farsi “naturalizzare”.
In un condominio si vive di paure, fame placata dal pane nero preso con la tessera annonaria, dubbi sulle razze, curiosità e libertinaggio, figli, nipoti, innamoramenti in quella specie di sottobosco ricavato dai rifugiati in barba ai nazisti di primo rango.
Stile assolutamente inconsueto, ingolfato e poco fluido ma per questo originalissimo.
Storia non solo vera ma anche vissuta.
Speranza. Se cercate tra “i cristalli” dell’omonima notte un diamante imperituro vi consiglio questo libro.
Ho sempre adorato i romanzi scritti da chi si vota ad altri rami artistici e penso al genio psichico di De Carlo, a Paolo Limiti, a Corrado Augias, a Concita de Gregorio, poliedrici in grado di conferire alle righe quel “quid” che forse uno scrittore monocorde non riesce a trasmettere.
Voto 8 e mezzo