Il silenzio dell’immensità. L’amore di un tempo.
di Nok Tao
La signora Fotini ha steso la tovaglia bianca , quella buona con il pizzo, la tovaglia del corredo (la prika) che le regalo’ mamma Eleni nel lontano 1941. L’ha stesa per me, per lo straniero, per l’uomo che viene da lontano, per quell’uomo che ha conosciuto anni fa seduto sul molo dei traghetti e che da solo guardava il tramonto. Quell’uomo ritorna a trovarla ogni anno da molto lontano portandole in dono sempre uno scialle nuovo, uno scialle sempre scuro!
Da quando e’ morto Lefteri, il suo uomo, la signora Fotini veste solo di nero perche’da allora lei ha, cosi mi spiega, un buco nero nel suo cuore e da quella voragine opios agapai den xanavieni (colui che ama non esce più) .
La casetta e’all’interno dell’isola e per arrivarci si cammina su sassi e polvere dopo aver lasciato una delle diramazioni della strada principale, l’unica asfaltata nella zona.
La casa ha il tetto rosso, tegole antiche schiarite dal sole e due finestrelle blu con la porta piccina schermata con quelle frange salva mosche che ricordano la mia infanzia. Mi piace la casa della signora Fotini, mi placa lo spirito inducendomi a lunghi silenzi.
Ha messo sul fuoco il pentolino del caffe e tira giu dalla mensola il gliko koutaliu che altro non e’ che la tipica conserva fatta a fine stagione con la frutta avanzata o caduta dall’albero, da un po’ tutte le vecchie isolane dell’Egeo.
Cerci di rendermi utile, ma lei mi dice katse pedimou (siediti figlio mio) perche’ quello e’ il suo regno indiscusso dove lei, agile vecchia regina, balla le sue ultime danze.
La signora Fotini fuori ha un piccolo forno a legna dove una volta alla settimana cuoce il suo pane. Mi da sempre con orgoglio una pagnotta da portare a casa e lo fa con un gesto d’amore rendendomi in quell’istante felice come se mi avessero regalato un tesoro.Sono lieto di esser li e di conoscere questa vecchietta cosi dignitosa.
Ora con delicatezza versa dal pentolino il caffe nella tazzina bianca ed il profumo di quel magico infuso, quel profumo inconfondibile del caffè greco si mischia all’odore del pesce secco che lei conserva sempre in casa, rinchiuso nella dispensina in rete metallica dalle maglie fitte, che protegge il cibo dagli insetti dandogli l’aereazione necessaria, ma nello stesso tempo emana un odore che per tutti coloro che non hanno davvero vissuto il mare e’solo tanfo.
Io amo quell’odore: l’ho sentito un po’ dappertutto li dove il mare entra prepotentemente nella vita degli uomini poveri. L’ho sentito uguale nelle case dei pescatori di Goa, nelle case dei nonni dei miei amici sulle coste di Giava, nella casetta di Gop, la dolce amica che vive a Ko Sukorn, l’ho respirato nelle baraccbe di Mindanao e nelle casette color pastello di Tobago o Monserrat,o nella antica locanda di poveri amici ad Oporto in giornate atlantiche fredde davanti ad un cucchiaio di caldo verde e vino tinto.
In questo odore si fondono I miei ricordi di tanti anni di viaggi, le sensazioni di quei giorni e rivedo i volti delle persone che ho conosciuto e amato e che mi hanno voluto bene, quelli che ora non ci son più e quelli che aspettano la mia prossima visita.
Ora abbraccio la signora Fotini e le chiedo se un giorno vuol venire al mare con me. Lei mi fissa, abbozza un sorriso e lezzosa mi stringe le mani. La signora Fotini e’ tornata per un istante ad essere la bambina che Lefteri sposo’ danzando il sirtaki nella piazza del paese fra gli OPA’di parenti e amici.
Vado via, ma prima di scendere sulla strada principale mi fermo a guardar da lontano la sua casa e resto li vivendo il mio silenzio e gustandomi ogni particolare di questa terra: il pistacchio, l’ulivo, l’erba secca, le due galline, le cicale. Il mare si intravede lontano, dietro la collina, alle spalle dell’immancabile chiesetta ortodossa.Quel silenzio e’ grande, non ha prezzo, e’ il silenzio dell’immensità.
Arrivederci Kiria Fotini!!! Arrivederci all’anno prossimo, se Dio lo vorra’, ”an theli o Theos”.