Un romanzo che troverà due te: una, all’inizio della lettura, sicura, rocciosa, paladina dello stupido “a me mai!”; una seconda te, lì, con la bocca aperta e bagnata di lacrime salate impalata a stoccafisso sull’ultima parola “risate”.
È stato un colpo…di grazia, ma pur sempre un colpo.
Nelle famiglie non ci si ama, si vive di compromessi apparenti, di comodità impellenti, di pigrizia convenzionale.
Se nelle nostre famiglie si potesse essere sinceri e scoperchiare tutti i vasi come in un ipotetico ultimo giorno, a tavola con genitori e fratelli non ci si potrebbe sedere mai più.
È fastidioso ammetterlo, ma è così. Non ci si ama.
Si convive con la forza, per buona educazione e perché è impossibile andare altrove ed oltre.
In una famiglia composta per di più da donne, l’ultimo arrivato è Alfie. È un bimbo dolcissimo, vuol essere amato.
Sono tutti occupati a fare altro, però.
Cassie, la sorella minore, vuole capire perché è attratta dalla sua amica.
La mamma è attratta dal suo collega e, rivendicando il diritto di essere felice anche per un solo istante, dona il suo corpo al collega.
E il corpo del piccolo Alfie è attratto per sempre dal mare.
La famiglia si disperde tra le onde della disperazione, in un vortice che schiaffeggia il lettore e sbatte i sensi di colpa come panni sporchi posseduti dal male.
Dora, la sorella maggiore, in un favoloso flashback alternato alla sua vita attuale da quasi mamma, ricostruisce i pezzi di quella tragedia in cui tutti hanno una consistente parte di colpa.
Solo lei no.
Lei può con speranza ricostruire e scegliere se puntare il dito o insegnare agli altri la via del perdono.
In ogni famiglia ci sono buoni e cattivi sentimenti da scagliare e quanto più li tratteniamo più forti poi saremo costretti a lanciarli, questo, però, non impedisce di riconciliarci.
Una lettura veramente impressionante che dà voce a ciò che non si ha mai il coraggio di dire.
Pochi i luoghi comuni e i passaggi inverosimili, tutto il resto è un insegnamento veramente maestoso.
Voto 10.