Siamo ormai in primavera e l’aria più tiepida ci invita ad approfittare delle belle giornate, magari crogiolandoci al sole. Forse non lo sappiamo, ma compiamo un atto terapeutico, facendo il pieno di una preziosa vitamina, la vitamina D.
In questi ultimi anni molte riviste scientifiche si sono occupate della vitamina D, in particolare di cosa succede se la sua concentrazione nell’organismo non è sufficiente.
Ma cosa è la vitamina D? La vitamina D è un pro-ormone con diversi metaboliti attivi che agiscono come ormoni. Viene metabolizzata dal fegato a 25-idrossicolecalciferolo, che viene poi convertito dai reni a calcitriolo, forma attiva. Questa conversione viene regolata dalle paratiroidi ma anche dai livelli circolanti di calcio e di fosfato.
La vitamina D è costituita principalmente da : D2 (ergocalciferolo) e D3 (colecalciferolo), quest’ultima forma naturale utilizzata per la supplementazione terapeutica a basso dosaggio
La vitamina D interessa molti sistemi di organi e la sua funzione principale è quella di favorire l’assorbimento di Calcio e fosfato dall’intestino , preludio per una corretta formazione e mineralizzazione dell’osso. Ma non serve solo a questo, nella sua forma attivata questa vitamina agisce come un ormone che influenza e modula l’infiammazione e il sistema immunitario. Una sua carenza è stata associata a diversi tipi di malattie, dal diabete all’infarto, dall’Alzheimer all’asma o alle malattie autoimmuni. In particolare studi di laboratorio hanno ipotizzato una correlazione tra la vitamina D e la prevenzione o il rallentamento dei tumori , riducendo la velocità di crescita delle cellule e favorendo la morte di quelle tumorali. Questi dati sembravano rafforzarsi analizzando i risultati di studi in vivo, dove popolazioni che si esponevano di più al sole avevano una minore suscettibilità a sviluppare forme cancerose, anche se non è stato possibile correlare un valore di vitamina D medio con questa osservazione.
Ma dove si trova la vitamina D in natura?
La fonte più diretta è la sintesi attraverso l’esposizione alla luce del sole : nella pelle un grasso simile al colesterolo viene trasformato per effetto dell’esposizione ai raggi UVB, però un terzo del fabbisogno giornaliero di vitamina D proviene anche dalla‘alimentazione.
I cibi in cui se ne trova di più , oltre a quelli che ne sono arricchiti a livello industriale, come qualche latte vaccino o vegetale o cereali per la prima colazione, sono i pesci come salmone, sgombro e aringa, l’olio di fegato di merluzzo, il tuorlo d’uovo e il fegato. Una volta prodotta nella cute o assorbita a livello intestinale, la vitamina D passa nel sangue e da qui una proteina specifica la trasporta fino al fegato e al rene, dove viene attivata.
I livelli di vitamina D possono diminuire con l’età a causa della riduzione di sintesi da parte della pelle, ridotto è anche l’assorbimento quando si usa la protezione solare o quando è inadeguata la esposizione alla luce del sole. La sua carenza altera la mineralizzazione ossea, causando il rachitismo nei bambini e l’osteomalacia-osteoporosi negli adulti. La diagnosi comporta la misurazione serica della 25(OH)D (D2 + D3), che si fa nei comuni laboratori.
Ma quale è il valore di vitamina D corretto? Ancora oggi si dibatte nelle pubblicazioni scientifiche, in quanto non esiste un dato certo: la maggior parte degli esperti consiglia di non scendere sotto i 30 ng/ml altri alzano la posta al valore 50.
E’ quindi importante cercare di vivere il più possibile all’aria aperta, bastano soprattutto nei mesi di irraggiamento più intenso anche solo 15 minuti di esposizione. Il punto del corpo più sensibile per l’assorbimento è il tronco, ma vanno bene anche le braccia , gambe e il torace. Se lo stile di vita o l’alimentazione non sono sufficienti, allora si può integrare con la somministrazione farmaceutica della vitamina, cercando di evitare il fai da te, in quanto questa vitamina è liposolubile, quindi si può accumulare nel tessuto adiposo, può essere tossica se i valori circolanti nel sangue si alzano oltre la soglia dei 100 ng/ml.