“La mia nonna era una bravissima sarta e la mia mamma ha avuto un negozio di arredamento ….. per me i tessuti sono sempre stati un po’ magici!!” Così racconta Carlotta Oddone, che, con il marito e i figli, abita in una fantasiosa e colorata casa che rispecchia tutta la sua passione e sintetizza egregiamente la filosofia del suo lavoro.
Carlotta è una creativa la cui ispirazione nasce dalla natura, dai fiori e dagli animali. La sua storia mi ha colpito perché il suo è un processo rovesciato rispetto al percorso di altre donne – architette di formazione – che hanno scelto di esprimere la loro creatività dentro mondi limitrofi all’architettura, dal design del gioiello al fashion design, dalla fotografia alla musica. Carlotta invece con una laurea in filosofia e un passato giornalistico a quarant’anni ha optato per il suo sogno, ovvero l’interior design.
A svelare la sua vena poetica sono gli oggetti e gli accessori che ha realizzato e realizza per personalizzare gli ambienti domestici, ma anche per avvolgere di atmosfera le suites di un prestigioso relais della campagna piemontese.
Sei stata incoraggiata dalla tua famiglia nella scelta dei tuoi studi?
Diciamo che qualche piccola zavorra alla mia libertà c’è stata: desideravo fare il liceo artistico, ma secondo la mia famiglia era un ambiente potenzialmente poco sano. Anche il mio desiderio forse un po’ confuso di iscrivermi ad architettura è stato un po’ scoraggiato. A quel punto avrei comunque potuto scegliere autonomamente, ma la vita mi ha portato alla facoltà di filosofia.
E com’è nata la tua propensione per l’interior design? Da dove hai cominciato?
La mia nonna era una bravissima sarta e la mia mamma ha avuto un negozio di arredamento abbastanza conosciuto a Torino. Quindi forse è un po’ nel sangue! Fatto sta che per me i tessuti sono sempre stati un po’ magici!! Ma nella prima fase della mia vita adulta ho creduto che i lavori con una forte componente artistica e creativa fossero meno seri degli altri. Forse mi sembrava troppo strano potersi divertire lavorando, così ho fatto la giornalista. Solo a 40 anni, incoraggiata da mio marito, ho mollato tutto e ho iniziato con l’Officina dell’Invisibile a creare pezzi unici. Più tardi è iniziato anche il lavoro di interior decorator: perché le persone a cui vendevo i miei pezzi iniziavano a chiedermi consulenze più estese e approfondite.
È più difficile per le donne farsi sentire e salire ai livelli più alti? Quale effetto pensi sia stato sul tuo lavoro essere una donna?
Certo e lo sarà ancora per qualche generazione. È un gap che scontiamo per la nostra storia millenaria che non si cancella con un colpo di spugna. Però nel caso specifico sono convinta che la sensibilità femminile giochi molto a favore del nostro lavoro. Non solo nel campo del gusto, ma in quello delle relazioni. Infatti chi fa design deve mettere insieme tante esigenze. Solo la creatività non basta.
Sei mai stata discriminata durante la tua carriera?
Per fortuna no. Forse perché ero già adulta e quindi un po’ più capace a esprimere autorevolezza.
Qual è stato il progetto che ti è rimasto nel cuore?
Difficile rispondere perché sono una persona emotiva e quasi sempre metto anima e cuore nel lavoro del momento. Ma forse le prime stampe delle mie collezioni di tessuto.
Che rapporto hai, nel tuo lavoro di interior designer e nel quotidiano, con la tecnologia?
Rispetto all’uso della tecnologia che fanno i miei figli, svsd, ho un approccio più timido. Nella fase progettuale mi considero un’artigiana, però poi la tecnologia diventa importantissima quando si tratta di veicolare il mio lavoro e di comunicarlo. Mi piace un sacco Instagram, per esempio.
Come è organizzato il tuo lavoro,? Cosa riesci a delegare e cosa segui personalmente?
Dolenti note!! Ho tantissimo lavoro ma non sono capace a delegare quasi nulla: la parte di art director per le due aziende di cui sono consulente è indelegabile…. E nei cantieri voglio sempre mettere il naso di persona. I clienti li voglio seguire io. I miei artigiani, sarte, tappezzieri, falegnami, li voglio incontrare ad ogni passo. Insomma un delirio. Ma il proposito è di imparare a farmi aiutare.
Cosa consigli a chi vuole investire nei propri progetti e intraprendere una carriera come la tua? Che cosa suggeriresti a chi vuole diventare interior designer?
Sinceramente ho un approccio totalmente fatalistico per queste cose. Non è come dire: studia tanto e diventerai un bravo ingegnere. Nei mestieri che hanno una forte componente artistica non c’è una ricetta. Bisogna crederci e avere anche un po’ di fortuna!
Cos’è per te fare interior design oggi?
In realtà io credo nel contro design. Cioè in quel design non industriale, lontano dai prodotti di lusso, impersonali e con poca anima. La mia azienda quando è nata si chiamava Officina dell’invisibile perché tutti i pezzi erano unici e a tutti erano dedicate energie non visibili agli occhi, ma che lo rendevano speciale. Oggi più che mai credo che serva un design fuori dagli schemi. Molto, molto personalizzato.
Dove trovi le fonti della tua ispirazione?
In questa cosa della ricerca di ispirazione mi impegno tantissimo. Seguo con attenzione il lavoro dei designer. poi seguo con entusiasmo le manifestazioni di arte, biennali, esposizioni. Anche se le cose che in genere mi piacciono di più vengono dal mondo dell’arte cosiddetta minore e dell’artigianato. Mi capita di essere folgorata da qualcosa che mi ispira e poi fa nascere dentro di me qualcosa di completamento nuovo. Non voglio dire banalità, ma anche la Natura dice la sua.
C’è una donna interior designer, artista o architetta a cui ti ispiri?
Mi piace Nathalie Lete una francese che ho seguito dall’inizio del suo lavoro, dopo aver visto pubblicata su una rivista la sua casa matta: ha iniziato con i suoi buffi disegni e ora firma le collezioni più divertenti di Gucci! Ma mi piace anche molto Rossana Orlandi che non è né designer, né architetta, ma raccoglie con gusto estremo, nel suo regno di via Bandello a Milano, il meglio che esista al mondo del design di nicchia (fino ad ora niente di mio, sigh!).
Un oggetto di design e un’architettura a cui sei particolarmente affezionata
Mi fanno sognare le sculture a punto croce di Frederique Morrel. Quando le ho viste la prima volta si è aperto un mondo per me. E poi ho nel cuore molte architetture brasiliane, pulite, ariose, curatissime.
Come si trova il giusto equilibrio fra vita privata e carriera?
Dedicando il giusto tempo ad entrambe, senza sacrificare una delle due.
Cosa pensi dell’Italia dopo la tua permanenza in Brasile?
Penso che l’Italia sia il paese più bello del mondo e forse, nonostante tutto, uno di quelli dove è più facile vivere. Il Brasile è meraviglioso, ma anche molto faticoso.
Sul tuo tavolo da lavoro non manca mai…. La mazzetta pantone.
Una buona regola che ti sei data? Svegliarmi presto la mattina.
Il tuo working dress? Come la mia idea di design, lontano dal lusso e possibilmente un po’ personalizzato.
A cosa stai lavorando adesso? Quali sono i tuoi progetti futuri?
In questo momento sono impegnata su molti fronti: la creazione di nuove collezioni di tessuti stampati e jacquard che portano il mio nome, il restyling di molte suite di un meraviglioso Relais et Chateau nelle Langhe e molti cantieri privati. Il sogno a breve è di coinvolgere mia sorella e ingrandire l’azienda, lanciando alcuni prodotti con una forte connotazione tessile.