Il rapporto che il Profeta di Nazareth intrattiene (nei Vangeli sinottici e ancor più in quelli apocrifi) con gli esseri umani di sesso femminile è assai più complesso e ricco di quanto normalmente si creda.
Del resto, se non fosse così, non si spiegherebbe il profondo impatto che la sua figura ha avuto sulla parte femminile del mondo.
Un susseguirsi per oltre 2000 anni di Martiri e Sante, ognuna con il suo carattere ed il suo approccio sempre tipicamente femminile, si giustifica soltanto con una profondissima adesione alla dimensione cristica.
Nessun altro protagonista della coscienza religiosa mondiale ha avuto un “consenso” così diffuso, esplicito e profondo tra le donne.
Capita troppo spesso che la parte femminile della storia del Cristo venga ridotta all’attonito stupore della Annunciazione cui si sostituisce l’incolmabile dolore della perdita nella Crocifissione.
Nella realtà dei testi, e in particolare nei Vangeli Apocrifi, la figura di Maria è molto più densa. La scelta di consegnarsi al Signore precede di molto la visita dell’Angelo. Maria, in esplicito contrasto con la comunità, sceglie autonomamente la propria strada.
Tanto autonomamente che ella diventa un problema quando giunge alla maturità sessuale, che evidentemente contrasta con la sua scelta virginale. Da qui la dialettica della comunità con Giuseppe, cui viene affidata per separarla dalle compagne “normali” e la drammatizzazione del problema quando Giuseppe viene accusato di non averne rispettato la purezza.
Ancora, va ricordato che immediatamente alla felice scoperta che diventerà madre, a Maria si apre la consapevolezza del destino. Ella è da subito consapevole che su suo figlio si attuerà la profezia di Isaia che lo condanna a morire trafitto da lancia…
E, del resto, la vita non si presenta subito come facile costringendo la famiglia da subito alla fuga.
La Maria di questa esistenza complicata ci appare, a ben guardare, come la madre intelligente che, consapevole della peculiarità del figlio, ne subisce, corregge e accompagna i passaggi spesso con una punta di ironia.
Gestisce la fuga al Tempio del ragazzo, ne governa le intemperanze ma, quando egli è pronto, non esita a fiancheggiarlo come fa a Cana invitando i presenti ad accettarne gli ordini (“Fate come vi dice di fare”) e propiziando così il primo grande miracolo.
È curioso, e forse anche significativo, che nei Vangeli la figura del padre Giuseppe tenda a scomparire quasi del tutto mentre nelle rappresentazioni popolari di tipo pittorico il piccolo Gesù venga spesso rappresentato al suo fianco e magari impegnato con lui in lavori di falegnameria.
Quel che è certo è che Giuseppe non sarà presente sul Golgota, al fianco di Maria. Da qui l’ipotesi che sia venuto a mancare negli anni precedenti.
Un gran numero di figure femminili, di nuovo soprattutto negli apocrifi, costellano la vita del Cristo. Spesso esse ruotano attorno a Maria, come le sorelle di Lazzaro, e talvolta (come nel caso della levatrice che rifiuta di credere alla sua verginità) anche con accenti abbastanza cruenti.
In generale, Maria appare come il tramite tra l’universo femminile e il figlio. A lui ella indirizza costantemente tutte quelle che le si rivolgono in stato di difficoltà o di sofferenza.
Tale funzione sembra compendiarsi sul Golgota, ai piedi della Croce. Qui Maria diventa narrativamente il punto di coagulo delle altre donne come del “più amato fra gli apostoli” (cui, peraltro, ancora non si dà un nome certo).
Questa centralità è stata meglio di tutti espressa da Jacopone da Todi, nella Lauda intitolata al suo pianto. In essa il rapporto madre – figlio torna alla sua natura carnale, compreso il fatto che Gesù si lamenta della presenza materna che accresce (con il suo dolore) la difficoltà del momento.
Il resto è ben noto. Il sepolcro aperto, le diverse riapparizioni del Cristo sia alla madre che ai discepoli, in una parola l’apoteosi pasquale della vita che sconfigge definitivamente la morte.
E la Madonna, la madre del Cristo?
Essa è venuta definendosi attraverso una infinità di rappresentazioni pittoriche e poetiche, ma soprattutto attraverso i tre dogmi che l’hanno costruita come ora la conosciamo.
In primo luogo il “virginale concepimento”, adottato come dogma nel 553, che stabilisce non soltanto quanto scritto chiaramente nei Vangeli, ma anche che tale verginità sarebbe rimasta anche dopo la nascita di Gesù.
A seguire la “immacolata concezione”, adottata come dogma nel 1854 che stabilisce come Maria sia stata (unica nella storia del mondo) concepita senza il peccato originale; ciò poiché era destinata a ospitare il Cristo e non poteva avere imperfezioni o peccati.
Infine, la “gloriosa assunzione”, adottata nel 1950, che proclama come alla sua morte, la Madonna sia stata assunta in cielo con il suo corpo (onore toccato prima di lei solo al Profeta Enoch).
Si tratta, per i credenti, di una serie di peculiarità straordinarie che accentuano il carattere unico di questa figura rafforzandone la centralità.
Per i portatori di dubbio, rimane la sensazione che essi allontanino da noi quella bella figura femminile che i Vangeli ci raccontano.