Fausta Omodeo Salè. Biologa, ex docente di Chimica Biologica presso la Facoltà di Farmacia di Milano. Dal 2013 in pensione, due figli e cinque nipoti. Pensa che l ’emergenza forse finirà presto, ma questo non vorrà dire che potremo tornare a vivere come prima. Teme che dovremo convivere con il virus, mascherine e distanze di sicurezza ancora per molto.
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Da quanto tempo sei in casa?
Dall’ 8 marzo, giorno della chiusura in Lombardia. Da allora la mia vita è entrata in una dimensione “sospesa”, profondamente diversa da quella di prima. Esco solo ogni tre o quattro giorni per un po’ di spesa sotto casa. Ogni volta non mi sembra vero di riappropriarmi delle strade del mio quartiere e dei piccoli giardini sotto casa. Mi accorgo di “respirare” la primavera e guardare e apprezzare ogni angolo e piccolo fiore come non ho mai fatto prima.
Come hai distribuito le tue giornate e cosa fai?
La mattina qualche lavoro in casa, poi, da quando è iniziata la bella stagione un paio di ore di sole sul balcone dove i miei fiori adesso super coccolati non sono mai stati così rigogliosi. Purtroppo sono sempre stata una doverista e quindi per non sentirmi troppo in colpa durante la sosta al sole mi organizzo con quaderno e computer e studio arabo. Ho cominciato quasi tre anni fa prima con l’aiuto di un ragazzo sudanese del centro di accoglienza dove facevo volontariato, poi da sola aiutandomi con video lezioni on line. I progressi in questi tre anni sono stati molto modesti perché non avevo mai il tempo né la concentrazione per studiare seriamente. Oggi finalmente la clausura mi ha dato la spinta di cui avevo bisogno e sono molto soddisfatta dei miei progressi. La conoscenza dell’arabo nella vita non mi servirà a molto ma studiare questa lingua così diversa mi diverte ed è un’alternativa alla Settimana enigmistica per tenere in allenamento i neuroni.
Il pomeriggio davanti ad un film o a una serie di Netflix faccio un’ora di Pilates. Lo pratico da anni e quindi riesco senza problemi a riempire un’ora con gli esercizi che facevo in palestra.
Da qualche giorno mi sono prefissata anche di pulire e riordinare un armadietto o uno spazio dimenticato. Solo questo però perché non sono mai stata una fanatica delle pulizie che lascio alla signora che mi aiuta da anni e non lo sono diventata nemmeno dopo il corona virus. Poi, anche se non è la mia passione, nel tardo pomeriggio mi impongo di cucinare qualcosa con maggiore cura rispetto a prima. Lo faccio per mio marito che torna dall’ospedale sempre abbastanza tardi e stanchissimo. Spesso stressato. E’ il mio modo per fargli sentire che gli sono vicino.
Telelavori?
In un certo senso sì, continuo, collegandomi on line, ad insegnare italiano con NoWalls, la associazione di volontariato della quale faccio parte da un paio di anni. Prima del Covid insegnavo in una scuola elementare di zona. Le mie studentesse erano tutte mamme di bambini alunni di quella scuola. Egiziane, peruviane, cingalesi, bengalesi… tutte molto motivate e accomunate dalla voglia di imparare per non restare indietro rispetto ai propri bambini. Adesso ho una classe di minori stranieri ospiti di diverse comunità. Le due ore passano in un lampo ma devo dire che gestire sette/otto adolescenti on line è molto faticoso e alla fine sono esausta.
La solitudine ti spaventa? Cosa ti manca?
La solitudine non mi spaventa, mi dà un po’ di ansia il fatto che non sia una libera scelta e non sapere quando finirà. Mi manca molto la vita di prima anche se le mie giornate erano piene e spesso faticose. Cinque nipotini tra i due e i dieci anni da accudire un paio di pomeriggi la settimana, due genitori quasi centenari sempre più fragili e bisognosi di un po’ di compagnia, e poi l’attività di volontariato, quella programmata di cui ho già parlato e quella “ di strada” che facevo in aiuto a profughi in arrivo via Trieste dalla rotta balcanica e di passaggio a Milano solo per pochi giorni. Ora mi mancano i bambini di cui sto perdendo momenti di crescita preziosi, mi mancano in generale le mie amiche, quelle del cinema last minute e quelle del volontariato di strada. E mi mancano i ragazzi miei ex studenti nel centro di accoglienza di via Sammartini dove ho fatto volontariato per tre anni. Ora sono ospiti di altri centri, alcuni sono ormai autonomi in una propria abitazione ma non mi hanno dimenticato. Con alcuni di loro è rimasto un rapporto di amicizia e di profondo affetto. Mio marito dice che a nostra insaputa li abbiamo adottati. Forse è vero se si sentivano liberi di passare senza preavviso, spesso all’ora di cena. Passavano per un consiglio o una richiesta di aiuto, altre volte solo per la voglia di fare due chiacchiere. Vengo da una famiglia numerosa dove mia mamma cucinava per un certo numero di persone ma non si sapeva mai in quanti ci saremmo seduti a tavola. Così anche per me non è un problema aggiungere un piatto in più all’ultimo momento. Oggi per mantenere i contatti con tutte queste persone ci sono solo il telefono, whatsapp e Zoom.
E poi mi mancano i week end nella mia casa di Lerici, il piccolo giardino, la terrazza su cui pranziamo guardando il mare.
Qual è la prima cosa che farai appena finita l’emergenza?
L’emergenza forse finirà presto, ma questo non vuol dire che potremo tornare a vivere come prima. Temo che dovremo convivere con il virus, mascherine e distanze di sicurezza ancora per molto. Ma quando questo succederà la prima cosa che farò sarà organizzare una festa con tutti i miei ragazzi.