Il prossimo 21 febbraio, venerdì, canonico giorno festivo nei paesi musulmani, si vota nella Repubblica Islamica iraniana per il rinnovo di 290 componenti del Majlis l’Assemblea parlamentare con compiti legislativi.
Queste elezioni si svolgono in un clima molto difficile per il paese. Tutta l’area mediorientale coinvolta nelle guerre in Siria e Yemen, sunniti versus sciiti, nazioni pro saudite o pro iraniane, imperialismi americani russi e turchi redivivi, la tensione con le potenze mondiali per l’accordo disconosciuto sul nucleare, l’ostilità acerrima con Trump, dopo l’assassinio destabilizzante di Sulemaini, le manifestazioni pro e contro il regime, povertà e malcontento sociale ,violazioni dei diritti umani: lungo l’ elenco dei fattori in gioco.
Molte uscite di scena sia nel campo dei conservatori sia dei riformisti tutti protagonisti politici di spicco e capaci di vittoria.
Parvaneh Salahshouri, leader delle donne parlamentari iraniane, non prova nemmeno a ricandidarsi. Le indebolite istituzioni del paese strette tra controlli e violazioni dei diritti da parte dei servizi di sicurezza, rendono difficile poter esercitare con dignità questo compito, senza tacitare la propria coscienza.
In teoria possono candidarsi per il parlamento uomini e donne di età compresa tra 30 e 75 anni, in possesso di cittadinanza iraniana e di istruzione superiore, se uomini in regola con l’obbligo di servizio militare; tutti devono essere in grado di dimostrare il loro impegno e la loro attiva fedeltà all’Islam e alla Repubblica Islamica. Il Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione, composto da teologi e giuristi fedeli alla Guida suprema, è il supremo garante della Costituzione. Il Consiglio ha il potere di passare al vaglio tutte le candidature, e di rigettare quelle non idonee; infatti ha già escluso oltre 7000 candidature su 14.000.
Salvaguardate con cinque seggi riservati, le minoranze religiose: ebrea,zoroastriana , con un seggio condiviso la comunità caldea e assira, e con un seggio nel nord e nel sud dell’Iran la minoranza armena.
Ad oggi sono circa 7.148 le rappresentanze politiche iraniane in corsa per i 290 seggi.
Mancano moltissimi esponenti significativi di ogni partito anche possibili vincitori come le rappresentanze di attivismo civile e per i diritti.
Le liste con candidati intransigenti e leali alla Guida suprema vincitori annunciati, rischiano di allontanare una grande fetta dell’elettorato soprattutto giovane, trasformando la bassa affluenza in un flop manifesto per il regime che vedrebbe certificato nella bassa affluenza al voto disaffezione, malcontento popolare.
Popolazione colta raffinata, di profondo rigore e dignità, l’Iran si avvia verso un voto annunciato e un destino incognito.
Sbarramenti occidentali ad accordi siglati e ripudiati, sanzioni durissime schiacciano ogni tentativo per ottenere una democrazia che l’Iran merita.
Occhi di uomini e donne scrutano le azioni occidentali e orientali, mute senza parole. Solo profondità silenzi e sguardi. Disabituati alle parole di saggezza e equilibrio, questi occhi facciano arrossire il mondo delle sue insensate opportunistiche politiche; queste elezioni iraniane proclamano l’ennesimo fallimento.
No dialogo no rinascita no opportunità no cambiamento. Per questo muro innalzato contro l’Iran non ci sarà svolta nella Repubblica islamica che le sue regole e le sue diversità, al cieco opportunismo politico hanno carattere dell’incomprensibile e dell’estraneità, sguardi da oriente che non incrociano i nostri occhi ad occidente, schermati dalle convezioni e dalla inflessibilità.
Giuliana Cacciapuoti
Esperta di lingua araba cultura arabo islamica e del Mediterraneo. Reale, profonda e documentata conoscenza della cultura e società arabo/islamica, autrice di testi, articoli e pubblicazioni scientifiche citati su questi argomenti. Si impegna ad offrire al pubblico non musulmano uno sguardo imparziale vario e approfondito del Nord Africa e del Medio e Vicino