di Tatiana Mora
Il tempo passa ma le emozioni non cambiano. Ragazze di oggi come ragazze di ieri.
Ragazze di oggi, anime della città…faceva più o meno così, no?
Ebbene sì,l e ragazze di oggi; quante cose sono state dette su di noi, quante cose si dicono ogni giorno. “Vogliono tutte fare le veline”; “sono senza cuore” ; “sono troppo poco desiderabili e danno tutto subito”; “non sanno più cosa vogliono davvero e non sono mai felici”.
Sento spesso queste parole da nonne, zie, mamme, tv, radio…siamo tutte su un grande barcone dove siamo catalogate come “diverse”, “diverse” dalle ragazze di sempre.
É proprio così? Io non credo si possa fare di tutta l’erba un fascio; ho 21 anni e mi rendo conto che sicuramente non vivo, e le altre ragazze non vivono, come faceva mia nonna 50 anni fa, ma per certi versi le cose non sono cambiate così drasticamente.
Racconterò un breve aneddoto che, a mio parere, ben mette in luce quel che voglio dire.
Mia nonna, nell’ormai lontano 1950, ha dovuto lasciare il suo paesino, dove era nata, per andare a Firenze a lavorare come domestica; immaginiamo il trauma di un’adolescente che ha sempre vissuto in un centro minuscolo, in cima ad un monte, dove tutti si conoscono, arrivare in una città enorme come poteva essere appunto il capoluogo toscano; città che ancora oggi descrive come bellissima ma così diversa e difficile da vivere quando si è soli e non si han contatti con nessuno e per di più nemmeno con la propria famiglia a chilometri e chilometri di distanza.
Mi ha raccontato del viaggio per arrivarvi; suo padre la portò in stazione e lei salì sul treno.
Era piccola, sola, salutava dal finestrino quel padre che chissà quando avrebbe poi rivisto o soltanto risentito; portava un vestito, un cappellino, una valigetta con quei pochi vestiti che la figlia di un carbonaio poteva permettersi. Fu un viaggio lungo; un viaggio in cui l’unica compagnia potevano essere i suoi pensieri e non l’mp3, il computer collegato a internet tramite la rete wireless di Trenitalia oggi, il cellulare; lei e le sue lacrime pure.
La paura di non tornare più o chissà quando; di tornare e non ritrovare chi si aveva lasciato.
Scese e ad aspettarla c’era un uomo con un cartello con scritto il suo nome; non la poteva chiamare in altro modo.
Questo l’inizio di una storia che è proseguita per mesi e mesi e che ha portato questa giovane ragazza a vivere tutte le sue esperienze; esperienze grandi per il tempo: indossare pantaloni al posto di castigate gonne, poter uscire al cinema la domenica pomeriggio con le amiche, frequentare un ragazzo con il desiderio di portarlo nel proprio paese natale.
Proviamo a rileggere questa storia vissuta da una ragazza di oggi.
Parte da un piccolo paese e arriva in una grande città dove si trasferirà per studiare; il viaggio per arrivare laggiù risulta essere più breve dato che passa il tempo con le cuffiette nelle orecchie, navigando in rete o anche solo sfogliando qualche rivista o leggendo un buon libro o magari facendo una telefonata alla miglior amica.
Scende a Firenze: i vestiti che indossa li trova indossati anche dai “cittadini”, la fisionomia dei luoghi è simile. Ma anche lei può aver versato delle lacrime sapendo che non rivedrà per un po’ i suoi cari, i suoi amici; pensando che non avrà ogni giorno con sé il suo ragazzo, la sua migliore amica. I sentimenti rimangono gli stessi; le emozioni che proviamo sono uguali oggi come 50 anni fa. Cambiano i modi, i vestiti, i mezzi ma noi GIOVANI DONNE rimaniamo sempre uguali a noi stesse.
E allora cerchiamo veramente e una volta per tutte di capire che l’apparenza spesso inganna; che l’abito non fa il monaco; tutte frasi fatte, è vero, ma che ben rendono il comportamento che la società adulta di oggi ha nei confronti delle nuove generazioni.
Nuove generazioni che, ricordiamo, non sono altro che conseguenza delle vecchie.
Tatiana Mora nasce a Brescia nel 1989. Letterata instancabile, interlocutrice di tematiche sociali e attualmente impegnata alla facolltà di Lettere moderne a Verona, lavora come hostess per fiere e congressi e collabora come educatrice presso la ludoteca ”Isola che non c’è” di Roè Volciano (BS). Dopo un anno di Servizio Civile Nazionale, si è appassionata di soccorso sanitario ed è rimasta all’interno dell’associazione ”Pronto Emergenza” di Brescia, come volontaria in ambulanza. Combatte l’ideale insano di bellezza filiforme ed i condizionamenti psicologici degli stilisti e dei mass media che sono alla base delle insicurezze e fragilità; la sua è una battaglia per aiutare e sostenere le ragazze e le donne ossessionate dal peso e dalla magrezza come identificazione di bellezza nella società odierna.