E invece sono sette le donne nel nuovo Governo. Poche, giuste o tante?
Dipende dalla visione-percezione che ciascuno/a ha di sé e dell’altro/a.
I fatti sono quelli che contano e 7 ministre su 21 che compongono il nuovo governo, non ci inducono né ad elogi straripanti né a severe critiche. Né ci appassionano lamentele o piagnistei sulla scarsa rappresentanza di genere: le cose stanno così.
Veniamo dunque alle cose concrete.
Cosa possono fare le donne dentro e fuori le istituzioni?
Le nuove ministre sono già state vivisezionate dai media che pare sappiano tutto di loro: appartenenza, curriculum pubblico e privato.
Per quanto ci riguarda cominciamo a conoscerle:
Luciana Lamorgese, ministra dell’Interno. Consigliere di Stato, Prefetto di Milano fino al 2018, va a riempire la casella dei tecnici.
Paola De Micheli, ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti, con una caratterizzazione fortemente politica da parte del PD.
Teresa Bellanova, ministra all’Agricoltura. Sindacalista nella CGIL pugliese. In prima linea nella lotta al caporalato ha ricoperto varie funzioni fra le quali quella di coordinatrice regionale delle donne di Federbraccianti. Anche lei designata dal PD.
Elena Bonetti, ministra alle Pari opportunità e famiglia, su indicazione anche essa del PD. È una matematica e professore associato di Analisi a Mantova.
Fabiana Dadone, deputata al secondo mandato, sarà Ministra della Pubblica Amministrazione su indicazione del M5s.
Nunzia Catalfo, senatrice M5s, è la nuova ministra del Lavoro e delle Politiche sociali. Prende il posto del capo politico del Movimento, Luigi Di Maio. ‘Orientatore e selezionatore del personale’ è presidente della commissione della 11/ma Commissione permanente Lavoro pubblico e privato e previdenza sociale.
Paola Pisano, all’ Innovazione tecnologica, ancora designata dal M5S. Vanta un percorso accademico tutto dedicato all’innovazione.
Facce nuove, abbigliamento adeguato alla circostanza, le ministre hanno fatto il loro ingresso nelle stanze del Governo.
Dovranno affrontare alcuni aspetti politici molto delicati ma di fondamentale importanza a partire dal rispondere politicamente alle forze che le hanno espresse. Altra questione quella di non riproporre il vecchio copione che vuole, ad ogni cambio ministro, lo smantellamento di tutti gli apparati ministeriali che hanno lavorato con la gestione precedente salvo ricominciare ogni volta dalla ristrutturazione interna piuttosto che sulle politiche da avviare.
Ultimo, non certo per ordine d’importanza, dare seguito ad un programma concordato ma che sia attento ai bisogni espressi dai cittadini .
Se le forze politiche metteranno in grado tutti i ministri/e incaricati di operare si potranno creare le circostanze per trovare anche modalità meno rigide di confronto.
Dal nostro punto di vista, osserviamo però che nel Programma la questione “femminile” è stata sciattamente liquidata in modo generico.
Nei punti enunciati tutti possono ritrovarsi e nessuna riconoscersi. Liquidare le politiche di genere con generiche frasi non può trovare la nostra soddisfazione.
Se ogni questione è infatti trasversale, questa consapevolezza non è sufficiente a rassicurarci sulle soluzioni da trovare per uno specifico analizzato e rappresentato da tempo. L’avere dimenticato questo punto ed averne creato uno a sostegno della Capitale (che sembra un intervento di parte più che di ampio respiro politico) appare quasi un insulto a tutte le donne ammazzate senza la sufficiente protezione di un governo sostanzialmente distratto.
Ma le donne non sono solo quelle che drammaticamente fanno notizia.
Il Paese è pieno di talenti e d’impegno sociale. Di donne che combattono ogni giorno nel traffico metropolitano e con la mancanza di servizi. Quelle che supportano i giovani e gli anziani. Le altre che concorrono con il loro lavoro all’economia del Paese, anche in situazioni di scarso riconoscimento salariale. Le giovani in cerca di lavoro, che ritardano le tappe del matrimonio e dei figli per mancanza di futuro.
In ogni settore: della società, dell’economia, della cultura, dell’innovazione, della pluralità e rispetto delle diversità, la partecipazione, la solidarietà, la cura e la testimonianza esse tramutano in sostanza il retorico “altra metà del cielo”, l’ universo composto da donne. Pur inascoltate esse sanno essere resilienti ma combattive.
Queste sono le doti che possiamo mettere a disposizione anche di queste ministre che vorremmo riconoscere non solo per il genere e poco importa il loro titolo di studio o il modo in cui si vestono.
L’illusione che le quote rosa risolvessero o assolvessero la questione della partecipazione è praticamente fallita in una regola che ha insegnato alle donne a vivacchiare piuttosto che ad agire e dobbiamo riscoprire una nuova fase della politica.
Essere disposte a dare loro il “benvenute” e il nostro sostegno con spirito di solidarietà, collaborazione e fiducia mettendo a disposizione un nuovo modo di intendere la questione di genere può rendere il cammino futuro meno insidioso per tutte/i.
Un particolare appello dunque va alle ministre dell’Interno, per definire un piano in difesa delle donne maltrattate, violentate ed uccise e del lavoro perché la parità sia un dato qualificante ed espansivo in ogni settore nonché alla ministra dell’Innovazione affinché tenga in conto la straordinaria presenza e abilità in ogni settore tecnologico dimostrato dalle donne con le loro peculiari capacità di agirvi e proporsi.
Un particolare impegno, lo vorremmo chiedere alla Ministra per le pari opportunità e la famiglia.
A tale proposito è utile ricordare che la creazione di questo ministero fu consentito nel nostro Paese grazie alle indicazioni- pressioni dell’Europa.
Esso insieme a tutti i successivi strumenti per la parità (la storia e l’elenco dei quali sono ormai arcinoti o rintracciabili sui motori di ricerca web) avevano il ruolo di “osservazione, discussione e promozione di politiche di uguaglianza fra i generi (donna – uomo) e fra le diversità (culturali, disabilità, orientamento sessuale, razza)”. Al suo interno e in una fase successiva fu nominato un Dipartimento per le Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio che ha di fatto costituito “la struttura amministrativa e funzionale per la realizzazione delle politiche di parità governative ed assiste il Ministro per le Pari Opportunità. Sin dalla sua istituzione ha elaborato numerose proposte di leggi governative, sviluppato interventi di coordinamento degli organismi e rappresentato l’Italia presso le organizzazioni internazionali”.
Se è vero che le pari opportunità “sono un principio giuridico inteso come l’assenza di ostacoli alla partecipazione economica, politica e sociale di un qualsiasi individuo per ragioni connesse al genere, religione e convinzioni personali, razza e origine etnica, disabilità, età, orientamento sessuale o politico” è altrettanto vero che la parità tra uomini e donne “deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione. Il principio della parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato”.
Ribadiamo dunque che l’appartenenza al sesso sottorappresentato, le donne, fa la differenza. Le ricordiamo anche che i nuovi bisogni (la questione dei gay e delle famiglie arcobaleno p.es.) all’interno di una nuova società s’ impongono ma che la questione di genere, mai risolta da tempo immemorabile, dovrà avere un’attenzione diversamente articolata e supportata.
Inoltre ribadiamo che le donne non sono solo famiglia ma ancora prima persone, lavoratrici e cittadine, ruoli che s’integrano e non si elidono. La famiglia è di tutti i suoi componenti e la parità deve passare anche dal riconoscimento di ruoli, tempi e orari. Lavoratore/lavoratrice – marito/moglie – cittadino/cittadina – persone/società/politica.
Non siamo una, nessuna , ma centomila e molte altre pronte a sostenere con lealtà una nostra rappresentante istituzionale. A lei metteremo volentieri a disposizione ogni conoscenza ed ogni professionalità.
Non ci uniamo al coro di chi esalta o denigra il nuovo governo anticipatamente.
Non importa definirlo per colore o appartenenza. Da dopoguerra ad oggi il Paese ha attraversato governi monocolori, bicolori, di destra, di sinistra, centro destra, tecnico, bianco, rosso, giallo-verde ed ora giallo-rosé. A tutti ci siamo rivolte.
Non importa. Perché il sistema della politica sta mutando pelle e strumenti.
Con questi cambiamenti dobbiamo rapportarci senza rinunciare alle positive differenze del nostro genere per un futuro che appartenga a tutti in uguale misura e con uguali opportunità.