Il defunto, continuerà a vivere se lo si ricorderà e sarà un po’ come se ci fosse ancora una sintonia, una corrispondenza di amorosi sensi.
In questi giorni è impossibile non convivere con la morte, anche se nessun nostro familiare è deceduto diventa normale pensare ogni giorno alla malattia che ci circonda non solo per paura del contagio, ma per una vicinanza a chi soffre per le perdita di un congiunto: oltretutto è impossibile rendere omaggio alla salma e partecipare al funerale.
Come ci ha insegnato Freud, è necessaria una elaborazione del lutto che lui ha esteso ad ogni separazione, ma ancor più se una persona a cui vogliamo bene viene a mancare abbiamo la necessità di pratiche in grado di superare il distacco definitivo. La disperazione inconsolabile piano piano deve lasciare il posto all’accettazione per poi riuscire a vivere nonostante. Imparare a vivere senza lei o lui è tanto più difficile quanto più il legame è stato intenso, quanto più è stato lungo, quanto più abbiamo amato quella persona che ora se ne è andata. E poi entrano in gioco pensieri ossessivi come “Avrò fatto abbastanza quando era in vita?” o “Come potrò vivere senza?”; ecco che il funerale ha il suo significato di elaborazione quando si accompagna il morto nel suo ultimo viaggio insieme a parenti ed amici che con noi piangono il dolore con lacrime capaci di lavare e liberare l’animo ferito di chi resta vivo.
Dopo le esequie dobbiamo affrontare la sua assenza, dobbiamo sopportare la mancanza nei piccoli momenti quotidiani come nelle grandi scelte che la vita continuerà a chiederci, dobbiamo continuare a vivere e ciò ci fa paura. A questo punto ci sarà molto confortevole fare visita alla tomba del nostro caro scomparso, è un modo per ricordarlo e per continuare ad essere in contatto. Come racconta la bella e profonda opera poetica di Ugo Foscolo I sepolcri, sua opera magistrale, c’è una consolazione per tutti, credenti e non. Ecco la strofa celebre: Non vive ei forse anche sotterra, quando/gli sarà muta l’armonia del giorno,/se può destarla con soavi cure/nella mente de’ suoi?/Celeste è questa corrispondenza d’amorosi sensi!
Egli, il defunto, continuerà a vivere se lo si ricorderà e sarà un po’ come se ci fosse ancora una sintonia, una corrispondenza di amorosi sensi. Ciò rimanda al mio pensiero legato al ricordo di chi sta morendo per il virus attuale. Tanti nostri concittadini, medici, infermieri e chiunque stia perdendo la vita per aiutare i malati: non meritano un monumento? Il culto dei morti è memoria condivisa, è civiltà. Con I sepolcri Foscolo ha portato in auge l’adorazione dei morti, il ricordo della loro vita, delle loro gesta: qualunque siano state è doveroso non dimenticare.
Pensando al sacrario di Redipuglia in provincia di Gorizia dedicato ai caduti della I Guerra Mondiale, credo sia importante, anche se quella attuale non è una guerra, lasciare un segno tangibile di vicinanza, laico e religioso allo stesso tempo, in memoria di chi ci ha lasciati.