La violenza può avere forme diverse e agire su diversi livelli. Quello che più è cambiato negli ultimi anni è l’emergere di questi crimini alla luce del giorno Merito in buona parte di stampa tv e social network.
di Aura Fede
Sessantadue milioni di donne in Europa hanno subìto violenza. (il 33 per cento della popolazione femminile). Circa il 12 per cento delle donne ha indicato di avere subito una forma di abuso o atto sessuale da parte di un adulto prima dei 15 anni, percentuale che corrisponderebbe a 21 milioni di donne nell’UE.
Nei primi 10 mesi del 2019 sono già 95 le donne uccise. Quasi uno ogni tre giorni: 80 commessi in ambito familiare/affettivo e 60 all’interno di una relazione di coppia.Dal 2000 a oggi le donne uccise in Italia sono 3.230, di cui 2.355 in ambito familiare e 1.564 per mano del proprio coniuge/partner o ex partner.
Sono alcuni dei dati del Rapporto Eures 2019 su “Femminicidio e violenza di genere”, secondo cui a crescere nel 2018 sono soprattutto i femminicidi commessi in ambito familiare/affettivo (+6,3%, da 112 a 119) – dove si consuma l’85,1% degli eventi con vittime femminili.
Quello che più è cambiato negli ultimi anni è l’emergere di questi crimini alla luce del giorno Merito in buona parte di stampa tv e social networks Anche se a volte venate di morbosità e voyerismo e certamente attente a tiratura e ascolti, le cronache di persecuzioni e abusi hanno dato ad altre vittime il coraggio di venire allo scoperto, prospettando per i criminali il rischio di essere identificati
Chi afferma che queste cronache possano incentivare altre violenze per emulazione sottovaluta il rischio, assai più grave, che il mettere la sordina a questi fatti rischierebbe di riportarci indietro di decenni.
A quella CAPPA DI SILENZIO (talvolta favorita da tradizioni o istituzioni) sotto la quale i violenti avevano più campo libero e le vittime vivevano isolate nella loro sofferenza.
Nella letteratura scientifica uno spazio limitato è dedicato all’analisi della violenza in generale e di quella psicologica in particolare. Tuttavia negli ultimi decenni dall’ascolto e dallo studio delle narrazioni dei tanti e diversi casi svelati, ci siamo anche potuti formare una prima consapevolezza scientifica dei fatti.
Per iniziare a rendervi accessibile un argomento tanto complesso e forte cercherò di tratteggiare i caratteri opposti di aggressore e vittima nel modo più semplice e schematico possibile
Nella realtà la psicologia delle persone è molto più complessa e difficilmente inquadrabile in schemi prefissati
Quando si parla di violenza pensiamo immediatamente a percosse, aggressioni fisiche.
Ma la violenza può avere Forme diverse e agire su diversi livelli
Esistono PAROLE ATTEGGIAMENTI AZIONI che la legge non punisce (o non sa punire) e che sanno essere più invalidanti di un livido o di uno sfregio.
Perché FERISCONO TAGLIANO SEGNANO IN MODO INDELEBILE la coscienza.
Sono molti i modi di fare male a una donna senza usare le mani. E sono tutti mirati a confinarla in una condizione di inferiorità e isolamento da cui le sarà difficilissimo difendersi e uscire.
Sono le armi della VIOLENZA PSICOLOGICA, cioè l’insieme dei comportamenti che hanno come obiettivo quello di violare la dignità della donna e d’indebolirla.
Tre azioni fondamentali concorrono a caricare quest’arma invisibile e distruttiva
RIFIUTARE, inteso come non ascolto, non accettazione, diniego della persona nel suo insieme, ma anche come derisione, esasperato sarcasmo, mortificazione e disprezzo in pubblico e in privato.
ISOLARE, non consentirle comunicazione e tantomeno relazioni con l’esterno, a partire dalla sua famiglia fino alle cerchie di amici, Isolare socialmente, limitando fatalmente la libertà personale.
INTIMORIRE, creare paura subdolamente, con gesti, sguardi, parole, minacciare di violenze (anche mortali) la partner, ma anche terzi (figli parenti animali domestici). Danneggiare oggetti che possibilmente abbiano valore affettivo per lei. Vantarsi di millantate infedeltà. Ricattare psicologicamente, minacciare il suicidio o di farsi male. Perseguitare (per iscritto o al telefono), pedinare, inseguire (stalking.)
Indurre la donna a credersi PAZZA.
È bene imparare che esiste una violenza che non è (come ci si aspetta), l’esplosione di rabbia espressa;
al contrario è un soffio lento e insidioso fatto di silenzi ostili alternati a parole pungenti.
Volte non tanto a danneggiare il corpo ma piuttosto a disintegrare la ragione. È una forma d’abuso antica, che si consuma tra le sicure mura domestiche.
Un fenomeno chiamato gaslighting
Da Gas light, opera teatrale degli anni trenta dove un marito manipola, in segreto, luci e piccoli elementi di casa per fare impazzire piano piano la moglie.
In questo modo PIANO PIANO il gaslighter fa sì che la donna prima si confonda, poi dubiti di sé stessa e infine si senta SBAGLIATA.
Tanto SBAGLATA da MERITARE la PUNIZIONE in cui va trasformandosi la sua vita
Perciò capita molte volte questa violenza (gratuita persistente somministrata a dosi quotidiane da chi supponevamo ci amasse!), SIA GIUSTIFICATA dalla vittima. E allora si viene pervasi da un senso di
Morte imminente.
Viene annientata la speranza del domani. E presto si manifestano mali psichici e psicosomatici irrecuperabili
Il gaslighting si consuma dove prima c’era amore per via di una frustrazione, un’impotenza al quale il manipolatore non sa far fronte, tutto crolla. Perché se tutto non può andare come vuole lui allora tutto deve essere distrutto, l’amore diviene aspro, maligno e via via lascia spazio alla cattiveria e alle molestie
Sei grassa (ma pure magra, brutta, truccata come una prostituta)
Scusatela, mia moglie è un’imbecille
C’è una sola cosa che sei in grado di fare bene?
Ma come non ti ricordi? Me l’hai detto tu
Non me l’hai mai detto, te lo sarai immaginato
Le tue amiche sono insignificanti, come te del resto
Se ti lascio rimarrai sola
Chi vuoi che ti prenda alla tua età?
Non sei nessuno
Non sei niente
Messaggi che sono proiettili. Granate se lanciate in presenza di amici per sottoporla a pubblica umiliazione.
Lui sa come ferire e prova godimento dagli effetti del suo comportamento.
In simili relazioni disfunzionali, il manipolatore, otterrà sempre la giustificazione delle sue azioni più abiette
Perché, se attaccato, ogni volta potrà dire Ma sei pazza! È tutto nella tua testa! Sei paranoica!
Esistono tre categorie di manipolatori
L’AFFASCINANTE: Il più insidioso.
Innamorarsi di questo manipolatore può essere all’inizio un’esperienza travolgente.
Formidabile adulatore, è attratto dalla vulnerabilità della partner. Ha buon gioco perchè non conosce limiti all’esagerazione e alla mitomania (se ci si affida a lui, tutto sarà possibile lui è il Principe Azzurro).
Col tempo, sottopone la vittima a una continua doccia scozzese, alterna silenzi ostili e tremende frecciate a momenti d’alluvione d’amore e lusinghe. Si può solo immaginare l’atmosfera di disorientamento in cui si perde la vittima
IL BRAVO RAGAZZO: Sembra avere a cuore solo il bene della vittima, ma è un egoista travestito.
All’inizio della relazione stupirà con effetti speciali. Circuisce con piccole attenzioni utili e piacevoli, si rivela provvidenziale e comodo nel volersi far carico di tutto, anche degli aspetti finanziari. Ma attenzione:
è il suo bisogno di controllare tutto per esautorare progressivamente di ogni autonomia la vittima.
Bada sempre ad anteporre il proprio tornaconto a quello della vittima anche quando dà assoluta impressione di agire in buona fede.
Col tempo inizia a suggerire come vestirsi, come muoversi, chi frequentare spesso incoraggia ad appoggiarsi a lui economicamente spingendo la donna a licenziarsi. Potrebbe sembrare un sollievo poter delegare a lui e scoprirlo tanto efficiente. Man mano arriverà a plagiare senza che nemmeno la vittima se ne accorga.
L’INTIMIDATORE: È certamente il più diretto.
Non si preoccupa di nascondersi dietro false facciate.
E’ possessivo, intrusivo e geloso: controlla. Telefona spesso, per motivi insignificanti. Fa credere di aver bisogno di tenersi costantemente in contatto, perché pensa di continuo a lei, in verità la tiene sotto controllo (dove è, con chi, che cosa sta facendo…).Rimprovera apertamente la vittima fa battute sarcastiche, l’aggredisce.
Lo scopo di ciascuno dei tre è ridurre la donna a un totale livello di dipendenza fisica e psicologica
annullandone le capacità di autonomia e responsabilità. La vittima lentamente (in un desolante crollo per fasi) rinuncerà del tutto a resistere diventando infine la complice del suo aguzzino.
Le fasi riconosciute che portano al crollo della vittima sono: DISTORSIONE DELLA COMUNICAZIONE,
INCREDULITÀ, DIFESA, DEPRESSIONE.
DISTORSIONE DELLA COMUNICAZIONE: il manipolatore semina confusione e dubbio nella mente della vittima Il black-out delle informazioni reali la somministrazione di informazioni artificiose è essenziale per ridurre la vittima all’impotenza.
INCREDULITÀ: la vittima è disorientata poi sbalordita, ma ancora non vuole mettere completamente in dubbio ciò che sente e vede.
DIFESA: la vittima vuole fare chiarezza si attacca disperatamente alla realtà con forza e rabbia cerca le prove di quella che ritiene essere la realtà …sfinendosi.
DEPRESSIONE: È l’ultima fase. La vittima si rassegna diventa insicura, vulnerabile e dipendente
Finalmente convinta della ragione e della bontà del gaslighter
Due parole sul manipolatore
Il manipolatore Gli studi attuali concordano nel collocare la figura del manipolatore nell’ambito della
psicologia criminale.
Dal punto di vista medico appare come un insieme di disturbi della personalità (disturbo narcisistico, sadico, paranoide). Ha bisogno di abbattere gli altri per sentirsi qualcuno.
È un parassita psicologico che vive sfruttando l’energia degli altri, sottraendola e vivendo di quella per colmare le proprie insufficienze.
L’inganno e il raggiro sono il pane quotidiano di tutti coloro che fanno della manipolazione un’arte, uno stile di vita avente come fine ultimo annientare l’altro.
SI TRATTA DI RAGNI CHE TESSONO BENE LA LORO TELA, IN ATTESA DELLA VITTIMA.
In genere la violenza perpetrata dal manipolatore si realizza all’interno di coppie stabili con rapporti affettivo sessuali o comunque anche se non vivono insieme hanno contatti quotidiani o quasi.
Di fatto questa violenza diluita nel tempo non si potrebbe realizzare in quanto tale, a causa della mancanza della frequenza costante degli attacchi. La vittima avrebbe il modo di difendersi riavendosi dalla frustrazione nel tempo intercorrente fra due attacchi troppo distanti per costituire un pericolo alla sua incolumità psichica.
Come non tutti hanno la stoffa per diventare criminali capaci di violenza psicologica così non tutti hanno la stoffa per diventare vittime di un manipolatore.
Potremmo dire che ogni crimine ha la sua vittima.
La donna che subisce questo tipo di violenza soffre di dipendenza affettiva è psicologicamente debole, insicura di se, desiderosa di essere buona moglie, buona compagna.
Le radici di questo disturbo sono ataviche e infantili, ferite mai guarite, basate sull’apprendimento di un rifiuto precoce legato alla propria inadeguatezza, e per questo si perpetuano nella relazione di coppia.
La donna ama il suo aguzzino idealizzandolo, lo stesso amore che ha provato nella propria infanzia per un genitore irraggiungibile, che l’ha abbandonata, dal quale si è sentita tradita.
L’altro, persona forte e sicura di sé, tronfio del suo enorme ego, funziona da specchietto per le allodole.
Sono dunque atteggiamenti e comportamenti che si incastrano perfettamente come la chiave alla serratura.
Quindi, il manipolatore sceglierà una compagna sottomessa e insicura nella quale saprà trovare, a poco a poco, la zona vulnerabile che consentirà l’instaurarsi di un rapporto di dipendenza.
Questo non deve portare alla colpevolizzazione della vittima, («se l’è proprio voluta») il fatto che essa si voglia illudere di essere amata e stimata non è una colpa.
È solo una facilitazione per essere ingannata, facilitazione che non toglie nulla alla colpevolezza del manipolatore che resta uno che abusa degli altri, un individuo pericoloso, dannoso per le vittime e per la società
La giustizia.
Il gaslighting in sé non è reato ma nelle azioni del gaslighter si possono rilevare i reati previsti nell’articolo 570 del codice penale per Violazione degli obblighi di assistenza familiare e nell’articolo 572 per Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli forme di violenza morale e psicologica trovano spazio in entrambi gli articoli.
IL SOSTEGNO/TRATTAMENTO PSICOLOGICO è molto complesso per tutti i casi di violenza psicologica.
Ancora di più nel gaslighting perché la vittima è stata isolata, spogliata del proprio senso di sé e della capacità di giudizio. Per cui ella non chiederà sostegno per se stessa, anzi difenderà il ‘carnefice’ da cui dipende e sarà a lui (se mai e paradossalmente) che chiederà aiuto.
Lo specialista dovrà essere abilissimo a riconoscere i sintomi della violenza psicologica, studiando, non solo la vittima (se mai giungerà alla sua osservazione per singoli sintomi o altre difficoltà), ma anche la relazione affettiva nella quale è invischiata con sensibilità e gradualità, per non vanificare la delicatissima alleanza terapeutica e rigettare la donna tra le braccia del carnefice
Questo la complessa responsabilità medica.
Quanto alla responsabilità umana di chiunque venga a contatto o conoscenza di situazioni del genere:
Sarà bene sempre contravvenire alla comune e civile convenienza e mettere il dito dove il proverbio sconsiglia Intromettersi, coinvolgere chiunque necessario, denunciare, se serve, anche a rischio di compromettere un’amicizia. Chiunque da fuori sa o sospetta chieda immediatamente aiuto. Senza aspettare il consenso della vittima che del resto mai arriverà.
Oggi ho parlato di violenza psicologica. Una forma particolare di violenza di cui sono vittima le donne.
L’ho fatto altre volte, in luoghi differenti, a differenti ascoltatori. A volte alla fine della mia relazione è capitato che mi rivolgessero una domanda abbastanza naturale:
“Ma perché parliamo sempre delle violenze compiute dagli uomini sulle donne e mai viceversa?”
Esiste una disparità nella casistica.
Tuttavia sarebbe ingiusto negare l’esistenza di violenze subite da ragazzi, amanti o mariti da parte delle loro compagne.
E LA VIOLENZA DELLE DONNE SUGLI UOMINI?
1 . QUELLA FISICA È IMPEDITA QUASI SEMPRE DALLE DIVERSITÀ BIOLOGICHE
La violenza femminile verso il maschio quando è solo fisica è la meno dannosa solitamente pugni e calci della partner sono immediatamente neutralizzati da un singolo ceffone ben assestato. No, contro l’uomo la violenza fisica non è una via che le donne scaltre percorrono. Sanno di perdere.
2. QUELLA PSICOLOGICA È PIÙ FREQUENTE E SPESSO EFFICACE PERCHÉ SI MANIFESTA CON
ATTEGGIAMENTI E COMPORTAMENTI DI REALE SOPRAFFAZIONE NEI CONFRONTI DELL’UOMO
È la violenza psicologica la via più comune ed efficace.
La donna che vuole fare male all’uomo che le vuole bene il più delle volte lo fa annientando sé stessa.
Ci sono poi naturalmente le donne che esercitano violenza usando come arma i figli, in molti orribili tristissimi modi. Ma a quel punto l’amore di solito è esaurito e agli psicologi subentrano gli avvocati.
I casi sono comunque ancora pochi. Pochi rispetto all’infinito bouquet di disastri che gli uomini sono stati capaci di infliggere e perfezionare a danno delle donne da tremila anni a oggi.
Così ad oggi la medicina, riguardo agli uomini violati, non ha ancora ricavato un’affidabile letteratura.
NESSUNO DEI DUE TIPI DI VIOLENZA È IN GRADO DI ASSUMERE I CONNOTATI DI FENOMENO SOCIALE ATTRIBUIBILI ALLA VIOLENZA MASCHILE.
Ma quando lo farà sarò felice di venire a rendervene conto.
Aura Fede. Siciliana ma ora abita a Treviso. A Padova ha fatto gli studi pre-universitari e universitari.