Da ”youth worker” e appassionata di videogiochi ho compreso rapidamente come i principi di diritto al gioco e al benessere siano di fronte ad un cambiamento epocale e inesorabile.
Mentre lavoravo con gli adolescenti in Ungheria ho avuto molto più successo nell’approcciare giovani adolescenti (magari i più riservati) attraverso il terreno comune del gaming che con origami e altri lavori manuali.
Il modo di concepire la socialità e lo sviluppo delle proprie competenze è cambiato, e anche chi come me si appresta a diventare educatore deve necessariamente confrontarsi con questa nuova realtà.
Desideravo fortemente capire se vi fossero altri professionisti attrezzati ad esplorare questo nuovo mondo digitale, e la mia ricerca ha avuto successo grazie all’incontro con il progetto EduGamers for Kids 4.0, basato sull’idea di benessere digitale e sul supporto delle famiglie che ancora molti dubbi nutrono in merito all’utilizzo del videogame come strumento educativo e di self-improvement.
Vi propongo dunque l’intervista al team di EduGamers, e in particolar modo alla Dott.ssa Serena Naldini, che gentilmente ha risposto alle nostre domande con grande disponibilità.
Come nasce il progetto EduGamers for Kids 4.0?
Edugamers for Kids 4.0 (www.edugamers.cloud ), come spesso accade, nasce per una serie di eventi, alcuni casuali, altri cercati con forza e determinazione. L’idea prende l’avvio dal vissuto di disagio mio e di mio marito riguardo alla nostra condizione di genitori analogici con figli nativi digitali, che si fa sentire soprattutto nel gestire la loro crescita in un mondo trasformato radicalmente dalla rivoluzione digitale. Come accompagnarli nella scoperta dei mondi virtuali? Come capire le loro crisi legate a un modo di giocare, di socializzare, di apprendere che ci è estraneo? Con quali strumenti affrontare la paura della dipendenza dai videogiochi? Mentre discutevamo in auto sulle strategie da adottare, il suono di una notifica sul mio smartphone ci ha portato in dono un articolo dello studioso americano Jordan Shapiro, che parlava proprio dell’importanza di accompagnare i figli nel proprio percorso di scoperta del mondo digitale. (Link all’ articolo https://gen.medium.com/the-case-for-playing-fortnite-with-your-kids-fb98b993b743 )
La lettura di queste righe ci ha dato un segno di speranza, ci ha convinti che non eravamo i soli a interrogarci di fronte al dilagare domestico della rivoluzione digitale e che forse qualche risposta
c’era già. Essere stati educatori di strada all’inizio della nostra carriera professionale ed essere parte di Crescere Insieme (https://www.coopcrescereinsieme.org ), una cooperativa sociale da oltre 40 anni impegnata in progetti per i minori ci ha dato il supporto organizzativo necessario a ricondurre a progetto un’idea. Poi si sono aggiunti la Città di Torino, l’European Crowdfunding Center, le onlus di Roma partner dell’iniziativa (Apriti Sesamo – http://www.apritisesamo.org – e Access Point – http://www.accesspoint.coop ), i ragazzi che si sono candidati come EduGamers e siamo giunti sin qui, al punto che l’idea diventata progetto sta per diventare servizio, disponibile a chiunque senta, come noi, la responsabilità di accompagnare i propri figli anche dentro le mappe di Fortnite e Minecraft e abbia la necessità di essere supportato nel percorso da persone qualificate.
Chi è un EduGamer?
È un operatore che unisce le competenze dell’educatore con quelle del gamer esperto. Conosce i rituali del gaming, è capace di leggere i videogiochi sotto il profilo delle abilità necessarie e delle soft skills messe alla prova. Possedendo una cultura pedagogica, sa come rendere questi elementi fruibili per un ragazzino che sta crescendo. Ha vissuto e vive la gamma di emozioni, percezioni e frustrazioni del gamer, sviluppando competenze per la loro gestione, e dunque può suggerire strategie per controllarla. Può fare da ponte tra genitori analogici e figli digitali e agevolare la reciproca comprensione tra due mondi vicinissimi temporalmente ma molto distanti per pratiche, cultura, regole, modo di socializzare.
Quanto è difficile operare nel settore educativo e videoludico in un contesto culturale così pieno di pregiudizi verso i videogiochi?
Riuscire a trasformare il pregiudizio negativo in curiosità e azione è una delle sfide che questo progetto ha deciso di affrontare. I video games sono soltanto la faccia più vicina, quotidiana nelle
famiglie con figli giovanissimi, di uno sconvolgimento epocale in cui, come sempre accade, ci saranno gli adatti e gli esclusi. Il confine tra gli uni e gli altri può essere determinato da un atteggiamento di chiusura di chi ha responsabilità educative? Forse sì, e uno dei nostri compiti è quello di far intravedere che la rivoluzione digitale a livello domestico può essere governata ed essere un’occasione per costruire legami con il mondo dei nostri figli. Non è facile entusiasmo il nostro, ma un tentativo di realismo genitoriale: se i nostri figli camminano nel mondo virtuale allora, almeno per il primo pezzo di quel cammino, con loro voglio esserci anche io. Esattamente come intervengo quando vi sono questioni tra loro e i compagni di scuola, vado a parlare con i professori o assisto alle partite o ai saggi delle attività extra-scolastiche.
Sul vostro sito (https://www.edugamers.cloud) e su Eppela (https://www.eppela.com/edugamers ), nonché attraverso i vostri canali social, è attiva una campagna di raccolta fondi destinata a finanziare il vostro progetto. Quali servizi vorreste offrire alla collettività attraverso questa iniziativa?
Proponiamo ai genitori principalmente il servizio dell’EduGamer che, dopo un primo contatto on line con la famiglia per comprendere la richiesta a cui dovrà fare fronte, interagisce con il ragazzino giocando on line con lui, per almeno due sessioni di gioco. L’EduGamer, giocando, fa delle osservazioni, suggerisce al ragazzino come agire, quali abilità rientrano tra le sue skills. Infine, in un ulteriore contatto on line, restituisce ai genitori il proprio feedback.
Ci rivolgiamo anche a insegnanti ed educatori con laboratori da realizzare a scuola, nei circoli ricreativi, nei luoghi di aggregazione. È possibile anche vivere con tutta la famiglia una serata con
l’EduGamer collegato on line per giocare collettivamente al videogioco preferito dai propri figli e addentrarsi così con cautela nell’ambiente più o meno conosciuto in cui i ragazzi trascorrono parte del proprio tempo. La campagna di crowdfunding permette di prenotare in anticipo a prezzi di lancio i servizi presenti sul catalogo EduGamers for Kids 4.0.
Da gamer, penso spesso a titoli che hanno segnato la mia adolescenza, lasciandomi ricordi e una vera capacità di emozionarmi. Quali sono i vostri titoli del cuore?
Noi non abbiamo titoli del cuore, abbiamo titoli che hanno segnato il percorso dei nostri figli come Hay Day, Minecraft per arrivare ai titoli da e-sport come Fifa, Fortnite e Rocket League. Ogni volta, un modo nuovo di giocare, di reagire, un nuovo linguaggio da scoprire. Una sfida educativa continua, un bagaglio sempre insufficiente ma via via più adatto a comprendere il mondo che esplorano i nostri figli. Gli EduGamers, loro sì, hanno dei titoli del cuore, ma mi trovi impreparata su questa risposta.
Pensate che il sistema scolastico italiano debba lavorare maggiormente sull’uso del videogioco all’interno delle aule? Qual è la vostra esperienza a tal proposito?
Sì, riteniamo che la scuola sia uno dei luoghi in cui i video games debbano entrare. Non solo i genitori, ma anche gli insegnanti hanno una responsabilità su questi temi sui quali c’è molto da
sapere, da scoprire, da rendere evidente e quindi fruibile. La presenza nelle scuole aiuta ad arrivare anche ai genitori che sono distanti dal mondo virtuale dei loro figli. Anche loro, come tutti
gli altri, chiedono “Com’è andata a scuola?”
Attraverso questa semplice domanda, spesso quotidiana, speriamo di far scattare una scintilla di comprensione e di scoperta della magia che ci può essere in un video game.
Anche per questo, abbiamo studiato dei laboratori per le scuole. Qualche giorno fa, il preside di una scuola superiore ci ha chiesto di lavorare su un percorso finalizzato a formare gli insegnanti
del suo plesso sulla conoscenza e sulla comprensione dei video games, utilizzati spesso dai ragazzi anche durante le lezioni. Da sottolineare la lungimiranza di questo preside, che, anziché
vietare i video games tout court, cerca in essi una nuova, inedita opportunità di relazione facendo leva sull’aggiornamento degli insegnanti.
Il video game è la porta di accesso più facile per il mondo virtuale ed è dunque uno dei luoghi doveriflettere sulla cosiddetta “maturità digitale”. Questa, infatti, non va confusa con l’abilità nell’utilizzo di un device. Includere nei programmi didattici il tema della maturità digitale attraverso i videogiochi, potrebbe avere come effetto la riduzione dei comportamenti di cyberbullismo, talvolta dovuti più all’incapacità di valutare le conseguenze delle proprie azioni che da sentimenti di premeditata cattiveria. Ma una volta agito, al di là dell’intenzione, la rete non cancella né dimentica e il danno può essere dietro l’angolo per tutti i protagonisti della vicenda, siano essi vittime o carnefici.
Un’ultima domanda per concludere: cambiare punto di vista è sempre importante. Quale videogioco consigliereste dunque ad un genitore che volesse avvicinarsi al mondo del proprio figlio e magari giocare insieme?
Consiglierei un gioco con una storia, ma che sia anche di azione, in gergo un Action RPG. La narrazione di storie è lo strumento che l’uomo ha sempre usato per trasmettere i propri valori e la
propria cultura. Il mezzo attraverso cui si trasmettono le storie non è neutrale e oggi una delle maggiori fonti di storytelling per i nostri ragazzi è proprio rappresentata dai video games.
Vivere con loro una storia, partecipare alla costruzione della narrazione potrebbe essere un’importante esperienza di vicinanza. Nello stesso tempo, meglio se c’è anche dell’azione, come in un Action RPG. Per noi genitori può essere utile misurarsi con le abilità che i nostri figli sono capaci di esibire mentre giocano, dare loro l’occasione di insegnarci qualcosa. Tutto questo può
essere un incentivo a guardare alla console di gioco con minore diffidenza e ad assegnarle un posto nuovo nella mappa della nostra casa.
Personalmente ho imparato molto attraverso questa intervista, e spero valga anche per voi, lettori di Dol’s.
Vi invito dunque a visitare il sito internet del progetto e la pagina Eppela per approfondire la conoscenza di EduGamers for Kids 4.0 e, qualora vogliate, dare un contributo alla loro, ma anche nostra, causa.