Quella straordinaria proprietà del Vate di pittare le sfumature del dolore, della brutalità, della bestialità codarda.
Ho sempre rimandato questa lettura, da anni. La temevo. L’ ho appena conclusa.
Quella straordinaria proprietà del Vate di pittare le sfumature del dolore, della brutalità, della bestialità codarda.
Il protagonista ha tradito e anche sua moglie. Ma la donna, che mi rimanda sempre alla maestosa Laura Antonelli, porta nel grembo il frutto di quello che solo per donne era un reato.
In una girandola grigia di risentimento, violenza, mascolinità traviata, in quella lotta implicita tra maschi del branco il più forte abbatte il piccolo.
Con quanta potenza catartica D’Annunzio ricostruisce l’ideologia omicida, la programmazione, l’odio, la disumanità e la disarmante irrazionalità.
E con che spessore parolifico e prolifico ci regala delle scene vivide e palpabili di odio abominevole e dissacrante!.
E come è attuale questa aggressività maschile, questa dicotomia fra ciò che si può perdonare e ciò che si deve lavare con il sangue.
Uno straordinario documento sulla violenza intollerabile e sulla favolosa quanto incresciosa verosimiglianza fra gli esseri umani e i predatori.
Un romanzo che ricorda il vomito dell’anima dell’innominato ma anche la giustificazione del “delitto” e del “castigo”.
Voto 8.