Mentre per la cultura maschile l’ambiente è una risorsa produttiva e di energia da consumare e sfruttare il più possibile ai fini di profitto, per la cultura femminile l’ambiente rappresenta una risorsa di vita e di benessere per tutte e tutti.
di Giovanna Badalassi da https://www.ladynomics.it/
Però qualcosa sta cambiando e….sì, c’entrano anche le donne.
Lo spunto per questa riflessione nasce da un articolo di Business insider che spiega come diverse multinazionali petrolifere, dalle dimensioni e dal potere economico globale gigantesco, hanno deciso che nel medio-lungo termine sposteranno il proprio business verso le energie rinnovabili. Pare infatti che i loro mega-dirigenti comincino a sentire il venticello della storia e a percepire che il crescente dissenso sociale verso i combustibili fossili e l’impatto che questi hanno sul cambiamento climatico prima o poi si trasformeranno in un costo economico insostenibile. Certo, sarà un processo molto lento, in fondo ancora oggi secondo “l’International energy agency, le fonti fossili rappresentano a livello mondiale ancora l’80% di tutte le fonti utilizzate, contro appena il 2% di quelle rinnovabili”, mentre “l’eolico e il solare hanno un ritorno medio dell’investimento compreso tra il 5% e il 9%, contro il 20% del settore petrolifero”. Le prospettive sono però tutte a favore del sorpasso: un nuovo rapporto dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili ha stimato infatti in due anni il tempo necessario perché l’energia da fonti rinnovabili diventi meno costosa dell’energia da combustibili fossili.
In questo processo le donne rappresentano un agente di cambiamento fondamentale a livello globale
grazie proprio al genere, a questa “specializzazione produttiva” che nei secoli ha spinto gli uomini verso il dominio sociale ed economico delle cose (il patrimonio) e le donne verso quello delle persone (il matrimonio). Una differenza che si sta appianando grazie al progresso e all’emancipazione femminile, ma che contraddistingue ancora la sensibilità sociale e culturale collettiva in tutto il mondo. Una differenza, quella di genere, che in questo caso, e per una volta, non penalizza le donne ma anzi, le rende indispensabili protagoniste nella lotta al cambiamento climatico e a favore delle energie rinnovabili sotto più punti di vista. Vediamone alcuni.
L’ambiente rappresenta valori diversi per le donne e per gli uomini
A livello culturale e sociale noi donne, volenti nolenti, ci portiamo quindi ancora dietro questa “specializzazione” nella cura delle persone, che non è innata ma ci viene propinata sia nella famiglia che nella società. A prescindere dal nostro effettivo talento e interesse, grazie alla formazione/educazione familiare ricevuta siamo in generale “overskilled” nelle capacità di cura delle persone, così come gli uomini sono “overskilled” nelle capacità di cura delle cose, come ci ha spiegato Elena Gianini Belotti già negli anni 70 con “Dalla parte delle bambine”.
Questo fa sì che, mentre per la cultura maschile l’ambiente è una risorsa produttiva e di energia da consumare e sfruttare il più possibile ai fini di profitto, per la cultura femminile l’ambiente rappresenta una risorsa di vita e di benessere per tutte e tutti.
E’ chiaro, quindi, che la battaglia contro il cambiamento climatico sia soprattutto una battaglia culturalmente di genere femminile nell’immaginario collettivo, a prescindere dal fatto che la combattano uomini o donne, poiché antepone il benessere delle persone alla generazione di un profitto distruttivo. Non è quindi un caso che le leader di questa battaglia siano soprattutto donne, da quelle dei movimenti mondiali di difesa del clima quali Greta Thumberg o Vandana Shiva a quelle della politica, quali Alexandra Ocasio Cortez o la Merkel, che sono impegnate nel promuovere i Green New Deal nei loro paesi. Certo, ci sono anche tanti uomini impegnati per proteggere l’ambiente, ma i movimenti globali riconoscono in queste donne leader l’autorevolezza culturale e sociale di un genere che per secoli si è occupato della cura delle persone.
Nel business del petrolio i talenti, anche quelle femminili, stanno cominciando a scarseggiare
Il mondo delle multinazionali petrolifere, si sa, è anche in termini occupazionali quanto di più maschilista si possa immaginare. Però anche qui le cose stanno cambiando. Negli USA, dove questa industria è fortissima, si sono accorti che le migliori risorse umane, sia donne che uomini, non ci vogliono proprio andare a lavorare nel settore dell’energia da combustibili fossili, sia per la consapevolezza dei danni ambientali che produce, sia per lo scarso interesse per un settore considerato “maturo”. Pare addirittura che lo desideri soli il 2% dei neolaureati. Un bel problema per un settore condannato all’innovazione per sopravvivere, e per innovare ci vuole gente in gamba, “persino” donne.
E quindi anche nelle grandi multinazionali del petrolio ci si è accorti che le donne in organico sono solo il 22%, tra l’altro in posizioni collaterali e di supporto a maggiore rischio di espulsione nei ciclici alti e bassi di questo mercato. Si è cominciato così a dire che bisogna promuovere la gender diversity. Addirittura è stato detto che “a lungo termine la mancanza di gender diversity nelle multinazionali dell’energia potrebbe essere la forza trainante che finalmente spinge tutti e tre i combustibili fossili, carbone, petrolio e gas, fuori dal loro ruolo dominante nell’economia globale.
Chissà se ci avranno riflettuto, ma sarà un caso che nelle società petrolifere questa maggiore sensibilità alla gender diversity si manifesti in concomitanza con la strategia di spostare il business nelle energie rinnovabili?
Non so se vi è una relazione di causa-effetto o una consapevolezza di questo legame, certo è che
le donne in futuro saranno invece sempre più protagoniste nel business dell’energia da fonti rinnovabili.
Per quanto anche in questo settore le aziende siano ancora fortemente mascolinizzate, poiché pur sempre di energia si tratta, la presenza di donne è maggiore rispetto a quello Oil and gas, il 32% contro il 22%, con delle importanti prospettive di crescita in futuro. Si stima infatti che le energie rinnovabili produrranno a livello globale una crescita occupazionale da 10,3 milioni di occupati nel 2017 a quasi 29 milioni nel 2050. Nelle energie rinnovabili si sta concentrando quindi il capitale umano più capace e innovativo, anche quello femminile, che sarà tanto più incluso quanto più le donne si impegneranno nelle materie STEM e le aziende sapranno valorizzare al meglio la gender diversity.
Un altro aspetto importante che rende il settore delle energie rinnovabili molto attraenti per i talenti migliori è inoltre un benefit intangibile: l’effetto eroe. Avere cioè l’opportunità, letteralmente, di essere l’eroe che salva il pianeta dalla distruzione. Anche qui qualcosa sta cambiando per le donne. Se in passato questo fattore ha attirato verso il settore delle energie rinnovabili più uomini, dal momento che la dimensione eroica è sempre stata propria del loro immaginario, ultimamente soprattutto negli USA, grazie anche ai film blockbuster che propongono donne come superoine (da Wonder Woman a Carol Devers di Capitan America, per esempio) si stanno creando anche nell’immaginario delle donne nuove prospettive e aspirazioni per salvare il mondo in prima persona.
Le donne investono di più i propri soldi in business sostenibili
Anche se le donne continuano a possedere meno soldi degli uomini, ciò non toglie che le loro ricchezze a livello globale, pur nella diseguaglianza economica e sociale che caratterizza questi ultimi decenni, stiano aumentando e siano sempre più appetibili per il mercato finanziario e, di conseguenza, anche per le azioni delle aziende del settore energetico. A livello globale si stima che il 40% della ricchezza mondiale appartenga alle donne, solo negli USA posseggono patrimoni per 14.000 miliardi. Una cifra che non passa inosservata nella finanza, che cerca quindi di offrire alle donne prodotti corrispondenti ai loro desideri e interessi. E qui è importante ricordare che le donne investono i propri soldi più volentieri in business sostenibili a livello sociale ed ambientale, definiti come Impact Investing Market. Si tratta un settore in rapida crescita, soprattutto grazie alle donne che mostrano di avere anche nei propri investimenti una scala di valori diversa da quella degli uomini. In uno studio condotto presso donne facoltose il Fondo di Investimenti Calvert ha rilevato infatti che il 95% delle intervistate considera un valore importante “l’aiutare gli altri”, il 90% la responsabilità ambientale.
Saremo quindi davvero noi donne a chiudere l’era del petrolio?
Non lo so, di sicuro il nostro peso in futuro sia nel far succedere le cose sia nel non farle succedere sarà sempre più determinante: almeno nel mondo occidentale abbiamo diritti, voto, peso economico, capacità di consumo. Siamo, insomma, cittadine con pari diritti e, quindi, pari responsabilità, delle quali dobbiamo prendere piena consapevolezza per usare il potere che abbiamo al meglio. Certo, anche nella battaglia contro il cambiamento climatico.